Aldo Schiavone, con il suo libro “Sinistra! Un manifesto” (Einaudi, 2023), apre un territorio di riflessione del tutto nuovo, spezzando completamente le radici del pensiero della sinistra dalle eredità del Novecento. Negli ultimi decenni, le operazioni di analisi sulle fratture ideologiche dei tempi recenti hanno sempre tentato di operare cuciture, raccontando i segni di continuità. A furia di far finta che nulla era cambiato, quello che poi è cambiata è la sostanza della politica, divenuta incapace di parlare ai cuori e alle teste dei cittadini.
L’ultima parte del ventesimo secolo ha rappresentato invece per l’Occidente una rottura ed una trasformazione che hanno prodotto un salto d’epoca tanto improvviso e veloce quale mai la storia dell’umanità aveva conosciuto. Il disincanto e lo stupore hanno visto ammainare le vecchie bandiere, lise dal tempo e dai valori che intanto si affermavano in tutt’altra dimensione. Nel passaggio di secolo è stato promosso un gattopardismo che ha contribuito solo al logoramento delle passioni.
Due pilastri hanno fatto esplodere tutte le contraddizioni che hanno destabilizzato il pensiero politico tradizionale: la più grande rivoluzione tecnologica nella storia dell’umanità ed il crollo inaspettato dell’Unione Sovietica, due elementi che probabilmente hanno anche un rapporto di causa ed effetto finora non adeguatamente indagato.
Il pensiero dialettico della sinistra è entrato in crisi perché è venuta meno la cooperazione antagonista tra capitale e lavoro. Sono venute meno le due classi che si sono confrontate nel grande scenario del Novecento: da un lato la borghesia delle imprese e delle professioni e dall’altro la classe operaia concentrata nelle grandi fabbriche. L’asse intorno a cui ruotava l’intero impianto del comunismo e del socialismo era il lavoro, un lavoro umano produttore di ricchezza materiale.
Con l’età del lavoro è finita l’età della lotta di classe, che era connessa ad un modello di produzione e ad un modo di strutturarsi delle società occidentali. Ora, se la sinistra vuole rinascere e strutturarsi, deve sapersi trasformare e saltare oltre la propria ombra, senza rimpianti e con la testa lucida.
I nuovi lavori che si stanno sostituendo in Occidente non possono né potranno mai avere la stessa funzione e la stessa articolazione che ha caratterizzato il secolo passato. Oggi i lavori sono granulari, individualizzati, competitivi, a legami deboli e fluidi.
Qui viene la proposta drastica di Aldo Schiavone. Occorre staccare definitivamente l’idea della sinistra da qualunque riferimento al socialismo, con la quale ogni politica progressista si era più o meno identificata sin dalla nascita. Si tratta ormai di una idea che ha il sapore arcaico del ferro, del vapore e del carbone. Occorre invece ricongiungere la sinistra a una nuova eguaglianza senza passare dall’idea di lavoro (e di socialismo).
La lotta alle diseguaglianze che emergono, e che anzi si sono acuite nei tempi recenti, è il terreno fertile per la rinascita della sinistra, secondo coordinate che debbono completamente staccarsi dai fantasmi del passato, perché le vecchie categorie del passato non aiutano per nulla a comprendere quello che sta accadendo attorno a noi.
L’idea fondante della sinistra deve essere quella della emancipazione dell’umano, di tutto l’umano, non il socialismo, che è stato solo un mezzo per tentare di raggiungere quell’obiettivo in una determinata fase storica che ormai è cessata del tutto per effetto della rivoluzione tecnologica e della riorganizzazione del capitale.
Bisogna poi fare i conti con i nuovi perimetri della sovranità. Il baricentro dagli Stati nazionali si è spostato in Europa verso l’Unione, rispetto alla quale esprimiamo oggi soltanto stupore o assenza. Le scelte più importanti continuano a sfuggire allo sguardo dei cittadini – dei cittadini dei singoli Stati – e rimangono opache e lontane. Come se venissero da mondi fatti di nebbia: o dai labirinti dei palazzi di Bruxelles, o dai gangli tecno-finanziari globali dei poteri delocalizzati globali.
La sovranità della politica potrà essere restituita non altrimenti che come sovranità di una cittadinanza almeno europea. E’ dentro questa sfera allargata di un perimetro sovranazionale che può nascere un nuovo pensiero della sinistra contemporanea. In qualche modo, dico io, serve una Quinta Internazionale, di natura completamente differente dalle precedenti quattro che sono appartenute alla storia del Novecento. Aldo Schiavone parla della necessità di una Costituente per la sinistra in Europa.
La lunga ondata di antipolitica che ha attraversato l’Occidente dentro la crisi dei partiti novecenteschi è stata in primo luogo una risposta ad una condizione generalizzata di minorità e di sofferenza. In mancanza di un orizzonte definito dalla sinistra, sono cominciate le scorciatoie del populismo senza pensiero e senza competenza. Il popolo ha cercato – procedendo a tentoni – brandelli di speranze ai quali aggrapparsi.
Dentro questo trauma, l’Italia è oggi un Paese che annaspa, un insieme fragile, di frontiera, incompleto e sospeso. La sinistra ha perduto contatto e sintonia, mentre i cittadini le stanno provando tutte per salvarsi: la Lega, il Movimento Cinque Stelle, ora anche Fratelli d’Italia, per finire con la drammatica crescita del non voto: una deriva che ha in sé qualcosa di disperato.
La situazione è tale per cui c’è bisogno di una autentica rivoluzione nell’etica pubblica e nell’intelligenza della sinistra, che riesca a coinvolgere il popolo nella sua interezza. Riportare i cittadini alla politica – e i giovani in particolare – è il primo compito di una sinistra che vuole rimettersi in marcia.
Siamo oggi di fronte ad uno spostamento del livello di contraddizione dal piano dei rapporti di forza economici – come accadeva per la classe operaia nel corso del Novecento – a quello dell’etica e della politica. La rivoluzione tecnologica può essere una chiave interpretativa che deve essere decodificata dalla politica, per non lasciarla alla anomia che oggi l’ha invece consegnata al capitale.
Più la tecnica diventa potente, sia pure sempre all’interno di rapporti capitalistici, maggiore risulta la sua forza penetrante trasformatrice, più rende sicure e stabili le condizioni materiali delle nostre vite, tanto più essa consente alle nostre menti di sentirsi meno dipendenti da costrizioni oggettive, e di allargare le proprie vedute fino a renderle universali.
Insomma, Aldo Schiavone ci costringe a rimettere in movimento in neuroni. La lunga fase del sonno della ragione ha generato i mostri che vediamo. Ora è il tempo di rimettersi in moto, dentro il ventunesimo secolo. Con il coraggio dei pensieri nuovi, senza dimenticare ma senza nemmeno restare impagliati ed impigriti dentro gli schemi della sinistra novecentesca.