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La condizione ambientale dei corpi idrici e il monitoraggio dell’ARPAC

by Stefano Sorvino
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Parte I

Il Sistema Idrico Integrato è inteso dalla normativa come razionalizzazione gestionale che ricompone, in un circuito organico ed unitario, il servizio di acquedotto con quello di fognatura, collettamento e depurazione per ambiti ottimali, laddove la qualità ed efficienza della gestione dovrebbe incidere in modo determinante sul miglioramento della condizione ambientale dei corpi idrici.

Infatti, il riordino organizzativo e funzionale delle strutture del servizio idrico è strettamente connesso e, in qualche modo, finalizzato all’innalzamento del livello di tutela dell’ambiente, con particolare riferimento ai profili del risparmio, riutilizzo e rinnovo delle risorse idriche, della priorità dell’uso idropotabile rispetto agli altri, degli ecosistemi fluviali, della pulizia delle acque di mare, ecc.

Pertanto, gli aspetti organizzativi e tecnologici della gestione, i modelli aziendali e imprenditoriali e persino economico-finanziari, con la relativa capacità d’investimento per l’impiantistica e le infrastrutture di depurazione, possono dispiegare significative ricadute sull’assetto ambientale dei fiumi e dei territori.

La stretta connessione tra il profilo di gestione e le proiezioni ecologiche è recepita dalla stessa normativa comunitaria e nazionale che ricompone organicamente i vari aspetti e obiettivi: l’ambiente, con il raggiungimento del “buono stato” per tutte le acque; l’economia, con il recupero dei costi e il principio del “chi inquina paga”; il profilo etico-partecipativo dell’informazione pubblica e del controllo sociale.

I corpi idrici rappresentano segmenti elementari minimi di reticolo idrografico – ma anche laghi, tratti costieri ed acque di transizione – con caratteristiche tendenzialmente omogenee, su cui è possibile valutare le pressioni misurandone gli impatti, definire lo stato qualitativo (sotto l’aspetto chimico, ecologico ed ambientale), stabilire gli interventi di risanamento e tutela monitorandone l’efficacia rispetto al conseguimento degli obiettivi prefissati.

La normativa tecnica punta al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità per i corpi idrici, procedendo secondo una precisa sequenza: tipizzazione, analisi delle pressioni ed impatti, identificazione dei corpi idrici, classificazioni di rischio, monitoraggio e classificazione dello stato ecologico e chimico.

L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, ARPAC svolge un monitoraggio costante ed articolato dei principali corpi idrici della Campania, superficiali e sotterranei, e quindi delle aste fluviali, in una regione piuttosto complessa sia per caratteristiche fisico-naturalistiche che antropiche (connotata da uso agricolo intensivo ed elevata antropizzazione).

Le attività di monitoraggio dell’Agenzia sono state progressivamente ampliate e rimodulate in conformità all’evoluzione della normativa di riferimento ed in relazione all’avanzamento degli strumenti di pianificazione settoriale (Piano di tutela delle acque adottato dalla Regione nel 2007, in fase di revisione, e il Piano di gestione del Distretto Idrografico dell’Appenino Meridionale).

La rete è articolata in 153 stazioni di rilevamento, rappresentative di 193 corpi idrici superficiali, per la valutazione sistematica – svolta per archi pluriennali e finalizzata alla classificazione di qualità – degli elementi chimico-fisici e biologici i cui esiti consentiranno di verificare entro il 2021 il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale. E’ stato inoltre attivato, nell’anno in corso, il monitoraggio della fauna ittica, anche mediante una convenzione con il Dipartimento di biologia dell’Università di Napoli, finalizzato ad integrare la valutazione dello stato ecologico nell’ottica di una più compiuta e completa considerazione delle problematiche degli ecosistemi fluviali.

L’ARPAC, tenendo anche in conto le attribuzioni del rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità riportati nel Piano di gestione, ha identificato e tipizzato complessivamente circa 250 corpi idrici superficiali della Campania, laddove tra i bacini con maggiori criticità si segnalano quello del Sarno, i Regi Lagni ed il fiume Isclero (affluente del Calore, in valle Caudina). L’Agenzia monitora anche le acque sotterranee con l’obiettivo di raggiungere il “buono stato” per i corpi idrici sotterranei entro il 2021.

Come per tutte le principali matrici ambientali, anche per le acque, nello stressato scenario campano si rileva una netta polarizzazione tra la congestione dell’area metropolitana costiera, conurbata a livello interprovinciale (l’intera provincia di Napoli saldata a parte di quella di Salerno e Caserta) e le aree meno addensate dell’entroterra (Irpinia e Sannio ma anche Cilento ed Alto Casertano), che si presentano con peculiarità significative e non prive di criticità ma certamente con minori pressioni inquinanti.

Il livello di inquinamento da macrodescrittori (LIM) costituisce un indicatore sintetico della qualità delle acque fluviali, utilizzato ai fini della classificazione dello stato ecologico, che può risultare “elevato”, “buono”, “sufficiente”, “scarso” o “cattivo”. In Campania il monitoraggio dell’inquinamento attraverso questo indice rivela una condizione ambientale fortemente diversificata tra aree interne e costiere ma, soprattutto, tra montagna e pianura.

Da un lato emerge la condizione positiva dei fiumi cilentani, dei Monti Picentini e del Matese che attraversano aree protette (parchi e riserve), presentando un elevato livello di naturalità, una bassa densità abitativa ed usi del suolo a limitato impatto. I bacini dei territori tutelati si caratterizzano per valori prevalentemente buoni o elevati, con i soli tratti di valle – in prossimità di confluenze e foci – che talvolta si abbassano alla classe di sufficienza.

Viceversa, i corsi d’acqua che attraversano la Piana Campana, nell’hinterland napoletano e casertano ma anche nelle province interne irpina e sannita, sono per lo più caratterizzati da valori scarsi o cattivi, laddove l’antropizzazione indiscriminata ha prodotto un’alterazione pressoché totale degli stessi alvei, divenuti spesso recapito dei carichi inquinanti di origine civile e produttiva (agricola ed industriale).

Naturalmente le criticità ed il degrado ambientale dei fiumi incidono negativamente sul recapito finale costituito dal mare, su cui pure l’ARPAC esercita un puntuale monitoraggio – anche avvalendosi di un’apposita flotta di mezzi nautici – sia ai fini del controllo dei parametri sanitari per la balneazione che nel quadro della “MARINE STRATEGY”, coordinata a livello comunitario e nazionale e realizzata dalle Agenzie regionali del distretto Tirrenico.

L’autore è Commissario ARPAC