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Editoriale. Sono nata il ventuno a primavera: la lezione di Alda Merini.

by Pasquale Cuofano
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Sono nata il ventuno a primavera / Ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle / potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve / vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili / e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera.

Oggi è il giorno della nascita di Alda Merini, una delle più grandi voci poetiche del Novecento. Venne alla luce a Milano il 21 marzo del 1931: sicuramente una città diversa, non la città malata, martoriata ed estenuata di oggi. La sua vita, raccontata nel diario “L’altra verità” è la storia di una diversa, di una “unta” del Signore che conoscerà l’orrore del manicomio, la solitudine della reclusione, l’incomprensione di tutti, soprattutto delle persone care che si allontaneranno e l’abbandoneranno a sé stessa.

Scrive a proposito del suo ricovero: “Improvvisamente, come nelle favole, tutti i parenti scomparvero”. Si sa, la malattia fa paura. Tra elettroshock ed autentiche torture, le “fruste ingiustificate” come poeticamente le chiama nel libro, trascorrerà molti anni tra i vari padiglioni psichiatrici. Sarà il dottor Enzo Gabrici a spingerla verso la scrittura e a raccogliere gli scritti di Alda nella sua cartella clinica. Da qui l’inizio del processo salvifico. Come nel mito di Proserpina, risorgerà: dopo “aver aperto le zolle”, “dopo aver scatenato tempesta”, ritorna alla vita, rivedrà le erbe e i covoni gialli di grano bagnati da una pioggia lieve, simile alle sue lacrime purificatrici e fecondatrici.

Sono le lacrime di chi ha bisogno di trovare consolazione in sé stesso. Come scrisse Rainer Maria Rilke: “Un improbo recupero di forze per avvertire un pò d’eternità”. In questo primo giorno di primavera, questa voce poetica, la voce roca e profonda di Alda, si leva per ricordarci che nulla è ancora perduto e che la grande forza dei lombardi, unita a quella del popolo italiano, riuscirà a ritornare viva e generatrice come nel mito di Proserpina. La fanciulla, che per volere di Giove, dopo aver trascorso un semestre nell’Ade, nell’aldilà triste e senza luce, ritorna sulla terra per altri sei mesi, per renderla bella, piena di colori, ricca di ogni frutta utile a nuova vita degli uomini.