L’Autore è Direttore Generale dell’ARPAC
Per la prima parte dell’articolo: https://www.genteeterritorio.it/focus-sui-rifiuti-in-campania-i/
In uno scenario complesso caratterizzato da luci ed ombre, con deficit e punte di eccellenza, si evidenzia alla base il risalente gap impiantistico che si sta oggi cercando faticosamente di superare, pur remando contro carenze e difficoltà strutturali. Infatti, pur trattandosi di una fase storica ormai superata da oltre un decennio, non bisogna dimenticare che la Campania ha vissuto – unica regione in Italia – un’emergenza ultra-quindicennale nel settore della gestione e dello smaltimento dei rifiuti governata con gli strumenti derogatori della protezione civile, con un grave ritardo nelle pianificazioni, nella realizzazione dell’impiantistica e soprattutto nell’esercizio dell’ordinario sistema delle competenze di livello territoriale e locale.
In definitiva, il sistema è stato riorganizzato istituzionalmente da alcuni anni, con una pianificazione regionale ormai compiuta ed organica anche dell’impiantistica (pubblica e privata), che si sta integrando per ambiti territoriali anche con le programmazioni comprensoriali attuative degli Ato-Eda espresse dai nuovi meccanismi di governance.
Le iniziative per l’impiantistica intermedia di competenza della mano pubblica sono in fase avanzata ed in itinere, con qualche importante risultato conseguito di recente, mentre si sta rinegoziando con l’Unione Europea la pesante infrazione con cui la Campania è stata sanzionata per gli storici inadempimenti in materia.
Altre iniziative, quelle di competenza dell’intrapresa privata, sono invece rimesse alle mutevoli dinamiche imprenditoriali, alle condizioni di mercato ed alle congiunture economiche e produttive, rese sempre più complesse dalle variazioni dello scenario internazionale.
La prospettiva della politica dei rifiuti e delle relative infrastrutture si colloca anch’essa nel presente e delicato scenario delle grandi opportunità e progettualità configurate, in modo diretto ed indiretto, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (P.N.R.R) con le sue ricadute di politica ambientale. Gli obiettivi primari della normativa e della pianificazione, oggi tendenzialmente ispirata agli innovativi criteri dell’economia circolare, sono quelli di rafforzare l’impiantistica pubblica a servizio del territorio per le varie frazioni merceologiche nell’obiettivo di realizzare per ambiti e sub-ambiti l’autosufficienza pubblica, il criterio di prossimità -ottimizzando logistica e trasporti- il miglioramento dei sistemi di raccolta differenziata favorendo il domiciliare ed il “porta a porta”, gli obiettivi di “più recupero” e “più qualità” nei servizi di gestione integrata.
Tuttavia, le iniziative di impiantistica per i compostaggi e le altre infrastrutture, sia pubbliche che private, scontano sia la strutturale farraginosità dei non facili procedimenti autorizzatori configurati dalla normativa che la diffusa e perdurante sindrome localizzativa nei confronti di questi pur necessari interventi. Le conflittualità e le opposizioni territoriali sulla localizzazione degli impianti, all’insegna del NIMBY (“Not in My Back Yard”, non nel mio giardino) e del NIMTO (“Not in My Terms of Office”, non di mia competenza), intralciano diffusamente le potenzialità di sviluppo di un settore strategico per il concreto sviluppo di un’modello circolare che risulti ambientalmente e socialmente sostenibile per la comunità.
In questo contesto cosa fa l’Arpac? Innanzitutto, esercita incisivi (ancorché poco visibili) compiti di supporto alle strutture preposte alla pianificazione regionale e di messa a disposizione di un sistema di dati essenziali, aggiornati ed elaborati, attraverso la gestione informatizzata della sezione regionale del Catasto dei rifiuti e dell’Osservatorio (con le relative iniziative di formazione).
Poi l’Agenzia ambientale concorre significativamente ai controlli preventivi sui progetti di impianti, con la verifica ex ante della loro compatibilità, nell’ambito dei procedimenti autorizzatori – principalmente a titolarità regionale – esprimendo impegnative istruttorie e pareri di notevole rilievo e responsabilità nell’ambito delle stesse procedure.
In questa fase la linea di Arpa Campania è quella di perseguire, per quanto possibile, la collaborazione preventiva con gli enti proponenti ed i soggetti istituzionali con il massimo rigore sostanziale – a tutela della sicurezza ambientale del territorio – ma puntando ad obiettivi di semplificazione, snellimento e velocizzazione dei procedimenti, che per legge non devono essere inutilmente aggravati né tantomeno arbitrariamente ritardati.
A valle delle autorizzazioni ambientali vi è poi il delicato sistema dei controlli amministrativi e tecnici sulle fasi di esercizio – in cui Arpac esercita un ruolo essenziale – a verifica della conformità delle attività rispetto a quanto autorizzato, dell’osservanza delle relative prescrizioni e di quant’ altro risulti opportuno e necessario per la buona funzionalità degli impianti e dei loro processi di lavorazione.
La frequenza, la serietà ed il rigore dei controlli tecnico-ambientali – anche se in materia di rifiuti competenze significative sono assegnate alle Province – costituisce garanzia irrinunciabile di sicurezza ambientale, a salvaguardia delle comunità e del territorio, e dovrebbe costituire elemento di fiducia e serenità utile a superare le troppo frequenti diffidenze e criticità localizzativa generate della cosiddetta sindrome NIMBY.
I controlli ambientali, soprattutto sugli impianti potenzialmente più impattanti, vengono svolti dall’Agenzia con periodica continuità in via ordinaria – secondo quanto programmato annualmente – ed anche in via straordinaria, a sorpresa, ad iniziativa e su frequente richiesta delle Autorità giudiziarie e degli organi di polizia sia territoriali che specializzati (che si avvalgono abitualmente del supporto tecnico dell’Arpac).
Di recente, oltre al monitoraggio delle emissioni nelle matrici ambientali (acque, aria, suolo e sottosuolo), gli organi di controllo stanno ponendo particolare attenzione – nella disciplina delle nuove autorizzazioni – ai potenziali miasmi ed alle emissioni odorigene ed al loro puntuale monitoraggio attraverso strumenti di olfattometria dinamica, in quanto le maleodoranze, talvolta diffuse in prossimità di determinati impianti e nelle aree industriali – pur non risultando nocive e tossiche – incidono assai negativamente sulla qualità della vita e quindi sulla opposizione locale alla realizzazione di tale tipologie di impianti.
C’è solo da augurarsi che per il prossimo futuro i dati – generali e disaggregati per frazioni merceologiche – sulla produzione, sulle forme e tipologie di smaltimento dei rifiuti in Campania segnino un netto ed irreversibile miglioramento in corrispondenza dei significativi sforzi programmatici, realizzativi, operativi e gestionali finora effettuati dalle istituzioni regionali nella implementazione dell’economia circolare.