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La Prima guerra mondiale (1914-1918)

la mobilitazione russa avvenne velocemente e senza disordini

by Giulia Cioffi
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Con lo scoppio della Grande Guerra nel 1914 ha inizio quello che Eric Hobsbawm definiva il “secolo breve”. Lo storico marxista britannico adoperava tale definizione basandosi sull’idea del ‘900 come un continuum di crisi, iniziato appunto nel 1914 e conclusosi nel 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica.

Come è risaputo, “la goccia che fece traboccare il vaso” fu l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando. L’erede al trono asburgico portava avanti idee politiche riformatrici e centralizzatrici, in netta opposizione con i nazionalismi dell’area balcanica. Proprio in virtù delle sue posizioni politiche, il 28 giugno del 1914 l’arciduca e la moglie caddero vittime di un attentato. L’assassino, Gavrilo Princip era un membro del gruppo nazionalista “Giovane Bosnia” e della “Mano Nera”, un’organizzazione segreta paramilitare serba che puntava alla liberazione dei territori slavi sotto il dominio austro-ungarico per annetterli alla Serbia.

 

 

La reazione dell’Impero austriaco all’omicidio del proprio erede fu prevedibilmente durissima; l’Austria, infatti, richiese l’assunzione della responsabilità dell’assassinio al governo serbo, e quando questo non acconsentì, pretese con un ultimatum di condurre con i propri agenti delle indagini sul territorio serbo. Accettare tali condizioni avrebbe significato per la Serbia consentire la violazione della propria sovranità, faticosamente e duramente conquistata.

Forte dell’appoggio dello zar, la Serbia respinse l’ultimatum austro-ungarico, innescando una catena di reazioni: l’Impero asburgico dichiarò guerra a Belgrado; la Russia, decisa a non subire un’ulteriore umiliazione da parte di Vienna e intenzionata a mantenere la propria influenza nei Balcani, proclamò la mobilitazione generale in sostegno della Serbia.

A questo punto intervenne la Germania, minacciando lo zar di dichiarare guerra qualora non avesse interrotto la mobilitazione. Al rifiuto russo, il Secondo Reich dichiarò guerra a San Pietroburgo, attivando così il sistema di alleanze della Triplice Intesa, che trascinò nel conflitto anche Francia e Gran Bretagna.

L’Italia, che faceva parte della Triplice Alleanza, non prese inizialmente parte alla guerra, sostenendo che l’alleanza si fondava sul principio di aggressione e avendo l’Austria dichiarato guerra per prima Roma poteva mantenere la sua neutralità. Un anno dopo, nel 1915, l’Italia si schierò al fianco dell’Intesa, interessata a sottrarre all’Impero Asburgico i territori, in parte abitati da italiani, del Trentino, dell’Alto Adige, dell’Istria e della Dalmazia.

Come già analizzato in precedenza, le motivazioni che spinsero la Germania a partecipare al conflitto erano molteplici. La psicosi dell’accerchiamento rivestì un ruolo centrale, alimentata dalla percezione della fragilità interna dell’Impero zarista e dalla convinzione che una rapida campagna militare a est potesse garantire una facile vittoria. Proprio in questa logica, mantenere l’alleanza con Vienna appariva strategicamente essenziale, e il sostegno all’Impero austro-ungarico nella guerra imminente si configurava come una scelta obbligata. Infine, dopo anni di massicci investimenti nel riarmo, si riteneva che il ricorso effettivo allo strumento militare fosse ormai non solo inevitabile, ma anche necessario per consolidare l’autorità tedesca sullo scenario europeo.

È bene tener presente che in quegli anni vi era un forte coinvolgimento delle masse e delle élite a favore del conflitto, alimentato dai nascenti movimenti patriottici e dalla convinzione di una guerra lampo. Proprio in virtù di questa percezione, la strategia militare tedesca, il piano Schlieffen, puntava su una veloce conquista dei territori orientali in modo da evitare di aprire più fronti contemporaneamente.

Contrariamente alle previsioni tedesche, la mobilitazione russa avvenne velocemente e senza disordini, mostrando una compattezza patriottica dinanzi all’avanzata nemica nonostante gli anni di disordini interni. In questo modo, Berlino fu costretta a combattere su più fronti, avendo aperto anche quello occidentale contro la Francia, e per molto più tempo di quanto immaginasse.

Come il Secondo Reich, anche l’Impero zarista voleva evitare l’apertura di più fronti ma al contrario si ritrovò a combatterne tre; il fronte nordoccidentale con la Germania, il sudoccidentale con l’Impero asburgico, e quello caucasico contro la Turchia.

L’Impero ottomano aveva stretto un’alleanza segreta con la Germania, dopo anni di consolidata cooperazione; il Secondo Reich aveva infatti investito molto in Turchia, soprattutto con la costruzione della ferrovia Berlino-Baghdad, ed era percepito da Costantinopoli come la potenza meno interessata al suo definitivo collasso. Inoltre, chiaramente, i turchi avevano un interesse particolare nel riconquistare i territori sottrattigli nei Balcani e nel Caucaso, e sfidare la sua antica nemica Russia era la via più ovvia.

Il motivo per cui tale guerra è considerata mondiale e non europea, dato che sembrerebbero coinvolte solo le potenze dell’antico continente, è perché, oltre all’intervento statunitense nel 1917, tutti gli stati in guerra erano potenze coloniali. Questo significa che sotto il controllo di Gran Bretagna, Francia e Germania, si trovavano anche paesi africani, sudamericani e asiatici, i quali vennero tutti coinvolti in quello che si definisce appunto un conflitto mondiale.

 

Impero britannico

 

Impero francese

 

Impero tedesco

 

Così, nell’agosto 1914 con l’invasione tedesca del Belgio, paese neutrale ma fondamentale per Berlino per aggirare la difesa francese, ebbe inizio una delle guerre più sanguinose della storia, che, come si vedrà nei prossimi articoli, modificò per sempre l’assetto e le dinamiche europee.

 

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