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In memoria del professor Guido D’Angelo

by Stefano Sorvino
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È scomparso qualche giorno fa a Napoli, all’età di ottantanove anni, il professore Guido D’Angelo, il maggior esperto di diritto e legislazione urbanistica della Campania, già impegnato in significativi ruoli politici ed amministrativi, come consigliere ed assessore regionale nei primi anni Ottanta, amministratore della società Mededil delle partecipazioni statali e parlamentare della Democrazia Cristiana nella legislatura 1987-92.

Guido D’Angelo è stato un riferimento significativo sia come docente universitario, autore di scritti e testi rilevanti del diritto urbanistico – oltre che di moltissimi articoli ed interventi – sia come professionista competente ed autorevole nell’attività legale e consultiva. Da amministratore regionale, negli anni del post-terremoto, ha costruito tasselli fondamentali della legislazione urbanistica della Campania ed ha contribuito – con acume di analisi e capacità propositiva – alla ideazione e realizzazione di progetti e programmi importanti per la trasformazione della città e del territorio (come il Centro direzionale e la proposta della c.d. “neoNapoli”).

L’avvocato D’Angelo è stato per molti anni ordinario di diritto urbanistico, che costituisce una partizione molto settoriale ma importante e delicata del diritto amministrativo, presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli, con la peculiarità di essere titolare di una cattedra di diritto – da lui resa autorevole e prestigiosa – non in un contesto giuridico ma piuttosto in un corso di laurea ad indirizzo tecnico-scientifico, a testimonianza della necessaria interdisciplinarietà delle scienze di governo del territorio. L’urbanistica contemporanea si sviluppa significativamente nel dialogo di competenze multidisciplinari, e soprattutto nell’intreccio tra la tecnica pianificatoria dell’architettura ed ingegneria e l’applicazione di normative complesse con l’impegno dei giuristi, oltre all’apporto di economisti, agronomi, geologi, sociologi urbani, ecc., laddove però le basi giuridiche restano fondamentali per la costruzione dell’intero sistema.

Territorialista di chiara fama e consulente di tante amministrazioni, è stato autore puntuale e prolifico di “Urbanistica e diritto” e di un compendio di legislazione urbanistico-edilizia – più volte aggiornato ed arricchito in numerose edizioni (dal 1976 in poi) – che ha rappresentato un utile ed esaustivo riferimento per diverse generazioni di studenti universitari ma soprattutto per gli amministratori ed operatori del settore con commenti ed approfondimenti di significativo interesse riferiti al peculiare scenario campano, di notevole complessità sotto il profilo dell’assetto del territorio.

Forse la sua intuizione professionale e scientifica è stata proprio quella, partendo dalla matrice generale del diritto pubblico-amministrativo, di concentrarsi e focalizzarsi sulla branca molto specialistica e specifica del diritto urbanistico, in forte evoluzione negli ultimi decenni e con enormi risvolti applicativi sul territorio, in particolare quello campano, ricco di delicate problematiche e fattispecie attuative.

Consigliere regionale della DC nella consiliatura 1980-85, segnata dai drammatici anni del post-terremoto e del terrorismo brigatista, è stato senza dubbio il più noto ed incisivo Assessore regionale all’urbanistica della Campania, elaborando e promuovendo tra l’altro decisivi provvedimenti normativi, tra cui le leggi regionali nn. 10, 17 e14/1982 (quest’ultima contenente “indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all’esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica“). Intellettuale di riconosciuto valore impegnato in politica, sfiorò nel 1983 la elezione a Presidente della Regione nel contesto di una prolungata crisi dell’amministrazione regionale, determinata soprattutto dal contrasto tra le varie componenti del partito democristiano. Tuttavia, la sua designazione fu superata nelle defatiganti trattative di maggioranza a causa della sua intransigente impostazione tecnocratica nella composizione della giunta, a vantaggio dell’elezione a Presidente del “politico” Antonio Fantini, garante di una più flessibile capacità di mediazione tra le diverse componenti della coalizione di governo.

Successivamente è stato presidente della Edilizia Mediterranea (Mededil), società del gruppo delle partecipazioni statali, determinante per la realizzazione del Centro Direzionale di Napoli, che inaugurò sul finire degli anni Ottanta. Tecnico di area centrista prestato alla politica ma anche radicato nel consenso elettorale, è stato deputato democristiano nella legislatura 1987-92, eletto nella circoscrizione Napoli-Caserta, e pur con autonomia ed indipendenza di pensiero, una delle menti pensanti del gruppo andreottiano di Cirino Pomicino.

Ho avuto modo di ascoltarlo più volte come qualificato ed illuminante relatore di convegni e dibattiti su tematiche tecniche, o talvolta anche in circostanze politiche; di seguirlo con attenzione nelle riflessioni di diritto urbanistico o anche come autore di interessanti articoli divulgativi (spesso sul Mattino) e mi è capitato talvolta di incrociarlo in consulenze e problematiche professionali di spessore, traendone sempre percezione di assoluta competenza e qualità. Evidenziava spesso il diffuso ritardo degli Enti locali della Campania nel processo di pianificazione e quindi di adozione degli strumenti urbanistici e la conseguente inadeguatezza della disciplina edilizia, la frequenza delle procedure speciali derogatorie, l’elevato indice di abusivismo, la solo apparente e formale severità del sistema legislativo svuotata di fatto dalla diffusa e quasi totale inattuazione degli strumenti sanzionatori della demolizione entro novanta giorni e dell’acquisizione al patrimonio pubblico degli immobili abusivi. Si domandava spesso e retoricamente perché non venisse introdotta dal legislatore la semplice ed efficacissima sanzione civilistica della intrasmissibilità agli eredi delle unità abusivamente realizzate, da lui proposta senza successo come parlamentare e spesso riproposta come esperto.

Ricordo diversi anni fa la presentazione presso Confindustria – a Palazzo Partanna – di un suo ponderoso volume che raccoglieva una serie numerosissima di articoli ed interventi prodotti nel corso degli anni sui più disparati temi del diritto edilizio ed urbanistico, della pianificazione e dei relativi strumenti, degli abusi, condoni e sanatorie, dei molteplici livelli della programmazione territoriale e di settore, dei vincoli ambientali e paesaggistici, ecc.

La sua figura ricorda, per certi versi, e solo limitatamente a questo aspetto, la concretezza riformatrice di Fiorentino Sullo, impegnato da Ministro dei Lavori Pubblici negli anni Sessanta contro lo “scandalo urbanistico” della speculazione immobiliare, promotore di un coraggioso ed illuminato tentativo di riforma – con lo scorporo generalizzato dello “jus aedificandi” dal diritto di proprietà – bloccato dalla violenta resistenza degli interessi fondiari e dallo stesso partito della Democrazia Cristiana (di cui pure Sullo era autorevole esponente). Oppure più da vicino l’esperienza di Guido D’Angelo richiama quella – di poco precedente – di Alberto Servidio, politico “tecnocrate” di alto livello, che è stato tra i primi e migliori Presidenti della Regione Campania nella sua fase iniziale. Servidio, già assessore all’urbanistica del Comune di Napoli a cui si deve la programmazione di quell’ opera fondamentale per la città che è la Tangenziale, ancorché assurto alla guida della Regione ed autorevolissimo, fu sostanzialmente “giubilato” in quanto poco incline alla mediazione politica e ritenuto tecnicamente troppo rigoroso e, quindi, destinato ad importanti ruoli tecnici di livello nazionale (primo fra tutti quello di Presidente della Cassa del Mezzogiorno).

In definitiva Guido D’Angelo, maestro del diritto urbanistico, avvocato e consulente di vaglia, è stato un significativo rappresentante della migliore classe dirigente campana e di quella sempre preziosa categoria dei tecnici o intellettuali “prestati” alla politica, non quella politicante ma piuttosto la “politica delle competenze” di cui – senza voler essere vacuamente nostalgici e reducisti laudatori del tempo passato – si è avverte ancora tanto l’attualità e l’esigenza.