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Papà ti sta aspettando fuori

by Giulio Espero
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Per tutti gli appassionati e per tutti i detrattori, ieri sera sono andati in onda su Sky il primo ed il secondo episodio della quarta serie di Gomorra.

Si parte da dove si era finito. Dalla morte di Ciro Di Marzio, l’immortale, per mano dell’amico/nemico Gennaro Savastano, figlio del patriarca storico di Secondigliano don Pietro Savastano, ucciso a sua volta proprio da Ciro in una serie precedente.

Anzi no, il primo episodio, che a questo punto diventa un vero e proprio prologo del nuovo plot narrativo, si apre con una vicenda apparentemente estranea ai protagonisti storici della serie. Siamo in un paese dell’entroterra di Napoli Nord, dove un giovane ed amato sindaco neoeletto, il nuovo che avanza, sta prendendo il caffè al bar della piazza di prima mattina. Un uomo al volante di una potente auto lo sta aspettando fuori. “Papà ti sta aspettando fuori”, dice in maniera inequivocabile. Lo carica in auto e lo porta da papà. Papà e don Gerlando Levante, potentissimo boss della camorra arcaica e contadina della provincia napoletana, lontano parente dei Savastano, addirittura legato alla cupola mafiosa siciliana, si capirà poi.

L’arrivo alla tenuta del vecchio boss è uno di quegli aspetti che ci fanno apprezzare tanto la serie. La villa, al tempo stesso maestosa e decadente, di dimensioni ragguardevoli, ha la facciata completamente usurata dal tempo. Tutto attorno, campi coltivati. Al piano terra, sul retro, un uomo anziano ma non troppo, vestito in maniera plebea e dimessa, sta dando da mangiare agli uccellini. La stanza è piena di bestioline in gabbia.

Campagna non bucolica, nessun paesaggio da ammirare, ovunque tracce invadenti dell’urbanizzazione selvaggia che ha colpito le nostre terre. Finestre del più becero alluminio, nessuno sfarzo, abiti da supermercato dell’Europa dell’est. È anche l’accurata ricerca di queste location volutamente non cinematografiche, così poco ad effetto, ma al tempo stesso così credibili e aderenti al vero, perlomeno per noi che in queste zone ci siamo nati e ci viviamo, che caratterizza Gomorra come una fiction televisiva che viaggia su un livello diverso rispetto alla produzione media nazionale.

Ma torniamo alla storia. A Secondigliano, anzi alle Vele. Torniamo appunto alla morte shock che aveva caratterizzato il finale della terza stagione. Il mattino dopo, ancora sconvolto dal sacrificio di Ciro, Genny ritorna sul luogo dove il suo mentore per la prima volta gli aveva insegnato ad uccidere ed è proprio lì che, memore dell’invito ad occuparsi della sua famiglia e di non farsi guidare dalla brama di potere, decide di porre fine a questa guerra.

Senza entrare troppo nei dettagli, Genny, ormai diventato lui immortale, con l’aiuto e la garanzia offerta dallo zio Levante, riesce ad ottenere una pax, seppure forzata, tra i clan del centro storico, i confederati e la sua compagine di Secondigliano, lasciata nelle fidate mani di Patrizia, e, diciamo così, si tira fuori dal mercato della droga, per dedicarsi ad altro.

Questo altro, lo scopriremo nel secondo episodio, ambientato un anno dopo. Genny si è effettivamente lasciato alle spalle il suo ruolo di boss della malavita per dedicarsi alla famiglia e ad un nuovo progetto, quello di realizzare il più grande aeroporto della Campania. Per fare questo si trova dei partner esperti e soliti lavorare in modo pulito e legale, e decide di acquistare tutti i terreni che gli servono senza alcun tipo di estorsione o ricatto, ma semplicemente pagando bene gli ex proprietari. Da qui dovrebbe partire la storia della ripulitura dei Savastano, che vogliono entrare nel mondo degli affari per bene. Ma il passato è un fardello che non si può evitare. Il futuro si porta dietro un destino pesante. La Tyche è in agguato.

Passato, presente e futuro, sono i temi costantemente raffigurati in Gomorra la serie. Nella struttura temporale ovviamente, ma soprattutto nella rappresentazione dei personaggi. L’evoluzione di Gennaro Savastano in tal senso è emblematica. Se nelle scorse stagioni Ciro Di Marzio è stato il personaggio più tragico in assoluto, soprattutto quello più consapevole dell’inevitabilità del proprio tragico destino, adesso è Gennaro ad ereditare tutto il peso delle azioni fatte. Non solo perché è praticamente l’unico personaggio rimasto dalla prima stagione, ma perché la sua vicenda personale, archetipica a partire dal rapporto col padre, omerica riguardo al tema amico/fratello/nemico, lo proietta definitivamente dal mondo di Secondigliano. Ma quel mondo, e questo è il punto, non esce da lui. Salvatore Esposito l’attore è ormai tutt’uno con Gennaro Savastano, con i suoi sguardi di traverso, con i suoi mugugni, con i suoi mezzi sorrisi.

La sceneggiatura, fatte salve alcune sbavature ed alcune forzature che avevamo già notato nelle altre serie, come l’esagerazione stucchevole nell’usare frasi “filosofiche ad effetto”, restituisce con efficacia il personaggio di Genny come vittima e carnefice. Perché è lui a disegnare il mondo che vuole, ma lo fa ad immagine e somiglianza del mondo che ha sempre e soltanto conosciuto. Genny è un cattivo, lo disegnano così perché è colpevolmente cattivo ma anche perché tutti vogliono che lo sia.

Aldilà delle questioni di gusto, fatichiamo a capire le critiche a Gomorra dal punto di vista sociale.

Parliamo di un prodotto di fiction di altissimo livello cinematografico, scritta bene, recitata meglio, musiche accattivanti ed efficaci, e soprattutto con una regia sempre attenta ed innovativa. Invece di girare su sé stessa,come fanno altre serie italiane, Gomorra espande i propri confini e allarga le proprie indagini. Certo, lo hanno detto tanti prima di noi: rappresenta il male visto dal punto di vista del male. Ed è vero, ma pensare che la camorra, le faide, i morti ammazzati, siano frutto dello spirito di emulazione della serie e non viceversa, ci lascia veramente interdetti.

Chi si sente offeso dai toni crudi e dal linguaggio osceno usati nella serie, provi a guardare la straordinaria parodia che ne fa The Jackal, piena di epiteti come monello e scostumato e ne capirà l’intrinseca necessità.

E comunque per chi proprio non ce la fa, c’è sempre Don Matteo su RAI UNO.