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Lo scoglio di Rovigliano. Una torre costiera vicereale … a mare

by Federico L. I. Federico
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Oggi, come promesso, porto il lettore ad approdare allo Scoglio di Rovigliano, monumento vincolato di proprietà privata. Lo Scoglio fa la guardia alla foce del fiume Sarno fin dal tempo dei Fenici, i quali intorno al Mille avanti Cristo già attraccavano al largo delle nostre coste per esercitare i loro commerci.

Intanto diciamo che il nome di Scoglio – o anche quello di Isolotto di Rovigliano, come compare in alcune carte – non gli rende piena giustizia. In effetti esso è il risultato di un grumo di corpi rocciosi emergenti dal mare – quasi un arcipelago microscopico di circa seimila metri quadrati complessivi – in parte collegati in antico con strutture murarie eseguite dall’uomo. Forse già in epoca preromana e poi in più riprese.

Non a caso i “soggetti rocciosi” che compongono il microinsediamento marittimo dello Scoglio di Rovigliano sono più di uno. Proviamo ad elencarli, rigorosamente in Lingua Napoletana, senza la presunzione di nominarli tutti. Menzione a parte merita lo Scoglio vero e proprio, su cui è ubicata la Torre vicereale e quello che resta oggi delle antiche architetture ad essa connesse.

Troviamo infatti sul versante di Castellammare ‘O Scuoglio ‘e San Catiello.

E, quasi sul versante opposto, ‘O Scartellato. Così chiamato ut sic. Ma … nomen omen!

Verso il mare aperto invece affiorano ‘e ccaruselle. E qui il termine dialettale è quasi carezzevole e affettuoso nell’indicare alcune rocce appena affioranti, che mostrano soltanto il loro “caruso”, cioè la loro testa pelata quasi infantile che fa capolino dall’acqua quando il mare si agita e scuote lo Scoglio.

Occorre intanto ribadire che lo Scoglio di Rovigliano ha sempre, in qualche modo svolto il ruolo di sentinella della Foce del Sarno, o meglio, del Sinus Stabianus diventato poi definitivamente Sinus Pompeianus, dopo la distruzione di Stabia nell’anno 89 a.C. Da quel momento Pompei fu il porto preferenziale per i commerci provenienti dall’area nolana e atellana. Esso era in effetti un porto fluviomarino perché la laguna retrodunale lambiva da sempre le coste frontistanti a Est e Ovest delle antiche Pompei e Stabia, che da essa traevano sostentamento e ricchezza. E le saline sulla costa pompeiana, lungo la via Herculea tra Pompei e Oplontis, forse erano già in funzione quando Pompei in lingua Osca si chiamava PUMPAIA e dominava la laguna orientale con le sue case e i suoi templi arroccati in alto sul pianoro di aspra roccia vulcanica.

Dedicate poi a Ercole, le saline pompeiane diedero il nome allo Scoglio di Rovigliano, che fu chiamato infatti Petra Herculis in onore del Dio. Ma la vicenda del nome dello Scoglio di Rovigliano non si ferma a Ercole, in quanto la Gens Rubellia, famiglia pompeiana ricca e potente di facoltosi imprenditori agrovinicoli ne divenne proprietaria. I Rubellii erano già proprietari di un “fundus Rubellianus” e, da quel momento, lo Scoglio fu la “Insula Rubelliana”. La struttura villare della Insula Rubelliana sullo scoglio ha lasciato poche tracce, però evidenti nei tratti di “opus reticulatum” romano che si vedono attraccando nello “specchio”, cioè l’approdo protetto che accoglieva i natanti provenienti dalla vicina terraferma. Dunque, ci vuol poco a capire che il nesso linguistico tra le due parole – Rubelliano e Rovigliano – è forte e trasparente. E da qui lo Scoglio è detto di Rovigliano.

Come si vede, le parole durano più delle pietre e, purtroppo, di pietre in rovina oggi lo Scoglio è pieno. Esse testimoniano la presenza Romana, ma anche quella di un cenobio Benedettino del V sec. d.C. e del Monastero di S. Michele Arcangelo istituito sullo Scoglio nel Sec. XIII, frequentato poi dal beato e pensatore calabrese Gioacchino da Fiore.

Lo scoglio fu pure approdo a mare della Abbazia di Real Valle di Scafati, ma la sua posizione strategica nel mare lo fece diventare una delle Torri Costiere più importanti della rete difensiva del Regno di Napoli, dotata di tre troniere per lato e di una seconda torre più piccola di quella principale. Dopo un lungo abbandono le strutture dello Scoglio furono restaurate nel corso del ‘700 per volere di Don Carlos di Borbone, il futuro Carlo III.

La sua destinazione a caserma e prigione ne connotò gli ultimi anni, prima del suo passaggio in mano privata, con lo Stato Savoiardo postunitario indebitato fino al collo.

Lo Scoglio oggi dista dalla costa meno di un miglio marino, ma in antico la distanza era nettamente superiore: circa due miglia marine. Il motivo lo illustriamo subito: lo “sterminator Vesevo” in una apocalittica notte del 79 d.C. vomitò fuoco, fiamme, lapilli e cenere che soffocarono sotto una coltre infuocata le città romane di Pompei, Ercolano e Stabia. E non solo. La furia distruttrice del Vesuvio in quella notte di tregenda si misurò vittoriosamente anche con il Mare. Il Vulcano rigettò il mare indietro di circa un miglio marino. Una enormità da apocalisse. Fu così che il Vesuvio cambiò la linea di costa del mare Torrese Stabiese, come essa è poi giunta a noi. Godiamoci, dunque questo mix unico affascinante e leggendario di Storia e Geografia.