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La Spigolatrice di bronzo

by Federico L. I. Federico
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Visto l’esito elettorale, possiamo affermare che non ha portato bene all’ex Premier Conte – e in generale a tutto il Movimento pentastellato – la inaugurazione della statua de “La spigolatrice di Sapri”, ispirata all’autore del bronzo dalla poesia di Luigi Mercantini. Questi fu uno dei poeti più famosi del Risorgimento italiano, autore anche dell’Inno di Garibaldi. Sì, proprio di quell’inno che – tra il funereo e il draculeo – comincia con le parole ritmate e solenni: “Si scopron le tombe, si levano i morti…”.

La poesia sulla spigolatrice risale al 1858, giusto un anno dopo il tentativo dell’irrequieto rivoluzionario mazziniano Carlo Pisacane di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie, allora ancora nelle salde mani di Ferdinando II di Borbone.

Partito da Genoa e diretto in Sicilia su un piroscafo di linea diretto a Tunisi, Pisacane, essendo a corto di armi, si impadronì del battello dirigendosi all’isola di Ponza. Arrivato colà, sventolando il tricolore assaltò il carcere, liberando oltre trecento detenuti, in buona parte delinquenti comuni. Ripartito dopo solo due giorni da Ponza, con i suoi improvvisati compagni di avventura, si diresse al porto di Sapri, dove fu accolto malamente.

Carlo Pisacane, un socialista libertario ante litteram, invece di trovare masse di contadini pronte alla rivoluzione si scontrò con la ostilità belligerante dei Sapresi, sostenuti dalla gendarmeria borbonica, che lo costrinse a fuggire a Padula, dove non poté resistere a lungo, cadendo egli stesso vittima della dura reazione dei nativi. I superstiti del massacro furono rapidamente mandati a processo e condannati a morte, ma il Re volle concedere loro la Grazia reale.

Questa la Storia, ma diversa e ancora viva è la cronaca di questi giorni, offuscata appena dall’intermezzo elettorale che ha visto protagoniste le urne.

Al centro delle polemiche – come è molto noto ormai – c’erano le forme “formose” della spigolatrice, emergenti dalla troppo aderente sua veste. La spigolatrice è colta oltretutto in un momento in cui il suo sguardo sembra ammiccare all’osservatore.

In effetti, quello sguardo avrebbe forse dovuto invece scrutare il mare aperto, da dove un battello di trecento “giovani e forti” si stava avvicinando alla costa cilentana.

O – piuttosto e più concretamente – lo sguardo avrebbe dovuto essere diretto alla ricerca delle spighe di grano tralasciate dai mietitori che l’avevano preceduta sul posto ove lei, contadina più povera tra i poveri, si recava a “spigolare”, raccogliendo tutto il possibile.

E, a questo punto, forse appare improbabile, per stile ed eleganza, la sua veste scolpita dal vento contro le sue forme procaci.

Certo è, che ne è nata una polemica in cui si sono distinte le “donne democratiche” che hanno promosso e sostenuto l’opportunità della demolizione della statua definita con durezza spiccia “una offesa alle donne e alla storia”. Di diverso tenore, ovviamente, l’autodifesa dell’autore, lo scultore Stifano, che da parte sua provocatoriamente si è detto quasi pentito di non aver rappresentato nuda la “spigolatrice”.

Insomma, tra glutei e facce di bronzo, non c’è che da scegliere.