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ANAREAI. Acronimo impossibile. Grande futuro possibile?

by Federico L. I. Federico
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ANAREAI

Sulle colonne informatiche di questo giornale on line, Gente e Territorio, ho avuto modo di affrontare, da modesto esperto e storico del settore equestre, la sostanziale assenza di attenzione da parte del Governo verso il settore, in questa crisi sanitaria e socioeconomica da Coronavirus. Eppure, il settore equestre in Italia vanta una seria realtà e un passato che definire glorioso sarebbe riduttivo. E la sua dimensione socioeconomica, appunto, non è assolutamente trascurabile. La passione per il Cavallo è infatti trasversalmente presente su tutto il territorio nazionale. L’Italia è il primo paese al mondo per numero di razze equine, grazie anche al ruolo e alla posizione strategica, la sua centralità nel bacino Mediterraneo, per le rotte commerciali delle Repubbliche marinare, con Amalfi e Venezia a far da capofila, per le migrazioni e le invasioni che hanno visto sempre in primo piano – da protagonista o da vittima – il nostro Belpaese, in ogni epoca. E, senza indulgere in un meridionalismo di cuore e sentimento, siamo in grado di potere affermare che il settore equestre italiano ha vissuto momenti di eccellenza soprattutto nel Meridione e, in particolare, in Campania.

Intanto – detto in premessa mettendo le carte sul tavolo – la Campania è la Regione Italiana con il maggior numero di Razze equine riconosciute per Legge, quindi dotate di Registro anagrafico genealogico. Sono ben tre le Razze nazionali espresse da tre specifici ambiti bioterritoriali campani. La più antica è la razza quattrocentesca del Napolitano, che nasce ufficialmente in epoca aragonese nel bioterritorio della piana capuana e campana, assimilabile a quello della Campania Felix dei Romani. La razza settecentesca del Persano invece ha il proprio bioterritorio con epicentro nella tenuta borbonica del Real Casino di Caccia di Persano a Serre, vicino Eboli. La razza del Persano fu una delle tante imprese ben riuscite al Re don Carlos di Borbone, il futuro Carlo III. Invece, la più “moderna” delle tre razze, ma non meno gloriosa, è quella del Salernitano, che – configuratasi con una serie felice di incroci stabilmente già nell’Ottocento come razza di cavalli carrozzieri – ha regalato poi nel Novecento grandi titoli sportivi all’Ippica italiana. Insomma, si può tranquillamente affermare che in Campania – con il capoluogo regionale Napoli capofila meritoriamente – la storia del Cavallo si è dipanata insieme a quella degli uomini.

E nel settore equestre noi Campani non dobbiamo rivolgere lo sguardo molto indietro nel Tempo per rinvenire squarci inesplorati di un luminoso Passato, come purtroppo siamo spesso costretti a fare. Al contrario, recentissimamente, poco più di un mese fa, nell’Aprile scorso – quindi in piena crisi da Corona Virus, con coraggio e fiducia nel futuro – alla Campania è stato riconosciuto il dovuto spazio nella neocostituita Associazione ANAREAI. Questo acronimo impossibile da mandare a memoria risulta essere ora quello dell’Associazione Nazionale Allevatori Razze Equine e Asinine Italiane, che in Italia risultano essere ventotto, tutte riconosciute dal Ministero della Politiche Agricole Alimentari e Forestali, MIPAAF con un altro difficile acronimo.

L’ANAERAI è una Associazione apolitica di allevatori che ha come propria mission la tutela, con finalità non lucrative, del grande Patrimonio Nazionale delle Razze equine ed asinine italiane ed ha accolto nel proprio Consiglio Nazionale un giovane allevatore sorrentino, Antonino Maresca, titolare di un allevamento di una trentina di cavalli di razza Napolitano. L’Associazione si propone di promuovere ed attuare le iniziative che possono utilmente contribuire al miglioramento, alla valorizzazione, alla diffusione, alla conservazione e alla tutela delle razze riconosciute ex Lege. E questa è una condizione indispensabile per la formale adesione associativa. Noi ci auguriamo di sentire presto la voce di questi coraggiosi allevatori.