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Azienda unica nel Trasporto Pubblico Locale?

by Riccardo Mercurio
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trasporto pubblico locale

L’Autore è Direttore Scientifico Cesit-Centro Studi sui Sistemi di Trasporto Collettivo – Napoli

 Premesso che viviamo in un periodo ancora pieno d’incertezze collegate al COVD19, appare, comunque, rilevante affrontare il tema dei modelli aziendali per il TPL, necessari per rispondere ai bisogni della domanda di trasporto dell’area napoletana e dell’intera Regione Campania, anche in considerazione dei passati interventi dell’Autorità di garanzia della Concorrenza, sugli “affidamenti in house”, che esigono il miglior rapporto prezzo/qualità per il cittadino. D’altra parte l’esigenza di creare un’efficace filiera dei trasporti determina che, come per altri aspetti collegati ai territori e alle realtà urbane, non sono tanto le aree amministrative il riferimento, ma le relazioni e le reti richieste dalle esigenze di mobilità. Le parole chiave per lo sviluppo della mobilità, connessione e integrazione, richiamano, indubbiamente, una “governance” complessiva e armonizzata per superare i localismi e la frammentazione istituzionale, con riflessi sulla gestione delle aziende, spesso condizionate dal proprietario/cliente.

Da un punto di vista aziendale pensare di risolvere il problema del coordinamento gestionale dell’offerta di trasporto con incorporazioni/fusioni o aggregazioni societarie è un’alternativa che va studiata, per evitare che rappresenti solo una “bella idea”, come ci ricordano le esperienze del passato. Un’attenta analisi dei caratteri delle diverse strutture deve, infatti, consentire d’individuare se il saldo tra problemi e vantaggi permetta tale operazione. La ridefinizione di processi organizzativi e delle risorse presenti nelle diverse realtà che si vanno ad aggregare può, ad esempio, far aumentare esuberi per certi ruoli e non risolvere la carenza per certi altri o creare squilibri finanziari più complessi degli esistenti. La creazione di un unico soggetto richiede, dunque, una chiara strategia aziendale e un progetto gestionale che metta in evidenza gli obiettivi da raggiungere e i benefici/costi previsti. Per chi opera in azienda, l’aggregazione è sempre un evento complesso che esige tempi di attuazione non brevi e la necessità di ricostruire i processi organizzativi e decisionali. L’esempio di Napolipark/ ANM c’indica come la diversità, per alcune tipologie di costo del personale, ha determinato un immediato adeguamento verso l’alto con un incremento complessivo dei costi aziendali. Ulteriore aspetto da considerare è, naturalmente, quello sindacale in termini di forze e caratteri che esprimono le singole realtà e le esigenze collegate a nuove tipologie di negoziazione. In conclusione, creare una unica azienda, considerati i riflessi sul piano operativo gestionale, richiede un’ampia e articolata analisi di valutazione su aspetti finanziari, caratteristiche organizzative, caratteri delle risorse esistenti e tempi necessari per realizzare il nuovo equilibrio aziendale. L’ analisi potrà dire, se dal punto di vista aziendale, è conveniente o meno realizzare un’unica azienda per potenziare gli aspetti operativi, rispondendo a un miglior rapporto prezzo/qualità, come richiesto dall’Autorità Centrale.

Dal punto di vista dell’economista gli studi, svolti nel tempo, indicano che le economie di scala hanno, nel settore trasporti TPL, sostanzialmente dei limiti, funzionando per dimensioni di media impresa, mentre le economie di scopo, collegate alla prossimità di bacini di traffico, potrebbero rappresentare un aspetto interessante. Questa opportunità può essere raggiunta con un’unica azienda, ma anche creando un network tra imprese che si coordinano per raggiungere strategie coerenti. Un esempio, oggi presente nella nostra Regione, è Unico Campania che è diventata la vera faccia dell’integrazione, anche per l’avvio di nuove modalità di pagamento, collegate alle carte di credito e ai cellulari.

Dal punto di vista del trasportista vanno fatte ulteriori considerazioni che toccano essenzialmente i ruoli dei protagonisti. In campo dei servizi la confusione dei ruoli è uno degli aspetti più pericolosi. Com’è noto il ruolo del “pubblico” non si manifesta nella gestione diretta delle aziende, pubbliche o private (come da normativa europea sulle gare), ma nella capacità di definire, da regolatore dei servizi pubblici di una città o di un’area (Comune, Area Metropolitana, Regione, ecc.), direttive chiare e realmente rispettate, prima di tutto dalla stessa Amministrazione. Confondere il ruolo di Amministrazione Pubblica con quello di Azienda Esercente, non valutando le occorrenze del servizio, è pericoloso, specialmente perché possono ricadere sulla gestione aziendale anche gli errori delle giunte politiche e i problemi finanziari dell’Ente proprietario. La generazione di valore pubblico e/o di eventuali ritorni economici, soprattutto in contratti di lunga durata, richiede, piuttosto, stimoli per gli esercenti privati e pubblici per un approccio imprenditoriale alla gestione. Il rischio commerciale, oltre che quello dell’esercizio con definiti standard del servizio, deve essere effettivamente trasferito agli operatori del trasporto, partendo, però, dalla domanda dei cittadini. Il “giusto equilibrio economico” delle imprese esercenti e la qualità del servizio da erogare devono dipendere dalla capacità di servire i fabbisogni di mobilità. Esigenze e dinamicità delle richieste devono essere sotto il controllo delle Amministrazioni Pubbliche, attraverso il continuo monitoraggio della domanda. Questo è un aspetto fondamentale, anche se sinora scarsamente considerato nel panorama italiano. Andrebbero posti, al centro dei contratti, i livelli di risultati e di efficienza, fissati con incentivi di natura commerciale che riducono le asimmetrie informative. Si deve limitare la dipendenza delle aziende dal puro controllo burocratico formale, come leva di pressione del settore pubblico, che difficilmente funziona e, spesso è aggirabile. D’altra parte, le giuste esigenze di un possibile gestore privato/pubblico non possono far dimenticare come l’integrazione dei servizi rappresenta il fattore critico per la qualità della mobilità e del trasporto collettivo, come dimostrano le esperienze straniere. La vera presenza del “pubblico” è, quindi, nelle scelte e nei comportamenti partendo dalla continua conoscenza dei bisogni di trasporto dei cittadini e che vanno imposte, giocando nel tempo sull’incentivazione degli esercenti che soddisfano tali bisogni di trasporto. In conclusione, esiste una chiara esigenza, in questo settore, di una comune e condivisa visione strategica complessiva tra i diversi soggetti che rappresentano l’operatore pubblico, Governo, Regione, Città metropolitana, Comune per consentire la necessaria sincronia d’interventi nel soddisfare la domanda. Ognuno per la propria parte, deve difendere norme, regole e accordi (coperture finanziarie, linee, velocità commerciale, orari, informazione, programmazione, tecnologia, competenze, ecc.) in una visione d’insieme. Se le Amministrazioni Pubbliche svolgono con capacità, conoscenza e organizzazione il loro ruolo di serio regolatore, tenendo effettivamente sotto controllo le esigenze dei cittadini e rispettando norme e contratti basati su definiti obiettivi, il dibattito sui caratteri dimensionali aziendali, o le stesse alternative tra pubblico o privato, diventa, con i necessari approfondimenti richiamati, solo una necessaria conseguenza delle scelte fatte.