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La rivoluzione di Ottobre

Il ritorno di Lenin e la presa del potere

by Giulia Cioffi
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Per rispondere alla domanda posta nell’articolo precedente, come riuscirono i bolscevichi a conquistare il potere nell’ottobre del 1917 se nell’estate dello stesso anno sembravano sull’orlo del fallimento, bisogna analizzare i tumultuosi eventi verificatisi alla fine dell’estate 1917.

Innanzitutto, nel luglio 1917 la Rada Centrale ucraina, insieme al Segretariato Generale, due organi riconosciuti dal Governo provvisorio, proclamarono l’autonomia della regione. Tra il 1917 e il 1922, anni dell’indipendenza ucraina, il territorio del neo-stato corrispondeva alla linea tratteggiata in viola che si osserva nell’immagine sottostante. I territori evidenziati negli altri colori saranno acquisiti nel corso della storia dell’URSS, ma ciò verrà analizzato a tempo debito nei successivi capitoli.

 

 

Ciò che di tale evento è essenziale per la storia qui narrata, fu la reazione interna al Governo provvisorio; i cadetti, infatti, sostenendo che una tale riorganizzazione dell’ex territorio imperiale poteva essere approvata solo in seguito all’elezione dell’Assemblea costituente, si dimisero dalle cariche governative, provocando una nuova crisi nell’amministrazione.

La crisi ucraina, insieme alla volontà di indipendenza finlandese e allo sfascio totale dell’esercito, generò nell’establishment del paese la volontà di ristabilire l’ordine e la disciplina perduti, per non rendere il paese preda totale del nemico che continuava ad avanzare.

Per rispondere a queste esigenze, un nuovo leader militare venne posto a capo delle forze armate, il generale Kornilov, fortemente voluto dai cadetti come condizione per tornare al governo.

Il principale problema legato alla figura del nuovo leader militare era il suo difficile rapporto con il capo del governo, Kerenskij. Tra i due, infatti, oltre alla mancanza di rispetto e fiducia reciproca, serpeggiava una forte rivalità, un conflitto destinato a esplodere di lì a poco.

Il comandante Kornilov, considerando la restaurazione dell’ordine l’obiettivo prioritario, mise in atto delle misure piuttosto ferree per ripristinare la disciplina dell’esercito, inclusa la reintroduzione della pena di morte per i disertori. Al contrario, Kerenskij vedeva nelle misure autoritarie del generale il pericolo dell’ascesa di un potere militare autonomo che poteva minacciare la fragile democrazia appena instaurata.

La tensione tra i due scoppiò quando Kornilov ordinò il movimento delle proprie truppe verso Pietrogrado, a sua ragione per reprimere un presunto colpo di Stato bolscevico, ma, anche a causa della difficoltà comunicativa, Kerenskij interpretò il comando come una manovra per tentare di instaurare una dittatura militare. Convinto dei suoi timori, il leader del governo accusò il rivale di tradimento destituendolo, il 27 agosto 1917, dal comando militare e dando l’ordine di fermare le truppe.

Sdegnato dal trattamento ricevuto, Kornilov, che effettivamente non sembrava intenzionato ad impossessarsi del potere, continuò però ad avanzare verso la capitale attraverso la linea ferroviaria che collegava il quartier generale a Pietrogrado.

L’avanzata delle truppe fu però fermata proprio dai treni; i lavoratori delle ferrovie, dove la propaganda bolscevica aveva attecchito con più forza ed efficacia, seguendo le direttive dei leader del partito, impedirono al generale di arrivare in città dirottando i treni e interrompendo le linee.

Le truppe, isolate logisticamente e senza coordinamento, persero slancio e il golpe si dissolse nel giro di pochi giorni.

In qualità di protagonisti dello sventamento del presunto colpo di Stato, i Bolscevichi emersero dalla vicenda come i salvatori della rivoluzione, giovandosi così di una riabilitazione politica dopo il colpo che avevano subito solo qualche mese prima.

La forte crisi interna appena superata portò ad un rinnovamento degli organismi governativi e, questa volta, forti della riabilitazione appena conquistata e del fatto che erano sempre stati fautori dell’uscita immediata dalla guerra che la popolazione richiedeva sempre più a gran voce, i Bolscevichi iniziarono a conquistare la maggioranza.

Ritenendo i tempi maturi per l’attuazione del proprio progetto politico, Lenin fece ritorno in patria, aiutato dai tedeschi che vedevano nell’ascesa dei Bolscevichi la concreta possibilità dell’uscita della Russia dalla guerra e l’opportunità quindi di concentrare i propri sforzi unicamente sul fronte occidentale.

Il piano del leader bolscevico era quello di prendere il potere in occasione del II Congresso dei Soviet, ma i leader di sinistra, fatta eccezione per gli SR più estremi, erano contrari. Forte del supporto di un’ala degli SR e chiaramente dei suoi compagni di partito, Lenin sfruttò il ritardo di qualche giorno del Congresso, e istituì il Comitato Militare Rivoluzionario che approvò il piano di insurrezione.

Fu così che, nella notte tra il 24 e il 25 ottobre (per il calendario gregoriano 6 e 7 novembre), gli insorti, tra cui operai armati, occuparono i punti nevralgici della capitale, tra cui i trasporti, la comunicazione e la stampa. Fu a questo punto che i Bolscevichi assaltarono il Palazzo d’Inverno, arrestando i ministri e costringendo il Governo provvisorio alla resa.

Alla notizia del rovesciamento del Governo, gli SR di centro e destra, insieme ai Menscevichi, manifestarono il proprio dissenso boicottando l’apertura del II Congresso dei Soviet; la loro assenza però non fece altro che velocizzare il processo di legittimazione, quando al Congresso, Bolscevichi e SR di sinistra, ratificarono la presa del potere in nome del Soviet.

Come si era anticipato negli articoli precedenti, quella di ottobre non fu una rivoluzione della portata di quella di febbraio in materia di mobilitazione. Infatti, piuttosto che essere una manifestazione del malcontento popolare, fu un colpo di Stato attuato da esponenti politici e operai politicizzati. Le conseguenze di ciò si resero evidenti nelle successive elezioni dell’Assemblea costituente, dove i Bolscevichi non ottennero la maggioranza.

 

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