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Il Rione terra di Pozzuoli nuova Star dell’archeologia

by Federico L. I. Federico
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Il Rione Terra di Pozzuoli, ancora oggi ignorato dai più, sembra prossimo al pieno riscatto. In questi giorni, infatti, sarà aggiudicata una gara per la sua valorizzazione che vedrà affidato a privati quell’ammasso tufaceo che negli ultimi vent’anni si è rivelato essere un vero e proprio scrigno di tesori e archeologici e valori monumentali, oltre che paesaggistici.

Ci sembra pertanto utile delinearne la storia per i lettori i quali, tanto per cominciare, devono sapere che lo storico e geografo greco Strabone – vissuto a cavallo dell’Anno Zero dell’era Cristiana, tra il primo secolo avanti e il primo secolo dopo Cristo – fu autore di un’opera fondamentale per la Cultura occidentale, chiamata “Geografia”. Ebbene, secondo Strabone fu un gruppo di esuli egei – arrivati via mare dall’isola di Samo – a fondare Pozzuoli intorno all’anno Cinquecentotrenta a.C. Insomma, oltre duemilacinquecento anni. Certo è però che quegli esuli a quel nucleo urbano in pectore diedero il primo nome di Dicearchìa, che significava Luogo in cui regna la Giustizia.

Dovevano proprio essere degli idealisti, questi nostri antichi parenti magnogreci, ma dobbiamo riconoscere che quegli esuli ebbero buon fiuto nello scegliere la terra dove creare una nuova città. Essi erano stati infatti attratti irresistibilmente dalla piccola altura che domina ancora oggi il golfo puteolano. E su quella rocca antropizzata, assemblatasi poi in cittadella murata, nacque la Pozzuoli campana e poi romana, dominatrice dei mercati del Mediterraneo nel nome di Roma.

Perché su quella grossa escrescenza tufacea quegli esuli – che si erano stanzializzati creando un agglomerato urbano e commerciale che fu il porto di Roma – seppero affrontare e superare avversità, il tracollo dell’Impero, le incursioni saracene, i bradisismi, i terremoti e anche l’avvento e il tramonto di molte dinastie. Insomma, tutto quel… popo’ di Storia che ha interessato la costa campana e Napoli.

E il Rione Terra, come un vascello inaffondabile, ha solcato il mare del tempo, attraverso un arco di oltre due millenni e mezzo, fino a noi. Chiese, botteghe, povere abitazioni di pescatori e palazzi signorili sorsero senza tregua nel fluire dei secoli sulla trama antropizzata urbana di quelle che un tempo erano state strutture murarie romane, magazzini e monumenti. Addirittura, i ricorrenti apporti di crolli e macerie dovuti ai fenomeni eruttivi e tellurici furono re-utilizzati come strato fondativo del nuovo tessuto urbano, costruito secondo la trama romana, sottostante e sepolta.

E avanti così fino a poco oltre la prima metà del Novecento. Il Rione Terra negli anni Settanta pareva giunto alla fine della sua navigazione millenaria, poco più di cinquanta anni fa, abbandonato dai propri abitanti e stroncato definitivamente dal bradisismo.

Ma ecco che – per cause accidentali, dovute a un incendio – con un ultimo sussulto ha rivelato ai contemporanei le proprie straordinarie testimonianze archeologiche, conservate per venticinque secoli nel proprio grembo, come una rocca inespugnabile. Quei tesori stratificati e sepolti nel suo ventre, che oggi, dopo decenni di lavori di scavo e restauro, si sviluppano su più livelli, senza dubbio alcuno risultano un unicum al mondo, perché propongono al visitatore una diacronicità spazio/temporale senza eguali, che potrebbe presto portare il Rione Terra a iscriversi nel firmamento delle grandi Star dell’Archeologia campana, leader in Italia e nel Mondo. Non a caso qualcuno intanto l’ha già ribattezzato “La Pompei Sotterranea”.