Foto di Augusto De Luca
Città sempre imprevedibile, Napoli, nei dolori e nelle gioie. Di recente è stato il dolore a prevalere, con la tragica morte della turista padovana, venuta in città per assaporare le sue bellezze e le sue gioie.
Città come tante, si dirà. No, Napoli non è come le altre nel suo modo di essere, nel suo vivere quotidiano, nei suoi problemi, nelle sue bellezze, nei suoi dolori. Città bellissima, espressione costantemente ripetuta e, forse, questo è il tratto che più la caratterizza e la rende unica: amata in tutto il mondo. Il suo stereotipo ha fatto nel tempo il resto: il panorama, la canzone classica, la pizza, le immagini antiche delle navi zeppe di migranti. Sono stati negli anni la sua unicità ma anche la sua condanna a rimanere nel tempo immobile, uguale a sé stessa.
Negli ultimi decenni segnali di innovazione e modernizzazione sono stati importanti, segnali anch’essi caratterizzati da bellezze progettuali ed architettoniche: le nuove metropolitane e le relative stazioni hanno girato il mondo, ricevuto riconoscimenti e premi.
Ora anche dal punto di vista politico istituzionale è al centro dell’attenzione. L’Europa sembra averla riscoperta. Il turismo tira, ormai si è stabilizzato su alti livelli. Il tragico di oggi non ha scalfito la sua fama, anzi, le parole tristi e addolorate ma anche pacate e dolci della famiglia della vittima padovana hanno confermato che Napoli è città che si lascia amare, che i suoi abitanti sono ospitali, tolleranti. Città di mare ha consolidato nel tempo l’attenzione verso il diverso, l’altro e verso l’ospitalità: il mare forgia alla generosità. Per questo la linea Salvini sui respingimenti può al massimo allignare solo nelle profonde valli del Nord, attraversate dagli eserciti nordici che hanno razziato, ucciso, distrutto, creando da quelle parti diffidenza, spigolature, chiusure. Napoli non potrà mai essere come una città del Nord: è invece “mille colori” e “mille culture”. Si viene a Napoli e la si guarda dai suoi punti tradizionali di osservazione panoramica (arricchiti ora dall’accesso al Monte Echia) e la si riscopre splendida, in una bella giornata di sole non afoso. Una città che è stata, ancora di recente, frequentata dai più grandi nomi dell’architettura mondiale che le hanno regalato capolavori architettonici, inverando il suo splendore.
Napoli conserva il suo disordine, tratto radicato nella sua millenaria storia e incancellabile, perderebbe la sua anima, la sua imprevedibilità. Non è città tedesca e non potrà mai esserlo. Centro e periferia, luoghi belli e meno belli vivono e prolificano di quest’anima indefinita e sfuggente, non imbrigliabile.
Si potrebbe invadere i luoghi della periferia di tale luce brillante, di tale splendore fisico e paesaggistico?
Periferia grigia nella quale spicca la generosità di un associazionismo plurale, volontario, costante, che cura l’animo e i luoghi fisici, che però non basta per estendere la bellezza panoramica. La cura deve essere massiccia, costante, frutto di un patto generoso tra diversi per dare continuità ad un’azione di governo in cui la priorità è data dall’estirpazione dei mali di luoghi urbani costruiti male e senz’anima e senza riprodurvi la bellezza smisurata del cuore della città.
“Portare il mare a Scampia”: espressione usata in passato e dissepolta di recente; se non il mare, la serenità di un complesso di attrezzature e di servizi di qualità (ben oltre le sedi universitarie) utili, soprattutto efficienti e completi, punti di produzione di beni e servizi per offrire occasioni di lavoro di alta qualificazione ma anche di ordinario “saper fare”.
Non potrà mai essere nordica, tedesca, Napoli, ma ricca dei colori anche nella sua periferia che smette il triste grigio dell’anonimato.