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La circolare applicativa del DPCM 22 marzo. Il buon senso della Lamorgese

by Luca Rampazzo
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circolare Lamorgese

Ieri sera è stata fatta circolare una nota interpretativa, emanata dal capo di Gabinetto del Ministero degli interni, dottor Piantedosi, in merito al DPCM 22 Marzo. In sostanza, si spiegano ai Prefetti alcuni aspetti che potevano non essere chiari e che danno a noi commentatori alcuni spunti di riflessione.

Chi resta aperto.

In primis si ribadisce, anche a scanso di equivoci, che laddove si applichi il DPCM gli studi professionali restano aperti. Non è una considerazione da poco, in Lombardia permane ad esempio il dubbio di cosa si applichi tra DPCM e Ordinanza regionale. Dove non ci siano Ordinanze la cosa invece diviene chiara.

Poi si passano in rassegna le attività produttive, in cui vengono fatte rientrare quelle citate nell’articolo 1. In particolare, ci si sofferma su quelle sottoposte a controllo prefettizio. Qui sorgeva il primo, grande, dubbio: la comunicazione richiesta per le attività sottoposte al detto controllo (filiera di attività non sospese, difesa, aerospazio e ciclo continuo, ecc.) integra un’autorizzazione preventiva o un controllo ex post? In sostanza: nelle more di una risposta dalla prefettura, posso aprire? La risposta è sì, si può aprire. Il controllo avviene successivamente.

Nella comunicazione va dettagliata la filiera di cui si è parte. A questo punto, il Prefetto deve consultarsi con gli organi regionali, in maniera che la decisione di tenere aperto o far chiudere sia solidamente motivata. L’indicazione è corretta e di buon senso: in ogni Regione c’è un assessorato che si occupa di attività produttive che ha, o dovrebbe avere, le competenze per delineare le filiere. Questi soggetti, cui andrebbe comunque notificata la comunicazione dell’intenzione dell’azienda di restare aperta, sono anche i consulenti più indicati. Così, almeno, afferma la circolare. Di certo, in ogni caso, queste consultazioni riequilibrano il potere molto vasto fornito al prefetto e sottratto alle Regioni.

La decisione si raccomanda sia veloce. Anche perché, su 14 giorni di blocco, tre ne sono concessi come termine per finire le commesse e svuotare i magazzini, due sono il fine settimana, di utili ne restano sette.

Chi può spostarsi.

Per quanto poco possa essere percepito da chi viva in città, il divieto di uscire dai comuni (inizialmente pensato per evitare gli esodi di massa verso sud) è stato vissuto molto male in provincia. In molti casi, il supermercato più vicino era irrimediabilmente oltre la linea di confine. In questo caso, specifica la circolare, è ammesso uscire dal comune.

Sono, dunque, consentiti gli spostamenti che rivestano carattere di quotidianità e comunque che siano effettuati abitualmente in ragione della brevità della distanza da percorrere. Se si va sempre a fare la spesa nel comune a fianco si potrà continuare a farlo.

In conclusione, si adotta un approccio di buon senso che tempera il rigorismo normativo, affinché l’interpretazione dei singoli Prefetti o dei singoli appartenenti alle Forza dell’Ordine non si trasformino in arbitrio.