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La Politica e il Recovery Fund

by Gianluca Volpe
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Recovery fund

Bisogna dirlo: l’onestà intellettuale non è la caratteristica prevalente di buona parte del mondo politico, compresa la stampa, nel nostro amato Paese.

Quando il Presidente del Consiglio Conte ha cominciato a parlare in Europa di contributi a fondo perduto per far fronte ad una crisi sanitaria, sociale ed economica del tutto nuova, e pertanto da non poter affrontare con strumenti “vecchi” come il MES, è stato guardato, nella migliore delle ipotesi, con aria di sufficienza dai colleghi europei e tacciato di poca serietà in Italia.

La Politica, quella con la P maiuscola, è fatta di visione del futuro, di idee chiare su come affrontare i problemi e di dialogo con gli interlocutori per convincerli della bontà delle proprie soluzioni. Ebbene, questo ha fatto l’Italia in Europa negli ultimi mesi con il risultato che il 27 maggio 2020 la Commissione Europea ha approvato una versione del Recovery Fund che prevede una somma totale di 750 miliardi di euro tra sovvenzioni (contributi a fondo perduto) e prestiti agevolati (circa la terza parte) da restituire entro il 2058. In particolare, all’Italia andrebbero circa 170 miliardi di euro di cui quasi la metà a fondo perduto; per intenderci, una somma pari a circa il 9% del nostro PIL ed a 5/6 volte l’importo medio di una manovra finanziaria fatta negli ultimi anni.

Aldilà dei numeri straordinari, che considerata però la gravità della crisi sono stati definiti dal Presidente Conte “importi adeguati”, la vera novità per l’Unione Europea è la svolta politica grazie al cambiamento di rotta della Germania, che ha abbandonato la linea del “rigore” (dettata prevalentemente dai Paesi del Nord con in testa l’Olanda) abbracciando l’ipotesi del “debito comune Europeo” in virtù della visione di un Europa solidale che ha visto come protagonista l’Italia.

Per non rischiare di cadere in facili entusiasmi, occorre dire che il primo passo fatto dalla Commissione dovrà superare l’approvazione del Consiglio Europeo del 17 giugno, nel quale è ormai chiara una spaccatura netta. E’ vero che i numeri non dovrebbero destare grandi preoccupazioni ma la vera sfida, quella Politica con la P maiuscola, è uscire dal quel Consiglio con una visione comune del futuro dell’Unione che sarebbe un passo importante per restituire fiducia e rinnovato spirito di appartenenza ai cittadini europei.

Tornando alla politica nostrana, un risultato obbiettivamente positivo per l’Italia, dovrebbe essere accolto, a nostro modesto parere, con soddisfazione da tutte le parti politiche. Anche chi in Europa è alleato con coloro che lotteranno con estrema determinazione affinché passi la linea del rigore per tornare, nella migliore delle ipotesi, a parlare di MEF; superato il comprensibile imbarazzo iniziale dovrebbe poi fare quadrato e sventolare la bandiera tanto amata del “prima gli italiani”.

…ma l’onestà intellettuale, a quanto pare, non è di questo Paese!

 

Nota Bene

“Gente e Territorio” si propone di dare voce alla società civile raccogliendone i contributi, che però non sempre ne rispecchiano la linea. Questa precisazione è fatta, appunto, per onestà intellettuale.

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