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“Permette? Alberto Sordi”. Un’occasione sprecata

by Vincenzo Pepe
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Alberto Sordi

Alberto Sordi e il suo periodo giovanile. Precisamente quello che va dal 1937 al 1953, ovvero un ‘Albertone Nazionale’ nei suoi inizi difficili, complicati, e la sua grandissima voglia di emergere sul grande schermo, di essere un grande attore. ‘Permette? Alberto Sordi’. Questo è il titolo che è stato scelto da coloro che hanno scritto la sceneggiatura del film biografico uscito prima nelle sale cinematografiche, ed esclusivamente per soli tre giorni, nel mese di febbraio, per poi approdare in televisione il 24 marzo su Rai1.

A dirigerlo è il regista Luca Manfredi, figlio di un’altra icona del cinema italiano: Nino Manfredi. Lo stesso Luca ha sviluppato la sceneggiatura insieme a Dido Castelli e con l’interprete che lo ha impersonato, Edoardo Pesce. Oltre a lui il cast è composto da Federico Foti, nei panni di Vittorio De Sica. Ad interpretare l’amico e coetaneo Federico Fellini, ci ha pensato Alberto Paradossi. Aldo Fabrizi, invece, ha avuto il volto di Lillo Petrolo, e Giampiero Ingrassia nel ruolo di Mauro Zambuto, il doppiatore di Stanlio.

Lo scopo, dunque, era quello di mostrare un inedito ritratto attraverso la sua vita privata. Missione non solo ambiziosa ma anche ardua, al tempo stesso. Difatti nonostante lo sviluppo della trama sia veloce, con dialoghi non troppo superficiali e non troppo pesanti, sorretti da un’ironia anche logica e spontanea, per il semplice motivo che quando si parla di Alberto Sordi non lo si può fare con toni tristi e drammatici, il film non riesce purtroppo ad essere convincente nella sua totalità e per due ordini di ragioni.

La prima è quella relativa proprio all’interpretazione che lo stesso Edoardo Pesce ha realizzato: ci mostra un Sordi, purtroppo, già visto, già conosciuto attraverso le pellicole ed interviste che ha fatto ed ha rilasciato. Nessun distacco, dunque, tra l’uomo nella vita privata ed il personaggio o semmai i personaggi che lo stesso attore creò su di sé. Edoardo Pesce, in alcuni momenti dunque, più che impersonarlo, cercando di far scoprire nuovi lati del carattere mai conosciuti, si limita semplicemente ad imitarlo.

La seconda ragione, invece, riguarda la durata del lungometraggio: 108 minuti. È vero che si tratta pur sempre di una trama che si permea sul lasso temporale indicato all’inizio di questo articolo, ma forse la lunghezza proposta poteva essere meglio sfruttata; semmai allungata ulteriormente proprio per approfondire alcuni eventi, soprattutto cruciali nella vita di Alberto Sordi, e sia per approfondire la sua stessa persona. Come per esempio mettere in evidenza la sua religiosità e la sua passione per gli Stati Uniti d’America. Particolari nemmeno sfiorati nella trama, indicando quindi, una grave mancanza di coloro che hanno impostato la storia.

Certo, si potrebbe anche affermare che, dopo queste evidenti negatività, la visione del film non stanca grazie, come abbiamo specificato in precedenza, all’ironia e alle scene veloci e comunque ben recitate dagli altri membri del cast. La sensazione è che forse si è voluto raccontare i suoi anni giovanili ricalcando quasi lo stile dei film nei quali aveva preso parte, perdendo così una grossa occasione di mostrare e di presentare, proprio con quel ‘Permette’, il vero Alberto Sordi che di sicuro meritava di più. Il meritare di più non è riconducibile ad un classico discorso retorico in favore di Alberto Sordi; ma perché riduttivo per un attore che non solo ha attraversato quasi 70 anni di storia del nostro Paese, ma che è stato capace di cogliere e di rappresentare, attraverso i suoi personaggi, prima radiofonici, qualche volta televisivi, ma soprattutto cinematografici, i vizi e virtù dell’italiano medio per poi mostrarli con il sorriso.