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Napoli campione, ancora un po’ di pazienza

by Luigi Gravagnuolo
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Non è andata. Alle 14:30 di oggi, trenta aprile, il Napoli era già campione in pectore. L’Inter, che aveva affrontato la Lazio alle 12:30 al Meazza, nel secondo tempo l’aveva stracciata. Al Napoli sarebbe bastato vincere con la Salernitana al Maradona ed il terzo scudetto della sua storia sarebbe stato cucito sulle sue maglie. La città non si teneva nei suoi panni, per la verità già da tempo a tinta azzurra.

Ma il calcio non è logico, se lo fosse sarebbe lo sport più noioso della storia. È l’imprevedibilità che ne fa lo sport più popolare e più amato del mondo. E così è stato. Minuto ‘62, su un cross dalla destra, nella mischia svetta Di Lorenzo, ma non la prende. Alle sue spalle c’è Olivera, difensore sinistro, un solo goal segnato fino al ‘62 di Napoli-Salernitana. L’uruguagio di testa indirizza la palla in porta. La rete si gonfia, Osimhen la insegue fin nella porta, la prende con le mani e la spara in curva. Dentro e fuori lo stadio esplode la gioia attesa trentatre anni. Ma dura poco. All’84° Dia, funambolico puntero senegalese, trova il fatidico tiraggiro rientrando sul suo sinistro dalla destra e per Meret non c’è nulla da fare.

Diciamo subito che la Salernitana ha più che meritato il pareggio. Paulo Sousa, un mister che non credevo potesse fare così bene in una squadra impelagata nella lotta per la salvezza, aveva studiato a puntino gli azzurri, a lezione di Pioli. È da inizio di aprile che il mister rossonero ha indicato ai suoi colleghi come affrontare il Napoli.

Due aprile al Maradona, Napoli-Milan zero a quattro. I rossoneri si chiudono, ripartono a raffica e strapazzano il team di Spalletti. Poi Lecce-Napoli 1 a 2, al Via del Mare i partenopei prendono i tre punti, ma a fatica. Le ripartenze dei giallorossi fanno paura. Poi i quarti di Champions. Andata al Meazza. Al 40° Brahim Diaz con una veronica si libera di Mario Rui e Lobotka e lancia in ripartenza Leao, che si beve la difesa azzurra sbilanciata in avanti e appoggia a Bennacer. Goal, Milan 1 Napoli 0. Il resto ce lo metteranno la sfortuna e l’arbitro e la partita finisce così. 15 aprile, stadio Maradona, Napoli-Verona. Gli azzurri hanno il possesso della palla per l’80% della partita, ma non sfondano il muro difensivo dei gialloblù. Al primo minuto di extra time, Simone Verdi, ex azzurro dal piede vellutato, lancia in contropiede l’imberbe Ngonge. Il giovane belga davanti a Meret si impappina e tira fuori. È però solo un pareggio, in casa e contro la terz’ultima in classifica; e poteva andare peggio. 18 aprile, ritorno di Champions al Maradona, stessa musica. Pioli tiene i suoi chiusi a riccio davanti a Maignan, il Napoli spinge e pressa, ma al ‘43 Bennacer ringrazia Nodombelè per un errato appoggio e lancia il fulmine Leao. Palla avanti e pedalare, il portoghese ne dribbla tre del Napoli ed appoggia su Giraud che la mette dentro. Poi il Napoli pareggerà, ma sarà fuori dalla Champions. 23 aprile, la settimana scorsa, Juventus-Napoli all’Allianz Stadium. Raspadori regala agli azzurri la rete più agognata al terzo minuto dell’extra time; ma dieci minuti prima, su palla persa in fase di attacco e ripartenza della Juve, Di Maria aveva segnato. Il Var richiama l’arbitro che annulla, sulla palla persa c’era stato un fallo di Milik su Lobotka. Fiuuu!

Paulo Sousa dunque ha messo al Maradona la sua Salernitana alla Pioli. Difesa ben organizzata e tentativi di ripartenze. Ma i granata non dispongono di un Leao e le ripartenze non funzionano. La partita sembra avviarsi sul risultato ad occhiali, quando viene rotta dalla inzuccata di Olivera. A questo punto la Salernitana dovrà aprirsi, impostare il gioco, vedersela col Napoli a viso aperto. Sono situazioni che per un intero campionato, fino ad aprile, sono state autentici inviti a nozze per gli attaccanti azzurri. Ed invece Sousa cambia non solo il gioco ma anche i giocatori e prende il comando del centrocampo. Niente da dire, il goal di Dia è meritato, il Napoli e Napoli tutta dovranno pazientare ancora qualche giorno. Fino a giovedì sera? Vedremo, certo è che lo scudetto prima o poi arriverà.

Però qualche riflessione va fatta. Qualcuno già comincia a tirare fuori la storiella delle squadre di Spalletti che partono alla grande ed alla fine si squagliano. Sarà stato anche così per il passato, ma gli azzurri visti oggi al Maradona hanno gamba e sono in salute. Nessuna stanchezza o affanno fisico. C’è invece da riflettere sul gioco. È proprio sicuro mister Spalletti che alzando il baricentro dei suoi sino ai limiti dell’area avversaria e facendo un pressing asfissiante si aprano gli spazi per l’imbucata vincente? Il risultato, in queste ultime giornate, è stato piuttosto l’intasamento dell’area avversaria con gli spazi chiusi per gli attaccanti azzurri e le insidiose ripartenze avversarie.

Anche nella prospettiva del prossimo campionato, non varrebbe la pena di tornare al più pacato ‘sin prisa, sin pausas’ di beniteziana memoria? E sempre parlando di prospettiva, speriamo che in società si stia già pensando a colmare un paio di lacune che, da aprile in poi, stanno venendo fuori: manca chi sappia tirare con efficacia le punizioni in uno e addirittura non è stato ancora individuato un rigorista di sicuro affidamento; così come manca chi vede la porta da fuori area e sa come segnare dalla distanza, alla Fabian Ruiz dello scorso anno per capirci.

Ribaditi i complimenti alla squadra granata ed al suo mister, c’è ora da metabolizzare la delusione. A me, poi, spiace ancor di più perché viene rimandato il promesso impiego dei cosiddetti panchinari, i vari Gollini, Ostigard, Demme, Gaetano, Zerbin, Zedadka, Bereszinski. Sarebbe bello poterli guardare a capirne il valore nelle partite che restano. Alla prima però, quella di giovedì sera ad Udine, dovranno pazientare ancora. Loro, con tutti noi!