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Festa scudetto rinviata. Un’occhiata ai numeri

by Pietro Spirito
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La partita era cominciata prima, diversi mesi prima, quando il vantaggio sugli inseguitori era cominciato a diventare sempre più ampio, sino a farsi sostanzialmente irrecuperabile. In fondo, quando la Juventus era stata travolta in casa per 5-1, la consapevolezza si era consolidata sino a diventare destino. La città si è cominciata ad addobbare gradualmente, sino a colorare tutti gli spazi di azzurro. Persino la superstizione – che appartiene alla cultura indigena – è stata messa da parte. La vigilia è diventata infinita. Una lunga marcia di avvicinamento durata 33 anni, il tempo che separa Napoli dall’ultimo scudetto vinto. Di mezzo è accaduto di tutto: la discesa agli inferi della serie C, la risalita, l’ascesa verso la zona Champions, un campionato perso a 91 punti. Arriva infine il giorno della possibile chiusura dei giochi. Tutto sembra complicato come sempre.

A Milano la Lazio passa in vantaggio con l’Inter e per tre quarti di partita si resta inchiodati a questo risultato che rinvierebbe la festa. Poi, in un quarto d’ora, i nerazzurri segnano tre gol e regalano il match point al Napoli.

Al Maradona la Salernitana si chiude a riccio, ed il primo tempo è un assedio senza conseguenze. Sugli spalti, in città e in ciascuna casa si resta in attesa. L’odore della festa resta strozzato in un anfratto, e tornano i consueti fantasmi dell’inconcludenza. Pullulano le bandiere azzurre. Allo stadio chi le ha portate in realtà ne stringe due: la seconda è in memoria di chi non è riuscito ad arrivare a questo appuntamento. C’è un senso di passaggio generazionale che fu testimoniato in occasione del primo scudetto, quando dagli spalti un tifoso si voltò verso il cimitero cittadino, ma urlando con tutte le sue forze: “Guagliu’, e ch’ v’ site piers”.

Poi arriva il lampo di Oliviera, con un colpo di testa da calcio d’angolo. Per un tempo lungo i fumogeni hanno reso lo stadio Maradona più simile alla pianura padana che non al cuore dell’Italia meridionale. Dia, quando ormai la partita era spenta, con un gol incredibile ha spezzato il sogno e strozzato l’urlo nella gola. La nebbia della pianura padana si era diradata nel frattempo. Vengono concessi cinque minuti di recupero. Viene espulso l’allenatore della Salernitana. Un altro modo per perdere tempo. Era destino. Le feste con i cugini riescono sempre male.

Ma c’è da osservare un punto. Tutti sostengono che non c’è la certezza matematica. Oggi la Lazio è a 18 punti dal Napoli a 6 giornate dalla conclusione, con 18 gol in meno fatti. Se la Lazio vincesse tutte le partite e il Napoli le perdesse tutte, non basterebbe: si andrebbe allo spareggio. L’ipotesi è equivalente ad una invasione dei marziani. Certo, esiste anche un’altra ipotesi: che, perdendo tutte le partite il Napoli, la Juve vinca sempre e che non gli venga tolto nemmeno uno dei quindici punti di penalizzazione che per ora sono stati congelati. In questo caso, dopo l’invasione dei marziani un asteroide colpisce la terra, determinando anche l’esplosione di tutte le bombe nucleari dell’arsenale esistente. Però aspetteremo la matematica. Marziani e asteroidi possono sempre stare dietro l’angolo