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Per Milano un 2021 di nebbia

by Luca Rampazzo
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La nebbia, a Milano, non è così frequente come si potrebbe pensare. Certo, c’è e già questo colpisce chi non è abituato al fenomeno. Ma è molto meno comune del narrato. Così, per descrivere un anno che nessun Milanese si aspetta, sfatiamo un mito: no, la nebbia non è la condizione normale qui. È un simbolo di ignoto, di pericolo e di inatteso. E questo appare un abito tagliato su misura per il 2021. Un passo indietro, per tracciare il quadro della situazione.

Nel 2021 devono accadere tre grandi fatti: finisce il coronavirus, si spera, grazie al vaccino. La città riparte con la rimozione dei divieti connessi alla pandemia. Si spera. Si voterà per il Sindaco, operazione che disegnerà la città per almeno un decennio, perché come uscire dalla crisi sarà vitale per disegnare quale città vivremo nel 2030. Si spera. Come i più arguti tra voi avranno colto, non c’è mezza certezza. E questo per Milano non è affatto normale. Anche durante gli scandali, e molti ve ne sono stati, che hanno funestato la città nelle strade, riferiscono i testimoni, si respirava sempre un’aria di scopo. Poteva andare tutto male, ma la direzione in cui rotolava il disastro non era in discussione.

Oggi, invece, è proprio qui il punto: non sappiamo dove stiamo andando. Diventeremo una città interamente turistica, verde, senza auto (come vuole il comune entro il 2030)? Oppure tenteremo di tornare all’edonismo macchiettistico del cumenda, tutto spritz e fatturato? Il Covid forgerà una diversa umanità o passata la paura torneremo a celebrare la nostra vecchia indole di città da bere? Queste domande non erano mai state così sentite. Pensateci un attimo, fu uno shock quando vinse Pisapia. Era sostenuto dai No Expo. L’Expo ovviamente si fece. Nessuno se ne sorprese e non rimasero acredini. A Milano potevi opporti a tutto, ma non al futuro.

È solo un esempio, per carità. Ma rende più evidente la voragine che c’è in una città a cui il Covid ha portato via proprio la sicurezza in se stessa. Una città che si è così abituata allo straordinario da avere paura dell’ordinaria amministrazione. Il tema che tiene banco su Instagram di Sala è il sale in strada. È tutto così miserabile quando lo paragoniamo a quando ci si combatteva sui grattacieli, su Expo o persino sui nuovi Navigli con acqua e pesci in abbondanza. E allora cosa possiamo trarre da questo quadro come lezione? Milano è entrata nella scighera, nella nebbia, e non si sa se ne uscirà. Ecco, questo è il punto: stavolta potremmo non farcela.

Potrebbe, dietro l’angolo, esserci un crollo del mercato immobiliare, ucciso da smart working e università sempre più virtuali. Questo innescherebbe una svalutazione complessiva del patrimonio immobiliare ed una sofferenza bancaria. E da lì si entra in terra incognita. Il Comune sta provando a scongiurare il rischio restringendo le maglie della riqualificazione urbana. Ma è un pannicello caldo. Il problema è interiore.

Un Milanese pronto alla resa dopo nove mesi così, non è un vero Milanese. La frase è apodittica, lo so, ma è anche vera. Milano può reggere tutto, ma non la scomparsa dell’archetipo del suo cittadino. Nato regolarmente altrove, ma pronto ad assumere i valori civili e borghesi della città d’adozione. Se scompare questo tipo umano, la città lo segue. Se questo tipo umano risorge, di fronte alle difficoltà presenti, la città uscirà dalle nebbie rafforzata e determinata. Questo è il bivio del 2021 sotto la Madonnina. Un bivio che, penso, non lasci col fiato sospeso solo noi, chiamati come cittadini a fare la nostra parte.