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La tecnologia nucleare di IV generazione non esiste

by Angelo Bonelli
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L’Autore è Co-Portavoce nazionale di Europa Verde-Verdi

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani negli ultimi mesi in alcune interviste ed interventi pubblici ha riaperto la discussione sul nucleare. Alcuni giorni fa alla scuola di formazione di Italia Viva ha affermato che il nostro paese avrebbe dovuto prendere in considerazione la tecnologia nucleare della IV generazione, salvo poi alcuni giorni dopo cambiare posizione sostenendo, giustamente, che la tecnologia nucleare di IV generazione non esiste e che in Italia ci sono stati due referendum che hanno bocciato il nucleare. Non entro nel merito di altre dichiarazioni di pessimo gusto dello stesso ministro che lo hanno portato a definire gli ecologisti radical chic un problema peggiore della catastrofe climatica. Una domanda viene spontanea, perché il ministro invece di affrontare la crisi climatica come stanno facendo altri paesi europei si sta caratterizzando nell’attaccare la transizione ecologica che è arrivato a definire un bagno di sangue, attaccando l’auto elettrica e il piano Fit for 55 dell’UE e distraendo l’opinione pubblica aprendo il dibattito sull’energia nucleare?

Cingolani si sta facendo portavoce dei gravi ritardi di un pezzo della nostra industria, quella petrolifera e automobilistica, nel cambiamento verso la transizione ecologica e punta a ritardare l’adozione di misure sulle quali molti paesi europei lavorano già da molti anni come ad esempio la conversione della filiera produttiva automobilistica verso l’elettrico e dell’Eni che punta, grazie al ministero della transizione ecologica, alla cattura della CO2, con il deposito sotto il mare al largo di Ravenna da mezzo miliardo di metri cubi, che consentirà all’azienda petrolifera italiana di continuare ad estrarre petrolio. Il Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, è coerente con questo scenario perché la mobilità elettrica di fatto non è finanziata, il trasporto pubblico locale dimenticato in quanto solo il 10% di autobus e treni regionali sarà sostituito e sulle rinnovabili si prevedono complessivamente fino al 2026 4,2GW mentre occorrerebbero 6 GW all’anno fino al 2030 per rispettare gli obiettivi sul clima della UE. A proposito di obiettivi è lo stesso PNRR che afferma che il target di riduzione della CO2 fissato dalla UE al 2030 al 55% non verrà raggiunto dall’Italia ed infatti in uno studio presentato il 4 settembre scorso dalla fondazione Enel e dal forum Ambrosetti si denuncia che con le attuali politiche sul clima del governo l’Italia raggiungerà gli obiettivi UE del 2030 con 29 anni di ritardo facendo venire meno investimenti per 424 miliardi di euro.

Invece di accelerare dal punto di vista energetico versoi le rinnovabili il ministro ci parla di nucleare come potente strumento di distrazione di massa dalle inadeguatezze del governo sulle politiche sul clima.

Affronto dal punto di vista dei numeri, giustamente tanto cari a Cingolani, una volta per tutte la questione nucleare e del perché è una follia pensare ad un suo ritorno come qualcuno vorrebbe. Produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 dollari, con l’eolico 4,0 dollari. Produrre lo stesso kilowattora con il gas è costato 5,9 dollari, con il carbone 11,2 dollari e con il nucleare 16,3 dollari, questo lo scrive il World Nuclear Industry Status Report (WNISR).

Il problema che abbiamo di fronte a noi oggi è la riduzione dei gas serra e quanto rapidamente dobbiamo farlo, ma con il nucleare non raggiungiamo questi obiettivi perché è oggi la forma di generazione elettrica più costosa e perché serve molto tempo per costruire i reattori. Ogni euro investito in nuove centrali nucleari peggiora la crisi climatica, perché sono risorse sottratte al contrasto della crisi climatica. Non entro qui nel merito di alcuni punti molto importanti come la gestione delle scorie radioattive e il problema della sicurezza, vedi incidenti nucleari del passato e sul fatto che ad esempio l’Italia è un territorio altamente sismico.

La costruzione di nuove centrali atomiche non ha nessuna ragione economica o ecologica e risponde solo a motivazioni di geopolitica militare come nel caso di Francia, Usa, Cina e Russia. Ma non c’è solo il costo di produzione di energia che influisce sugli elevati costi del nucleare. Il nucleare vive solo con enormi finanziamenti pubblici, ad esempio la centrale nucleare di terza generazione plus di Flammanville, in Francia, i cui lavori sono iniziati nel 2007 e ancora oggi non sono terminati, è passata da un costo di 3,4 miliardi di euro a 12,4. A Olkiluoto, in Finlandia, dove Orano, azienda francese, sta costruendo dal 2005 un reattore i cui lavori ad oggi non sono ultimati e l’azienda transalpina, ha già previsto perdite per 3,9 miliardi di euro. Sempre in Francia lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari, a cominciare da quelle entrate in funzione negli anni Ottanta, si annuncia come un progetto infinito che secondo un rapporto commissionato dal Senato della Repubblica francese alla Corte dei Conti durerà un secolo e costerà quasi 50 miliardi di euro tutto a carico dei cittadini francesi.

La Germania ad aprile 2021 ha approvato il suo piano per le energie che prevede che entro il 2050 tutta l’elettricità consumata sia climaticamente mentre l’anno prossimo l’ultima centrale nucleare tedesca verrà chiusa.

Cingolani sa, ma non dice, che le nuove centrali nucleari sono diventate sempre più care e in alcuni paesi non sono competitive con le rinnovabili.

L’amministratore delegato dell’Enel, Francesco Starace, ha affermato che un ripensamento sul nucleare non è realistico.

Il ministro Cingolani dovrebbe occuparsi di governare la transizione ecologica, e non costruire una campagna di paura descrivendo irresponsabili scenari “lacrime e sangue”, cominciando ad utilizzare i fondi europei che hanno la finalità di aiutare a rendere la transizione socialmente giusta come il fondo sociale per il clima da 72 miliardi di euro messo a disposizione dall’UE.