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Angololettura. La Fattoria degli Animali

by Piera De Prosperis
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La bandiera, d’ora innanzi, sarebbe stata verde soltanto. Egli aveva solo una critica, disse, da fare all’eccellente e amichevole discorso del signor Pilkington. In esso il signor Pilkington si era sempre riferito alla “Fattoria degli Animali”. Non poteva sapere, naturalmente – perché lui, Napoleon, lo annunciava ora per la prima volta – che il nome “Fattoria degli Animali” era stato abolito. Da quel momento la fattoria sarebbe ritornata “Fattoria Padronale”, quello cioè che, egli credeva, era il suo vero nome d’origine. «Signori» concluse Napoleon «ripeterò il brindisi di prima, ma in forma diversa. Riempite fino all’orlo i vostri bicchieri. Signori, ecco il mio brindisi: alla prosperità della Fattoria Padronale!» Come prima, vi furono calorosi applausi e i bicchieri vennero vuotati fino al fondo. Ma mentre gli animali di fuori fissavano la scena, sembrò loro che qualcosa di strano stesse accadendo. Che cosa c’era di mutato nei visi dei porci? Gli occhi stanchi di Berta andavano dall’uno all’altro grugno. Alcuni avevano cinque menti, altri quattro, altri tre. Ma che cos’era che sembrava dissolversi e trasformarsi? Poi, finiti gli applausi, la compagnia riprese le carte e continuò la partita interrotta, e gli animali silenziosamente si ritirarono. Ma non avevano percorso venti metri che si fermarono di botto. Un clamore di voci veniva dalla casa colonica. Si precipitarono indietro e di nuovo spiarono dalla finestra. Sì, era scoppiato un violento litigio. Vi erano grida, colpi vibrati sulla tavola, acuti sguardi di sospetto, proteste furiose. Lo scompiglio pareva esser stato provocato dal fatto che Napoleon e il signor Pilkington avevano ciascuno e simultaneamente giocato un asso di spade. Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.

E’ l’epilogo de La fattoria degli animali di George Orwell. La normalizzazione si è ormai compiuta, i maiali camminano su due zampe e si sono antropomorfizzati. Nessuno ricorda più la Rivoluzione.

Tutto finisce con una riappacificazione con gli uomini dai quali, per opportunismo e avidità, gli animali, una volta accesi rivoluzionari, non si distinguono più. Crollati tutti gli ideali della battaglia contro lo sfruttamento e la sopraffazione degli uomini, anche il comandamento con cui era iniziata la rivoluzione subirà una modifica, trasformandosi in: Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali degli altri.

La terribile favola distopica, letta oggi 25 aprile, alla luce del talvolta ripetitivo rituale della celebrazione della Liberazione dal nazifascismo, ci insegna a non abbassare mai la guardia. Mai ritenere che i valori acquisiti con la lunga lotta compiuta dai nostri padri sia un fatto acquisito. Un Napoleon è sempre alle spalle.

Durante la Rivoluzione gli animali cantavano così.

Il Vecchio Maggiore si rischiarò la gola e cominciò a cantare, e cantò abbastanza bene, e l’aria era eccitante, qualcosa fra Clementine e La Cucaracha. Le parole dicevano:

Animali d’Inghilterra, d’ogni clima e d’ogni terra, ascoltate il lieto coro: tornerà l’età dell’oro! Tosto o tardi tornerà: l’uom tiranno a terra andrà; per le bestie sol cortese sarà l’alma terra inglese. Non più anelli alle narici, non più gioghi alle cervici, e per sempre in perdizione andran frusta, morso e sprone. Sarem ricchi, sazi appieno: orzo, grano, avena, fieno, barbabietole e foraggio saran sol nostro retaggio. Più splendenti i campi e i clivi, e più puri i fonti e i rivi e più dolce l’aer sarà Quando avrem la libertà. Per quel dì noi lotteremo, per quel dì lieti morremo, vacche, paperi, galline, mille bestie, un solo fine. Animali d’Inghilterra, d’ogni clima e d’ogni terra, ascoltate il lieto coro: tornerà l’età dell’oro!

Non è Bella Ciao, ma vi è molto vicino.