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Il terremoto dell’80 visto dal Salernitano

by Federica Inverso
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Paura, polvere e macerie. Era il 23 novembre 1980 e alle 19.34 la terra tremò. Bastarono 90 secondi per radere al suolo e cancellare dalla cartina geografica interi paesi. Quarantuno anni fa una spaventosa tragedia: il terremoto dell’Irpinia, di magnitudo 6.9, provocò immensa sofferenza e dolore. Furono colpite soprattutto la Campania centrale e la Basilicata, un’area di 17mila chilometri che andava dall’Irpinia al Vulture, a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza. I Comuni vicino al cratere furono quasi rasi al suolo. I danni superarono i 26 miliardi di euro, 2.914 morti, 8.884 feriti, 280mila sfollati.

 

 

Fu una corsa contro il tempo per salvare chi era ancora vivo e per aiutare gli sfollati. Il sistema dei soccorsi mostrò limiti e ritardi enormi. Due anni dopo, nel 1982, nacque il Dipartimento della Protezione Civile con l’obiettivo di coordinare tutte le forze e le risorse di cui il Paese dispone per affrontare le emergenze.

Nel Salernitano furono numerosi i comuni colpiti. Tra quelli dichiarati “disastrati”: Castelnuovo di Conza, Laviano, Colliano, Ricigliano, Romagnano al Monte, Salvitelle, San Gregorio Magno, Santomenna, Valva. Tutti comuni situati a nord est della provincia. Danni enormi anche nel capoluogo. Dei quasi 3mila morti, in provincia di Salerno il bilancio ufficiale fu di 674 vittime e di 2.468 feriti.

Il terremoto si prese 303 vite a Laviano e il paese fu distrutto per il 98%. “Ho un ricordo particolare legato alla famiglia Ciottariello, la storia di una famiglia composta da mamma, papà e figlio di appena un mese. Sotto le macerie morirono la madre ed il neonato. Ad oggi, sulla loro lapide, non vi è alcuna immagine del bambino”. Racconta il primo cittadino Oscar Imbriaco.

Nel comune di Valva, la storia la raccontano le pietre del paese, distrutto all’83% del suo patrimonio edilizio. Quel giorno crollò un mondo rurale che adesso vive solo nelle vecchie fotografie e nei ricordi di chi è più grande.

A Montecorvino Rovella, il Duomo dedicato a San Pietro e San Paolo fu quasi raso al suolo. Fortunatamente, Don Gerardo Senatore aveva da poco finito di celebrare la Santa Messa della domenica sera, che aveva anticipato per sue esigenze private, e non ci furono morti.

 

 

A 41 anni dal terremoto sono ancora visibili le crepe di un processo di ricostruzione mai ultimato. Una buona parte della ricostruzione privata è stata realizzata, ma ci sono ancora elementi di criticità in qualche paese. Sguardo puntato verso il PNRR per la programmazione e gestione gli interventi che verranno finanziati sui territori.

Per i comuni dell’Alto Sele, e non solo, oggi è un giorno di riflessione e ricordo.