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Focus sui rifiuti in Campania – I

by Stefano Sorvino
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L’Autore è Direttore Generale dell’ARPAC

 

La gestione del ciclo dei rifiuti in Campania è materia complessa ed in continua evoluzione, sia sotto il profilo dello stato di avanzamento dell’impiantistica pubblica e privata di varia tipologia, sia sotto il profilo della continua verifica dei flussi di dati relativi alla produzione ed alle diverse forme di smaltimento.

Lo scenario di riferimento regionale si colloca poi in un contesto nazionale ed europeo in forte movimento, sia per effetto della massiccia implementazione delle grandi progettualità e dei finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che per il progressivo consolidamento – a livello culturale, sociale e normativo istituzionale – del concetto della transizione ecologica dal vecchio modello dell’economia lineare, caratterizzato dai consumi indiscriminati e dallo sfruttamento delle risorse, al nuovo dell’economia circolare fondato sul recupero, riciclo, reimpiego e riuso dei beni e dei materiali.

In questo quadro complicato e variabile, Arpac non soltanto è ente tecnico-operativo cui sono affidati compiti molteplici e rilevanti – dal supporto alla pianificazione regionale alla determinante partecipazione alle procedure autorizzatorie, dai controlli preventivi ed in campo ai monitoraggi delle matrici – ma è anche ente “informato dei fatti”, in quanto istituzionalmente censisce ed elabora i dati relativi ai rifiuti gestendo il Catasto regionale e supportando il relativo Osservatorio.

I nostri bravi tecnici della sezione regionale del Catasto rifiuti (Grosso, De Palma e Veneruso) ci offrono periodicamente l’aggiornamento dei flussi informativi che tuttavia in Campania – da un anno all’altro – non recano stravolgenti variazioni ma restituiscono un quadro stazionario e chiaroscurale.

La produzione dei rifiuti urbani in Campania nel 2021 è risultata pari a 2.654 milioni di tonnellate, con un incremento – rispetto all’ anno precedente – del 3.66%, forse fisiologicamente corrispondente alla ripresa dei consumi dopo il breve periodo di totale lockdown dell’inizio 2020. Non è un dato del tutto positivo in assoluto se si considera che uno degli obiettivi primari, complementare alla crescita delle raccolte differenziate, è anche – a maggior ragione in epoca di economia circolare – quello della riduzione della produzione dei rifiuti e, soprattutto, della loro frazione indifferenziata.

Il dato della raccolta differenziata raggiunge il 54,7%, registrando un incremento di mezzo punto rispetto al 2020 ma con una percentuale ancora distante dalla soglia del 65% richiesta dal Dlgs 152/06, in un contesto quinquennale (2016-21) in cui l’andamento della differenziata risulta in Campania stabilmente attestato, pur recando piccole variazioni migliorative. Da un lato, aumenta in positivo il numero (314) dei comuni campani “ricicloni”, dall’altro diminuiscono però i comuni “rifiuti free”, cioè quelli in cui l’obiettivo raggiunto di differenziata (almeno il 65%) si associa ad una produzione di rifiuto secco pro-capite annuo inferiore ai 75 chilogrammi.

I dati del catasto Arpac consentono un’articolata ed utilissima analisi territoriale che evidenzia come in regione gli andamenti siano assolutamente disomogenei, emergendo la perdurante concentrazione di criticità e fragilità strutturali nella parte più popolosa della regione – Napoli con una serie di città del Napoletano e Casertano – rispetto al resto del territorio regionale che esprime invece tendenze virtuose in direzione degli obiettivi di legge.

L’analisi territoriale può essere svolta sia con riferimento ai singoli comuni, ed in particolare ai capoluoghi e a quelli di maggiori dimensioni, sia – in modo più aggregato ed organico – agli ambiti territoriali ottimali per area vasta, coincidenti con l’operatività degli appositi Enti (EDA)che sono divenuti soggetti fondamentali di organizzazione delle politiche sovralocali di gestione integrata dei rifiuti.

Tra i 42 comuni in ritardo rispetto all’ obiettivo di legge vi sono – oltre al capoluogo partenopeo – altre 17 città nel loro insieme con 573.000 abitanti, più o meno concentrati nell’ area territoriale tra Napoli e Caserta mediaticamente appellata come “Terra dei Fuochi”: Torre del Greco, Afragola, Marano, Aversa, Maddaloni, Melito, Caivano, Arzano, Castelvolturno, Orta di Atella, Cardito, Capua, Gricignano, Calvizzano, Villa Literno, ecc.

Tra i capoluoghi risaltano le performance di Avellino (68%), Benevento (66,8) e Salerno (58,8). Caserta si pone in linea con la media regionale (54,3) mentre Napoli si colloca ancora al 37,5%, anche se comunque in crescita rispetto al 2020, con le tipiche problematiche di un grande capoluogo congestionato. Ci si augura che con la nuova fase di forte ricambio e potenziamento del personale dell’Asia di Napoli – finora caratterizzato da una troppo elevata età media – finalmente possa dispiegarsi un salto in avanti nella percentuale di raccolta differenziata, decisivo ai fini di un sostanziale incremento della ancora insufficiente media regionale.

Se si aggrega il dato della differenziata e del riciclaggio per ambiti, emerge che il Sannio, anche quest’anno, risulta il territorio più virtuoso – con una differenziata al 72.8% ed un tasso di riciclaggio del quasi 53% (allineato agli obiettivi europei) – seguito dall’ Ato di Salerno (65,5%), di Avellino (63,7) e di Napoli 3 (60,6). Anche sotto il profilo della produzione di R.U. l’analisi territoriale evidenzia le forti asimmetrie e disomogeneità tipiche del territorio campano laddove l’11.8% della superficie regionale, in cui si concentra il 59% della popolazione, produce da sola il 65% dei rifiuti urbani della intera regione.

Per effetto dell’ancora insufficiente percentuale di differenziata, ad oggi la principale frazione raccolta risulta costituita da rifiuti indifferenziati per una produzione media di 207 kg all’anno per abitante, laddove le analisi merceologiche evidenziano che essi sono invece ricchi di materiali intercettabili e potenzialmente recuperabili (soprattutto plastiche, carta e cartoni, tessili). I 207 chilogrammi di frazione indifferenziata, a valle del trattamento che ricevono nei sei impianti di trattamento meccanico biologico, vengono in gran parte inceneriti nel termovalorizzatore di Acerra (133 kg/ab/anno) mentre la quota residua è destinata in parte all’estero (45 kg) ed in parte in impianti extraregionali (29kg) in tutta Italia. Volendo scomporre il dato critico dei rifiuti indifferenziati, anche qui si registrano numeri tra loro diversissimi: dai 20 kg pro-capite di alcuni piccoli comuni salernitani ai 575 prodotti del comune di Castelvolturno.

Una ulteriore grave criticità è quella della frazione organica – che costituisce il secondo flusso in termini di peso – con una produzione pro-capite di 107/kg/ab/ anno. Tale tipologia di rifiuti, come gli indifferenziati, dà luogo a rilevanti flussi di esportazione – per ben 71 dei 107 kg – verso impianti extraregionali, in particolare ubicati in Lombardia e in Veneto.

La terza frazione più raccolta per peso in Campania, dopo l’indifferenziata e l’organico, è quella della carta e del cartone che dà luogo ad una filiera virtuosa – con ancora grandi potenzialità di sviluppo – con materiali che vengono interamente recuperati in Campania e di cui si auspica un incremento dei valori di raccolta pro-capite. Proprio su questa filiera, che in Campania rappresenta un punto di eccellenza, vale la pena soffermarsi evidenziando che nel 2021 sono state raccolte e totalmente recuperate in modo virtuoso 220.000 tonnellate di carta e cartone (39 kg/ab/anno). Il Comieco nel 2021 ha corrisposto ai 465 comuni convenzionati della regione corrispettivi ambientali per oltre 15.5 milioni di euro e la filiera degli impianti di recupero di carta e cartone nel 2013 si è organizzata in rete avviando il progetto 100% Campania. Si stima che mediamente dal recupero di 100mila tonnellate di tale tipologia di rifiuti può essere generato in ambito territoriale un valore aggiunto di 80 milioni di euro creando alcune centinaia di posti di lavoro, attivando segmenti di economia circolare a chilometro zero rivolta ad una sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale. Tuttavia, su questa filiera virtuosa sono conseguibili ancora notevoli margini di miglioramento, in quanto solo alcuni dei comuni campani raggiungono e superano la soglia di raccolta pro-capite di 70 kg, evidenziandosi che – soprattutto in fase di intercettazione – si può fare ancora molto di più e meglio in termini quantitativi e qualitativi.

La quarta frazione di rifiuti in termini di peso è rappresentata dalla raccolta del vetro con 27 kg annui per abitante, laddove in Campania esistono due soli impianti di trattamento a Volla e a Salerno ed una vetreria operante ad Ottaviano, purtroppo non sufficienti a garantire il trattamento del vetro raccolto, che per oltre il 55% viene esportato fuori Campania.

Infine, segue l’articolata e complessa filiera delle plastiche, di cui sono raccolti 27 kg. pro-capite di solito assieme ai metalli. Tali materiali di plastiche e metalli vengono destinati ad un ramificato sistema di impianti della filiera del Corepla, che in Campania è dotato di 9 aree di trasferenza, 16 centri comprensoriali, 5 centri di selezione e 3 recuperatori con l’obiettivo di separare le plastiche dall’acciaio ed alluminio e di selezionare gli imballaggi. I metalli, di cui si raccolgono 4,5 kg chili per abitante all’anno quasi sempre, come detto, insieme alle plastiche nelle raccolte multimateriale, non essendovi impianti di recuperatori finali in Campania, vengono per la quasi totalità esportati fuori regione (verso Lazio e Lombardia).

(continua)