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Dalle anguille salernitane alle anguille del Sele

by Federico L. I. Federico
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Nel nostro precedente articolo di Touring dedicato alle Torri difensive di Salerno ci siamo soffermati sulla Torre Angellara, possente ma immersa in buona parte nell’arenile su cui essa sorgeva. L’arenile però è “cresciuto” in altezza per cause naturali, come l’apporto dei limi sabbiosi fluviomarini. La Torre invece sembra “immersa” rispetto alla quota stradale del lungomare, rialzata e messa in sicurezza dalle onde di burrasca. E’ stata la nostra ultima tappa salernitana. Dell’Anguillarium, il torrentello delle anguille che diede il nome alla Torre Angellara non vi è più traccia.

Allora ci vien l’uzzolo di puntare decisamente alle anguille del Sele, che è a un tiro di schioppo. Possibilmente fritte per leccarsi baffi e barba. Quindi lasciamo la Torre alle nostre spalle – rintracciata dopo aver percorso qualche chilometro di una indigeribile palazzata con affaccio a mare, continua e senza traverse che la interrompano. Un frutto avvelenato dell’assente politica urbanistica degli anni “anta” del dopoguerra, quando l’Italia è stata cementificata senza tregua. Forse sarebbe meglio dire senza pietà. Questa “non scelta” urbanistica di scellerato abuso del territorio ha fatto sì Salerno non avesse il lungomare urbano più bello e lungo d’Italia. Potenzialmente più bello lo era già, visto che è incorniciato da una parte in primo piano dalla Costiera Amalfitana-Sorrentina e dall’altra dalle dolci alture cilentane. Come dire: dal bene al meglio. Qualcosa insomma si dovrà fare per “perforare” la barriera e noi di Touring già siamo pronti a fare il tifo. Anche perché è tempo di lasciare Salerno e le occasioni perdute.

Decidiamo di andare verso Sud senza lasciare le strade che costeggiano il mare, perché andiamo alla ricerca delle Torri difensive e… delle anguille. Le Torri, non le anguille, certamente ci verranno incontro lungo la strada. Non dimentichi infatti il lettore che le Torri “saracene” costituirono un sistema difensivo costiero del Regno di Napoli. Una rete di Torri ininterrotta che si dipanava lungo le coste da Gaeta a San Benedetto del Tronto, passando per Reggio Calabria e S. Maria di Leuca. Ma il lettore stia pure tranquillo. Con Touring ci limiteremo alla costa campana. Per ora almeno. E questa non è una minaccia.

All’inizio del nostro percorso costiero verso Sud l’estrema periferia urbana di Salerno si riscatta e ci regala più di qualche sprazzo di qualità urbana. Ecco l’area verde della Marina di Arechi, che vediamo da lontano punteggiata d’alberi di velieri che fanno capolino sullo sfondo azzurro del mare. Procediamo ancora di buona lena ed ecco ora una serie di recenti palazzinette di buon gusto. E qualche vecchia caserma o arsenale. E anche un grande albergo e poi altri edifici recentissimi o in costruzione, alti e svettanti, un po’ fuori scala. L’albergo è di un’importante catena e ben servito dalla nuova rete stradale che si aggancia alla tangenziale salernitana. Nella zona occhieggiano sulla strada i segni “Granata” ineludibili della zona del moderno Stadio di calcio. Anche lo Stadio è dedicato al Principe longobardo Arechi, presenza immanente a Salerno, come la vista del “suo” bel Castello, recentemente restaurato, che da lui prende il nome.

Siamo ormai a spenderci gli ultimi spiccioli Salernitani mentre la strada si accosta decisamente al mare e supera l’ordinata zona industriale servita da strade ampie a doppia corsia tra palme e palmizi di ogni genere e dimensione. Un gran bel vedere. Peccato che ci giunga al naso un odore che ci fa capire che siamo in “zona depuratore”. Ma scompare subito dopo e iniziamo a percorrere il lungomare dei lidi salernitani che si susseguono numerosi, alternandosi a tratti di spieggia libera che ci consentono di goderci il mare sotto un sole che ci inviterebbe a fare per mare il percorso che stiamo facendo in auto. Questo lungomare salernitano sabbioso non è certo un modello di ordine e funzionalità, né di architettura, ma alla fine è accogliente, anche per i vasti spazi di parcheggio disponibili sul lato a monte della strada.

Il verde delle canne e degli altri arbusti delle zone retrodunali ci fa ricordare che stiamo attraversando una zona bonificata e resa salubre. Le tamerici di ogni tipo, ma soprattutto quelle dal verde pallido, sono un po’ dappertutto. Sono piante alofile, capaci quindi di resistere alla salsedine. E qui davvero le onde del mare agitato proiettano aerosol salino fino alla strada e ben oltre quando è burrasca. Si incontrano in qualche punto anche appositi cartelli stradali di avviso in caso di mareggiate.

Molte sono anche le palme, messe opportunamente a dimora già adulte e alte. Esse sono riuscite a caratterizzare e qualificare il paesaggio, anche se gli hanno conferito un “tocco” nordafricano. Ma può andar bene così. Stavolta non facciamo gli ecopuristi del verde autoctono. Perché grazie ai loro esili tronchi vediamo tanto bene il mare, che ci pare di toccarlo. E sappiamo anche che dopo pochi chilometri sopraggiunge la pineta, che fu tra le opere meritorie fatte nel nostro dopoguerra, ma ci sottrae un po’ di vista mare.

La fettuccia stradale però è comoda e – soprattutto fuori stagione – si percorre con grande facilità superando durante il percorso i territori dei comuni nati e sviluppatisi lungo l’antica Strada Statale 18, già Murattiana e poi Borbonica via Regia delle Calabrie. Ma i territori di Pontecagnano, Battipaglia arrivano fino al mare. E già si annunciano sul nostro percorso la Torre “Picciola” della marina di Battipaglia e la Torre Kernot di Focesele.