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Il franco delle colonie e l’immigrazione in Italia

by Giulio Espero
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La polemica tra il nostro Governo e quello francese è in corso e non è chiaro come evolverà. Se si tratta di una questione meramente elettorale, allora è poca cosa e non vale la pena di perderci il sonno. Se invece è un tentativo, in ottica geopolitica, di difendere interessi nazionali italiani merita maggiore attenzione.

Una delle questioni sollevate a presunta riprova della politica colonialista della Francia, che impedirebbe lo sviluppo dei Paesi africani aggravando il fenomeno dell’immigrazione in Italia, è quella del franco della Comunità francese d’Africa.

Di Maio ha infatti dichiarato: “Se chi porta avanti politiche economiche in Africa che impediscono lo sviluppo di decine di Stati poi interviene sulle morti in mare e dà la colpa all’Italia questa è retorica. Se ci sono morti in mare dobbiamo evitarle, ma se degli Stati europei vogliono solo parlare degli effetti delle migrazioni, continuando a influenzare quelle economie e impedendo lo sviluppo, a me non sta bene … E’ mio dovere chiedere che l’Ue si occupi di questo problema e avvii la decolonizzazione dell’Africa…”, con esplicito riferimento ai cugini d’oltralpe.

Si sostiene che la Francia, attraverso il franco Cfa, operi uno stringente controllo di stampo neocoloniale su circa quattordici paesi africani, privandoli di una politica monetaria autonoma.

Proviamo a vedere come stanno le cose. Che la Francia sia stata una potenza coloniale e imperialista è fuor di dubbio. Ancora alla fine degli anni ’30, il suo impero misurava 12,5 milioni di kmq. Dopo la Seconda Guerra mondiale, gli Stati Uniti la costrinsero rinunciare a gran parte dei suoi domini.

In Africa, dopo la tragedia della guerra d’Algeria, mai elaborata, ha conservato una sfera d’influenza più o meno corrispondente alle sue antiche colonie, con tanto di connessi interessi strategici e privilegi industriali (per tutti, l’uranio del Niger).

In questo quadro, la Francia creò nel 1945 il franco Cfa (in origine franco delle Colonie francesi). Nel 1958 si sdoppiò in franco della Comunità francese d’Africa, utilizzato dai Paesi dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo) e in franco della Cooperazione finanziaria dell’Africa centrale, per quelli della Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad).

Le due valute hanno diversi Istituti centrali di emissione e non sono intercambiabili. Lo sono però entrambe con l’euro, a cambio fisso, con la garanzia del Tesoro francese, presso il quale esiste un fondo comune di riserva. Un deposito pari al 50% delle riserve di cambio dei Paesi africani aderenti.

Certamente il franco Cfa rafforza il legame tra Parigi e l’Africa centro occidentale. Certamente rappresenta un vantaggio per la Francia, soprattutto in relazione allo sfruttamento delle materie prime. Certamente rafforza la stabilità politica dell’area. Certamente l’Africa è oppressa dalle politiche neocoloniali di svariati Paesi, tra cui anche la Francia.

Altrettanto certamente non esiste alcun rapporto diretto con l’immigrazione clandestina in Italia.

La Francia non è l’infido nemico dell’Italia, che pure ha il suo passato di potenza (piccola) coloniale e il suo presente di interessi strategici (ENI).

È pur vero che un’onesta e seria riflessione geopolitica su quella che molti analisti chiamano la Francafrique appare legittima ed opportuna, anzi doverosa. Già in passato il governo transalpino è stato fortemente criticato, dagli stessi francesi in primis, per quella vasta zona d’ombra che contraddistingue le relazioni quantomeno poco equilibrate fra Parigi e tante cancellerie africane.

Ma quella in corso sembra piuttosto una crisi strategica, studiata a tavolino. La campagna elettorale per le europee entra in una fase bollente, bellicosa. Restano in secondo piano le reali preoccupazioni economiche, appena scalfite dagli annunci della “manovra del cambiamento.

Distrazione di massa?