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Machismo turco e inadeguatezza belga

by Piera De Prosperis
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Tutte le nostre riflessioni, le nostre prese di posizione sull’ancora inattuata parità di genere nella società, trovano piena conferma nell’episodio accaduto ad Ankara. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è stata costretta a rimanere in piedi e poi a sedersi sul divano perché non era stata preparata una poltrona per lei. Una poltrona l’avevano invece, sotto le rispettive bandiere, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente del Consiglio UE Charles Michel. Dopo l’iniziale disappunto la von der Leyen ha affrontato le tematiche in questione che riguardavano, tra l’altro, la tutela dei diritti umani e delle donne.

La politica turca, per il sultano in crisi di consensi, si gioca tutta sulla pelle delle donne. Per conquistare i voti dei conservatori ha fatto uscire la Turchia dalla Convenzione di Istanbul sui diritti delle donne. Ovviamente l’Europa e la Casa Bianca hanno biasimato tale comportamento e forse Erdogan ha voluto dimostrare nei confronti di una donna, anche se di potere, tutto il suo machismo. Forse era anche uno sgarbo all’Europa, soprattutto se l’Europa si presenta con le fattezze di un’esile e determinata signora bionda. Del resto con gli organismi rappresentativi della Unione Europea Erdogan si era messo a posto, riservando a Michel il suo posto e la sua poltrona.

Qui in Occidente non abbiamo idea di quella che è la condizione femminile nelle zone rurali della Turchia e di quanta arretratezza culturale vi sia. Se nelle città come Istanbul o Ankara le donne vivono all’europea, le giovani ricoprono ruoli importanti e per quanto possa essere difficile il loro percorso lavorativo forse non lo è più che qui da noi, nelle campagne la situazione è ben diversa. Per avere un’idea di questo mondo in fermento, di cui Erdogan vuole essere l’ostinato custode, facendo l’occhiolino ai conservatori, vale la pena seguire la serie turca Ethos su Netflix. Due mondi contrapposti. Il primo è abitato da Meyrem e dalla sua famiglia musulmana: il fratello nevrotico e dispotico Yasin, la moglie depressa Ruhye, i loro bambini. E da un imam, che a tutti somministra le stesse, insulse, parabole. Insieme a lui, la figlia, omosessuale, tutta presa dal proprio processo di emancipazione che la porterà a lasciare il suo paese Canakkale poco distante dalla megalopoli Istanbul. Al centro del secondo ambiente, laico e progressista, vi sono le psichiatre Peri e Gulbin che abitano in città, espressione di una società moderna ma ancora incapace di vivere in maniera consapevole il distacco dalla tradizione musulmana. L’abusato confronto/scontro tra la Turchia laica e la Turchia musulmana in Ethos è utilizzato per mostrare quanto sia inadeguato leggere la Turchia di oggi (e forse di sempre) semplicemente in questi termini. Su questa ambiguità interviene la politica dittatoriale che si appropria dei valori di una parte della società, quella meno acculturata ed aperta per imporla all’altra, senza discussioni. Non è facile capire la Sublime Porta, più facile capire i meccanismi di potere di Erdogan.

Se quindi l’assenza di un posto per la von der Leyen ha un suo perché nell’ottica maschilista dell’odierna politica turca, molto più grave è stato l’atteggiamento di Charles Michel che ha visto una signora, un politico di pari rilevanza, in piedi e non le ha ceduto il posto come ci saremmo aspettati.

Ha accettato l’oltraggio all’Europa, ad una sua rappresentante, ad una donna e non ha battuto ciglio. Forse preso alla sprovvista? In realtà a quei livelli bisognerebbe saper gestire rapidamente qualunque situazione. E allora? Le sue povere scuse, la scelta di non aggravare la situazione con un incidente pubblico, risultano raffazzonate. Ci sono stati sicuramente altri incidenti diplomatici nel passato ma questo poteva essere l’occasione per dare un segnale forte, soprattutto di rispetto per l’Istituzione per giunta declinata al femminile in un Paese in cui di diritti umani calpestati ci sono testimonianze inequivocabili. E se i ruoli fossero stati diversi? Se ad essere senza poltrona fosse stato il presidente del Consiglio UE cosa avrebbe fatto la nostra Ursula? Forse avrebbe ribaltato la situazione, sarebbe andata lei a prendere una sedia o avrebbe invitato qualcuno a farlo, risolvendo, come qualunque donna sa fare, un momento di imbarazzo tra ospiti. Se Protocollo è politica, mi soffermerei di più su quanto la politica da noi debba ancora fare perché davvero non ci siano differenze di genere. E se non lo capiscono i politici, come spiegarlo agli uomini che abbiamo al nostro fianco?