Dopo aver sottolineato l’importanza della conoscenza del passato, Marc Bloch richiama gli storici e noi tutti al dovere di comprensione del presente, anche ai fini di una migliore coscienza del passato, perché uno storico “non è un antiquario, ama la vita”.
«Forse però non è meno vano affaticarsi a comprendere il passato, ove nulla si sappia del presente. L’ho già raccontato altrove: accompagnavo a Stoccolma Henri Pirenne, il quale all’arrivo mi disse: “Che cosa andiamo a vedere prima di tutto? Pare che ci sia un Municipio nuovissimo. Cominciamo di là”. E poi aggiunse, quasi volesse prevenire il mio stupore: “Se fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie. Ma sono uno storico. Ecco perché amo la vita”. Questa facoltà di apprendere ciò che vive: ecco la massima virtù dello storico. Tutti i maggiori storici ne furono dotati – non ci ingannino alcune freddezze di stile -: Fustel o Maitland, alla loro maniera, più austera, altrettanto che Michelet. Forse essa è nella sua essenza iniziale, un dono delle fate, che nessuno potrebbe pretendere di acquistare, qualora non l’avesse trovato nella propria culla. Eppure, ha bisogno di essere continuamente esercitata e sviluppata. In che modo, se non con un costante contatto con l’oggi, come ne offriva l’esempio Pirenne stesso? Qui infatti, quel fremito di vita umana, che solo un duro sforzo di immaginazione riuscirà a restituire ai vecchi documenti, è direttamente percepibile dai nostri sensi. (…) Ma l’erudito che non ami osservare intorno a sé né gli uomini, né le cose, né gli eventi, meriterà forse – come diceva Pirenne – il nome di utile antiquario. Farà bene a rinunciare a quello di storico. Inoltre l’educazione della sensibilità storica non è sempre la sola ad essere in causa. Può accadere che, in una certa direzione, la conoscenza del presente serva ancor più direttamente all’intelligenza del passato.»
Marc Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico.