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Liceo Caccioppoli: richieste antiquate e lettere inadeguate

by Piera De Prosperis
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La situazione del meridione, della nostra città, del quartiere in cui è collocata la scuola non è paragonabile a quella delle scuole del nord, né delle città nordeuropee, né dei quartieri della nostra città che si trovano in contesti privilegiati e garantiti, che non vivono e non hanno mai vissuto il futuro come una preoccupazione. Per loro il futuro è garantito a priori. Qualunque cosa accada hanno sempre delle reti di protezione pronte a salvarli nei momenti difficili.

Per i ragazzi meridionali e periferici rispetto ai centri di potere economico e culturale, il futuro, invece, è sempre stato un problema e lo diviene ancora di più quando gli assetti del mondo, per un motivo o l’altro, vacillano e ridefiniscono le posizioni di potere e i criteri di selezione sociale. In contesti come il nostro l’unico strumento di miglioramento, riscatto, tutela dei diritti, capacità di guardare ad un futuro fatto di dignità e rispetto per la vita altrui e per la salvaguardia del pianeta è la CULTURA.

Sono stralci della lettera inviata dai docenti, in risposta alla richiesta della canonica settimana prenatalizia di autogestione degli alunni del Liceo Caccioppoli, sito in via Nuova del Campo, con succursale in via De Matha. Chi opera nella scuola o vi ha operato sa quanto sia stata tollerata questa pratica in tutti gli anni scolastici passati. La settimana dello studente serve non solo a far sentire la scuola come uno spazio aperto ad iniziative proposte dagli studenti ma a proporre forme di apprendimento diverso. Ma allora perché i docenti hanno ritenuto necessario un intervento diciamo così a gamba tesa?

Conosciamo tutti le difficoltà della scuola italiana e campana in particolare, quanto sia stato difficile riconvertire in didattica a distanza quella tradizionale. Senza contare le discrepanze oggettive tra scuola e scuola circa connessioni, sussidi tecnologici, spazi…

Non mi sembra quindi che i colleghi del Caccioppoli abbiano detto nulla di sbagliato. Forse la tempistica non era opportuna. L’anno scolastico è comunque duro, i ragazzi si sono trovati spiazzati, come del resto i docenti, il carico dei compiti importante. Insomma in questo bailamme di novità ci stava bene anche la “novità” dell’autogestione in stanze di videochiamate. Dicono gli studenti che per loro è: Una necessità nonostante la distanza. E soprattutto per la distanza… Noi indipendentemente da questo, non entreremo a lezione e faremo la settimana autogestita, come forma di sciopero.

Mi sembra cioè che le motivazioni addotte per negare la settimana autogestita siano troppo alte rispetto alle richieste degli studenti. Sappiamo quanto sia importante nel rapporto con i giovani, pur non venendo mai meno al proprio ruolo, essere comprensivi e maestri anche nel saper condurre il gioco. Penso che lo scontro aperto, conseguenza inevitabile della lettera, fosse prevedibile.

Proporrei, piuttosto, un’altra riflessione, di carattere più strettamente didattico. Ma la DAD ha veramente cambiato il nostro sistema di insegnamento? O viene solo riproposta con mezzi diversi una didattica sostanzialmente immutata? Si trasferiscono cioè i contenuti delle discipline nei file? E le richieste degli studenti hanno senso in questa scuola a gambe all’aria? Cosa potrebbe veramente aiutare gli alunni delle scuole periferiche, non solo d’Italia, ma dell’Europa e del mondo, cambiandone metodi di studio e di apprendimento? Attivare rapidamente metodi di insegnamento che stimolino la curiosità, la voglia di studiare e di essere al corrente con i tempi, altrimenti cos’è la Cultura? La DAD è un’occasione che potrebbe far sì che non solo lettere del genere non vengano più scritte dai docenti ma che anche richieste antiquate, come quelle degli studenti, non vengano più avanzate. Il mondo della scuola è cambiato inesorabilmente e tutti gli attori devono recitare una parte diversa, adeguandosi ad un copione ancora sconosciuto ma affascinante nella sua novità.