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Alla vigilia della controffensiva ucraina

by Luigi Gravagnuolo
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Mentre il mondo sta col fiato sospeso in attesa della pluri-annunciata controffensiva dell’esercito di Kiev, si stanno intensificando a vari livelli le iniziative diplomatiche. Le quali non riusciranno di certo a fermare l’imminente cruciale battaglia, ma servono per cominciare a mettere le carte sul tavolo. Prima o poi infatti – purtroppo più poi che prima – la guerra si concluderà e bisognerà stabilire le condizioni della pace. Urge un nuovo equilibrio, non solo nell’Ucraina orientale e in Europa ma nel mondo intero, ed esso dipenderà in modo rilevante dall’esito della guerra in corso. Quali sono dunque le carte che si stanno cominciando a mettere sul tavolo?

Prendiamo il punto 1 del piano di pace cinese, quello che finora pare il più considerato tra i tentativi diplomatici in atto: “Rispettare la sovranità di tutti i Paesi”.

Come interpretarlo? Nel convincimento dei Cinesi le quattro oblast ucraine e la Crimea, annesse manu militari alla Federazione Russa, sono di diritto soggette alla giurisdizione russa o a quella ucraina? La nota esplicativa del punto 1, fornita dalla Cina, sembrerebbe propendere per il riconoscimento della sovranità ucraina su quei territori: “Il diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, deve essere rigorosamente osservato. La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute. Tutti i Paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali”.

Il richiamo alla Carta delle Nazioni Unite non dovrebbe lasciare dubbi, l’ONU ha riconosciuto già dal ‘91 i confini ucraini, violati già nel ‘14 dalla Russia ed ora fatti a pezzi dalla unilaterale annessione alla ‘madre patria’ delle quattro oblast ucraino-orientali. Il ‘diritto internazionale universalmente riconosciuto’ è al riguardo inequivoco. Eppure, in chiusura della stessa nota esplicativa del punto 1, si legge: “Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”. Qui l’interpretazione si fa nebulosa, se non enigmatica. Ritengono a Pechino che in Ucraina qualcuno – che non è evidentemente il loro partner moscovita – non stia applicando in modo uniforme le norme del diritto internazionale per privilegiare un doppio standard a danno della Russia?  Se sì, chi è che pratica tale doppiezza?

Forse l’interpretazione esatta del pensiero del dragone è la seguente: in Ucraina l’Euroccidente ha violato il diritto internazionale e l’ONU fiancheggia l’Euroccidente, sarà quindi la Cina in vece dell’ONU a ristabilire “le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali”. Con l’iniziativa diplomatica e senza lasciarsi coinvolgere nello scontro armato, certo, ma con l’obiettivo di legittimare formalmente il diritto di una nazione più forte di invadere un paese confinante, se ritenuto parte integrante della propria storia. Pechino si propone quindi come ‘alter-ONU’ e promotore di un nuovo diritto internazionale, fondato non sui confini politici degli Stati attualmente esistenti, ma sui confini delle aree linguistiche e culturali presenti nel mondo.

Tutti i più accreditati osservatori del mondo hanno aggiunto poi la chiave di lettura ‘Taiwan’. Se il diritto internazionale non è fondato sui confini riconosciuti dalle Nazioni Unite, ma sulla storia e la cultura dei popoli, come la Crimea, il Donbass e finanche l’intera Ucraina fanno parte della Russia, anche Taiwan è parte integrante della Cina. O Xi Jinping sta azzardando una velleitaria idea di scambio con l’Occidente, a voi l’Ucraina nella sua integrità territoriale a noi Taiwan?

Il piano cinese è velleitario per ora. Tutto infatti dipenderà dalla controffensiva ucraina, il cui esito non è per niente scontato. Per un verso la forza dei Russi non va esagerata, bisognerebbe aver letto i reportage della povera giornalista russa Anna Stepanovna Politkovskaja – che pagò con la vita la sua sete di verità – per capire quanto sia disordinata, caotica, corrotta la catena di comando dell’esercito e dello Stato russi. Verosimile perciò che, forti delle nuove forniture di armi occidentali e di una gerarchia militare e politica ben più professionali, gli Ucraini possano sfondare le difese russe e liberare parte dei territori occupati. Il punto è dove si fermeranno. Nessuno sottovaluti le capacità di difesa dell’esercito russo, tanto spietato e dispersivo quando attacca, altrettanto coriaceo e tenace sulla difensiva. L’esito di questa battaglia è molto, ma molto incerto.

A rendere ancor più velleitarie, per ora, le iniziative diplomatiche di Pechino c’è poi una variabile che tutte le autocrazie del mondo si ostinano a considerare ininfluente: la volontà dei popoli. I despoti e gli autocrati del mondo intero – è stato così lungo l’intero corso della storia – hanno sempre considerato i popoli come burattini manipolati e manipolabili dalle grandi potenze. Scoppia una rivoluzione democratica a Piazza Maidan di Kiev? E sono stati gli USA ad aver ordito un colpo di stato. Le donne dell’Iran si fanno ammazzare per le proprie libertà civili? Ed è l’Occidente che soffia sul fuoco. I cittadini di Taiwan non hanno alcuna intenzione di essere soggiogati a Pechino? E sono sempre gli USA che si intromettono negli affari interni alla Cina.

Ora indubbiamente la pace, ogni pace, si basa su un equilibrio tra le forze in campo ed è dovere prudenziale dei Paesi liberi guardarsi da politiche interventiste che sfocerebbero senza alcun dubbio in una guerra planetaria. La libertà non si esporta e purtroppo a volte, anzi spesso, la ragion di stato impone di non raccogliere il ‘grido di dolore’ dei popoli che anelano alla libertà. Ma nessuno, proprio nessuno, avrà mai la forza di soffocare l’aspirazione alla libertà di un popolo, che spesso si coniuga con l’aspirazione al benessere e all’indipendenza nazionale, se essa è autonoma ed autentica. La minaccia più grande, la più insidiosa per i despoti del mondo intero è l’aspirazione alla libertà dei propri sudditi, non le armi dei paesi liberi.

Liberatisi dall’oppressione russa, i Paesi Baltici, la Polonia, la Repubblica Ceca e gli altri che una volta dicevamo d’Oltrecortina stanno ora vivendo una stagione di crescita economica, di organizzazione sociale meno diseguale e di libertà delle persone. Anche nell’Estremo Oriente Taiwan e la Corea del Sud, come il Giappone, paesi liberi, hanno un tenore ed una qualità della vita distante anni luce, ad esempio, da quelli della Cina, specie delle sue aree interne. Il Pil pro-capite della Cina Popolare è di 19.260$ annui, quello della Corea del Sud è di 48.578$, quello del Giappone di 44.739$, quello di Taiwan di 62.527$. Quanto all’Indice dello Sviluppo Umano (ISU), la Cina Popolare si colloca al 79° posto tra le nazioni del mondo, la Corea del Sud al 19° a pari merito con il Giappone, Taiwan al 21°. Il confronto è altrettanto impietoso tra i Paesi ex Patto di Varsavia che hanno aderito all’UE e la Russia o la Bielorussia. Volete voi che il popolo ucraino non sia attratto dal modello occidentale di società e possa invece aspirare a tornare sotto il tallone di ferro dei moscoviti? E così Taiwan in Estremo Oriente? Putin sa bene che l’URSS non è collassata sotto i colpi dei bombardieri USA, ma per intrinseca insostenibilità della vita in quel regime. La libertà non ha bisogno di inventarsi nemici e di armi per conservarsi ed espandersi, la tirannia sì.