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2020: adolescenza e Covid

by Anna Malinconico
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adolescenza

L’Autrice è sociologa esperta di inclusione e comunicazione istituzionale.

Se c’è un peccato originale nella costruzione della coscienza storica, è quello di non alimentare il ricordo attraverso la narrazione. In assenza di narrazione, il ricordo non diventa memoria, e chi non ha memoria cresce senza storia.

L’adolescenza, quella fascia di età che in maniera ampia include le ragazze ed i ragazzi dai 15 ai 18 anni, è il tempo della sedimentazione dell’io sociale, del confronto/scontro; della sperimentazione personale nell’agire collettivo, oltre le famiglie. E’ il momento in cui si inizia a raccogliere quanto seminato ed introiettato nell’infanzia, ma è anche il momento in cui i luoghi comuni, il vissuto dagli altri, può essere visto, emulato, interpretato, allontanato da sé. Questi sono gli anni in cui il gruppo, i compagni di classe, gli insegnanti, i coach, gli allenatori, ma anche “le cattive amicizie”, entrano prepotentemente nella sfera personale di ciascuno e diventano modelli di ispirazione o da cui differenziarsi. Questo è il tempo in cui la storia personale assume una identità collettiva, in cui emergono passioni, attitudini, talenti. L’adolescenza è il tempo della parola: ogni cosa è fatta e pensata, grazie alle parole. La parola “informa,” cioè dà la forma. Scegliere sempre le parole da dire è importante, e si impara crescendo. In questo lungo periodo di clausura forzata, i ragazzi sono stati privati all’improvviso della loro socialità. Sono stati fisicamente allontanati dagli amici, dai compagni, dalla scuola, dalla strada, dai nuovi amori. Hanno dovuto abbandonare gli sport, gli hobbies, hanno perso i loro momenti di intimità oltre le mura domestiche, si sono visti sottratti gli spazi di libertà nei quali potevano sperimentarsi, essere trasgressivi: gli è stata negata l’adolescenza. Unico rifugio della loro socialità, è rimasta la rete. Quella rete che, per molto, è stata oggetto di preoccupazione del mondo adulto, perché considerata limitativa per lo sviluppo di relazioni sane fino ad essere considerata pericolosa, per le molte insidie nascoste. Ebbene, lo spazio ed il tempo personale di una intera generazione di adolescenti, è stata affidata proprio alla rete dagli stessi adulti che fino a qualche mese fa, ne demonizzavano l’utilizzo. Il Covid, nel corso di questo 2020, ha spazzato via in pochi mesi, una intera generazione di anziani, privando le nostre comunità, oltre che di affetti importanti, anche della memoria, dell’esperienza vissuta, della gioia del racconto ed anche della parola. Si, la parola, la protagonista della narrazione: il tempo vissuto, se non si traduce in tempo narrato, muore con chi lo ha attraversato. Se diventa parola e viene condiviso, allora assume la forma di chi lo ascolta e diventa verbo. Cosicché, la perdita di una generazione di narratori, rende i nostri adolescenti più soli ed afoni. Adulti, genitori ed educatori, hanno abdicato alla tecnologia digitale, affidando ad essa il tempo degli adolescenti 2020. La tecnologia è diventata un simulacro, da semplice strumento è diventata la porta di accesso al mondo di relazione. E’ vero, sia durante il primo lockdown che in questa seconda fase della pandemia, si sono susseguiti messaggi e comunicazioni istituzionali in maniera continua, ossessiva, generando una vera overdose informativa, ma quasi mai è venuto in mente di rivolgersi ai ragazzi ed alle ragazze in maniera diretta, chiara, inequivocabile. È come se loro non vivessero nelle vite proprie, ma fossero vissuti solo come ombra delle famiglie e della scuola. Si è parlato di scuola, a partire dai banchi, dagli spazi, sostenendo il valore della istruzione spesso in maniera scontata ed inutile. Ma a loro, ai nostri giovani, la parola, quella vera, spontanea, libera, non gliela abbiamo mai data. Non si fa così. I giovanissimi hanno idee e linguaggi, elaborano pensieri, amano essere protagonisti delle loro vite, glielo dobbiamo. Avremmo dovuto e potuto lasciare a loro il palcoscenico, senza interpretarne gusti e paure, semplicemente ascoltandoli. Abbiamo scelto di non farlo. Abbiamo, ancora una volta, perso una occasione straordinaria di incontro e conoscenza reciproca.

Ai giovani bisogna rivolgersi direttamente, bisogna chiedere ed aspettare risposte, ascoltare argomentazioni, bisogna imparare ad ascoltarne la parola. I nostri ragazzi sono una risorsa inesauribile, energia pura, ma sono anche una nostra precisa responsabilità. Sicuramente le Istituzioni e noi tutti, abbiamo amplificato questo vuoto assordante in cui sono caduti i nostri adolescenti, ed il Paese ha perso la possibilità di contribuire alla formazione di una futura classe dirigente, dimenticando di occuparsene in maniera diretta. La scuola è stata al centro di tutto il dibattito politico ed istituzionale, ma mai la scuola è stata interpretata dai ragazzi. Certo hanno cantato e suonato in rete, ma non li ricordo in veste di narratori del loro tempo. Davvero penso sia stato un errore macroscopico. Continuare a considerare la scuola chiusa perché in DAD, ha fatto male agli insegnanti, ma soprattutto a loro, ai nostri adolescenti, chiusi per ore in solitudine nelle loro camere, con un telefono o un computer, mortificati nella loro creatività ed autonomia intellettuale. Quanti insegnanti sono riusciti a soffermarsi su quello che ognuno di loro ha davvero vissuto, quanti si sono soffermati sul presente, su questo interminabile attimo, rendendoli protagonisti e consapevoli. Quanti adulti hanno ascoltato il silenzio di questi adolescenti gambizzati da un virus che non vedono? A differenza di alcuni, io credo che gli adolescenti di oggi porteranno i segni di questa pandemia molto oltre la resistenza del virus. Questo non sarà dipeso solo dalla particolare e subdola ferocia del presente, ma anche, purtroppo, dalla nostra incapacità ad averli resi protagonisti di questo pezzo fondamentale delle loro vite. Come sempre, tutto evolverà e si trasformerà. Tutto avrà una fine ed anche quest’anno è passato, ma non dobbiamo augurarci di non averne memoria, se così fosse, avremmo fermato la storia.