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Presto visitabile a Pompei la Casa del Tìaso Dionisiaco

Nel frattempo Giuli si precipita

by Federico L.I. FEDERICO
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Il Comunicato Stampa del Parco Archeologico tradiva toni un po’ trionfalistici. Ecco il suo incipit: “A più di 100 anni dalla scoperta della villa dei Misteri, un nuovo grande affresco getta luce sui misteri di Dioniso nel mondo classico. In una grande sala per banchetti, scavata in queste settimane nell’area centrale di Pompei, nell’insula 10 della Regio IX, è emerso un fregio a dimensioni quasi reali, ovvero una “megalografia” (dal greco “dipinto grande” – ciclo di pitture a grandi figure), che gira intorno a tre lati dell’ambiente; il quarto era aperto sul giardino.”

Non a caso il Ministro della Cultura Giuli si era precipitato a Pompei, preannunciando un finanziamento straordinario di ulteriori trentatré Milioni di Euro al Parco di Pompei per le attività di Scavo e Restauri archeologici. Ma – come per dannazione, consolidata in occasione delle visite del precedente Ministro Sangiuliano – Pompei accoglieva Giuli con un tempo pessimo, freddo e piovoso, che la pausa “caffè” al bar Ristorante della Casina dell’Aquila contribuiva a rendere meno insopportabile per i numerosi giornalisti accorsi a Pompei da Napoli e da tutta la Campania, oltre i romani venuti già al seguito delle auto blu.

Ricompostosi sotto la pioggia il gruppo variegato di giornalisti, politici e agenti di scorta a Giuli, la visita alla Domus in corso di Scavo nella Regio IX, la cosiddetta Casa del Tìaso, ubicata alle spalle della Casina dell’Aquila e non lontana da essa, si svolse con rapida e scorrevole efficacia perché sia il Direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, che il Ministro Giuli, contennero in tempi accettabili i propri interventi.

Entrambi, ovviamente con angolature diverse, parlarono dei risultati straordinari dei lavori in corso e delle grandi prospettive che essi preannunciavano, fino al punto da incoraggiare la istituzione di una Scuola “pompeiana” di Archeologia e Restauro a Pompei, divenuta di nuovo “capitale” culturale dell’archeologia. Sarebbe veramente un enorme segnale di definitiva rinascita per Pompei e tutta l’area della archeologia Vesuviana, con la sua specifica e inarrivabile straordinarietà.

La visita si concluse con la mirabile visione della megalografia dionisiaca, ma consentì anche a tutti i presenti di apprezzare sia i ritrovamenti ultimi, in ordine di tempo, che quelli avutisi in tempi risalenti all’Ottocento, se non addirittura prima.

Di tali interventi di scavo precedenti – spesso ridotti a una prassi di mera estraniazione delle parti decorate, o dipinte, dal contesto architettonico scavato – non seguiti al momento dello scavo dai necessari lavori di restauro, oggi si colgono i pessimi risultati, anche se storicizzatosi per il tempo trascorso.

E, nel caso della Domus del Tìaso – che è la rappresentazione in grande scala di una cerimonia orgiastica dionisiaca che si dipana in un affresco megalografico ininterrotto su tre pareti – si possono cogliere anche i risultati nefasti dell’abbandono ultrasecolare dei luoghi, riscoperti negli ultimi mesi grazie ai lavori di ri-scavo e scavo archeologico ben condotti dai protagonisti, i cui nomi e ruoli, numerosi, non riportiamo soltanto perché essi sono riportati nel Comunicato Stampa e opportunamente leggibili sui cartelli del cantiere.

Aggiungiamo però che gli stessi luoghi, in epoche molto risalenti, furono già cantieri di scavo. Successivamente poi essi furono affidati a contadini locali, divenuti poi fittavoli del Demanio Statale. Tali fittavoli, divenuti concessionari del Demanio Statale, provvidero nel corso degli anni a ricolmare, spesso abusivamente, i grandi “fossi” di scavo (nb: veri e propri crateri a cielo aperto) in cui erano visibili pareti, colonne e resti di tetti crollati, muti e drammatici testimoni della eruzione vesuviana.

E quei contadini concessionari, ovviamente, ricolmavano tali profondi “crateri” per aumentare in superficie le aree agricole coltivabili in un mutuo e produttivo comparaggio con coloro che li avrebbero dovuto “controllare”.

Non a caso, lo storico della Pompei moderna Ludovico Pepe scrive nel proprio libro “GLI SCAVI DI POMPEI NOTIZIE TRATTE DAI DOCUMENTI ORIGINALI”, pubblicato nell’anno 1887 dalla Tipografia Editrice dell’Avv. Bartolo Longo in Valle di Pompei, queste parole: “…si possa esser certi e ritenere che in tutti i tempi furon fatti scavi a Pompei, per cause e bisogni diversi, specialmente in occasione di plantaggioni di alberi o viti e di altri lavori agricoli.”

Uno scempio, come i tanti scempi che hanno offeso Pompei e distrutto i suoi tesori, interrati e non, per quasi due millenni, a partire dall’eruzione pliniana del 79 d.C.

Insomma – sia chiaro, una volta per tutte, a tutti – che Pompei è stata per secoli la cava di prestito (e di rapina) di coloro che operavano nei luoghi o si recavano sui luoghi per recuperare materiale di valore, scavando a cielo aperto o anche pericolosi cunicoli di penetrazione negli strati eruttivi, che spesso, franando, seppellivano i predatori.

La megalografia della Casa del Tìaso è il prodotto finale di una storia complessa e non sempre edificante che, una volta tanto, si conclude con un buon finale.

A tutti i protagonisti va il nostro grazie.