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Napoli e lo scudetto, intervista a Maurizio De Giovanni

by Pietro Spirito
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Festeggeremo ancora, almeno sino al 4 giugno. Cosa resterà di questo terzo scudetto?

Di questo scudetto resterà quello che è rimasto degli altri due, cioè la consapevolezza da parte della città di poter vincere e la bellezza di una festa meravigliosa. Che era in attesa, ma che arriva correttamente all’interno di un processo di crescita della squadra che ha realizzato quattro secondi posti e tre terzi posti in dieci anni. Quindi nulla di meno che l’affermazione di una squadra che è già nell’élite del calcio italiano.

Avrai vissuto la città delle due prime vittorie. Quali sono le analogie e le differenze?

C’è una differenza fondamentale fra le due città, quella della fine degli anni ’80 e quella di oggi. Quella della fine degli anni ’80 era una città in ginocchio per il post terremoto, che era diventato un finanziamento alla criminalità organizzata per il passaggio dal contrabbando di sigarette della vecchia epoca, sostanzialmente innocuo, a quello della droga e delle grandi piazze di spaccio e a una ricostruzione che non era mai avvenuta, che non era mai stata completata. Il calcio fu una esemplificazione della possibilità di riscatto. Oggi la città è una capitale europea con delle ombre derivanti dal fatto che è una grande città del Sud del mondo, con periferie degradate e grosse problematiche, ma anche una città d’arte visitatissima con un incremento a tre cifre del turismo negli ultimi dieci anni. Quindi io credo che la differenza sia nelle due città e non nell’entusiasmo, non nell’euforia degli abitanti che è estrema. Diciamo che le forme di comunicazione sono anche cambiate. Sono due città profondamente diverse.

Questa squadra si ispira al gioco collettivo e non possiede il fuoriclasse che era Maradona? Si apre un ciclo o si rischia di perdere subito pezzi preziosi per strada?

E’ una formazione molto diversa, una squadra diversissima da allora. Allora era un convogliarsi di campioni attorno al miglior giocatore del mondo, di una squadra che non aveva mai vinto. Oggi è un collettivo pianificato, programmato, fatto con le idee non con i grandi investimenti, che il Napoli non può permettersi. Purtroppo non so e non penso che si possa immaginare di aprire un ciclo. Oggi come oggi il calcio europeo della Premier League ma anche il Paris Saint Germain, il Bayern, il Barcellona e il Real Madrid se vogliono prendersi un giocatore se lo vengono a prendere. E in queste condizioni è difficile, a meno che lo scouting non continui a tirare fuori conigli dal cilindro a ogni ricambio. Io mi auguro ovviamente da tifoso che sia così, credo però che il calcio italiano si organizzerà nelle sue squadre diciamo più consolidate per contrapporsi a questa crescita del Napoli; quindi, immaginiamo di no ma speriamo di si.

La città ha sfidato la scaramanzia, cominciando a festeggiare mesi prima, ed ha vinto. Secondo te perché è accaduto?

La scaramanzia è venuta meno sotto i colpi del vantaggio enorme che il Napoli aveva. Quando una squadra ha una ventina di punti in media sulle principali antagoniste allora, diciamo, è difficile mantenere la scaramanzia. Ma più in generale direi che la scaramanzia appartiene a una Napoli della generazione precedente, questi sono ragazzi più portati a essere cinici e a essere più freddamente analitici che scaramantici come eravamo noi.

I vertici delle istituzioni campane e napoletane sono juventini. Quale lettura fai di questa casualità?

Non è più un marchio di infamia essere juventini, anzi li si prende un po’ in giro. Del resto De Luca ha sempre manifestato un sostanziale agnosticismo rispetto al calcio. Manfredi non ne capisce e si dice juventino solamente perché era l’unica squadra di serie A che aveva la maglia bianconera del Nola, ma sostanzialmente è uno che si disinteressa del calcio. A questo corrisponde un disinteresse civile nei confronti delle Istituzioni, non si guarda alle Istituzioni come a una guida intellettuale, quindi anche il fatto che faccia il tifo per la Juventus lascia fredda la maggior parte del popolo azzurro.

Abbiamo scoperto che in Campania esistono sacche di tifo anti-napoletano. Te lo aspettavi? Ci saranno strascichi per quello che è accaduto?

Abbiamo purtroppo rilevato come il Napoli e i tifosi napoletani siano malvisti dovunque, sia a Sud che a Nord. A Nord perché sono l’emblema di un Sud che loro ritengono sempre di più, e con l’affermarsi della Lega anche in maniera politica, un peso per la Nazione. Al Sud perché Napoli viene riconosciuta come una capitale e una realtà metropolitana sostanzialmente molto diversa e molto lontana dalle altre realtà urbane e dalle realtà interne. Quindi purtroppo Napoli è malvista dovunque. Credo che sia una perdita, una perdita di dimensione, una perdita di forza per tutto il Sud che invece dovrebbe trovare nell’aggregazione il suo riscatto. Ci saranno strascichi? Penso di si, penso che rimarrà il tifo e soprattutto l’appartenenza e una fortissima spinta. Il campanile in Italia è qualcosa di molto forte e di molto radicato, credo che ci sarà purtroppo una frattura che tarderà a ricomporsi.