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Basta Dante! Parliamo della moglie Gemma Donati

by Piera De Prosperis
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Gemma Donati

Ora basta parlare di Dante, parliamo della moglie. Fu buona moglie Gemma Donati? (1878) questo il titolo di un saggio di Imbriani e noi da questa domanda vogliamo partire per darci qualche risposta, ovviamente con gli occhi della modernità. S’ignora in quale anno morisse ed in quale nascesse ed in quale andasse a nozze. Com’era normale, alla fine del XIII sec, le donne per bene non dovevano mettersi in mostra, quanto più sparivano nell’ombra tanto meglio conservavano la loro reputazione. Pur essendo Gemma appartenente alla facoltosa e potente famiglia dei Donati che Dante frequentava (basti pensare alla Tenzone con Forese Donati), negli scritti del marito o di commentatori non compare mai. Milita per essa solo la caterva di figliuoli legittimi attribuiti al poeta, ch’egli dovrebbe aver generati tutti, prima dello ingresso di Carlo di Valois a Firenze. Chi gliene affibbia sei, chi sette. Probabilmente erano quattro o cinque, qualcuno morto in tenera età. Tenendo conto che forse aveva una quindicina d’anni meno del marito, nata intorno al 1280 e sposata alla metà degli anni ’90, quando Dante andò in esilio nel 1301, Gemma aveva 21 anni ed una piccola tribù di marmocchi da accudire. Il Boccaccio, primo biografo di Dante, parla di un matrimonio male assortito: che, da lei partitosi una volta il marito, né volle mai, dov’elle fosse, tornare, né ch’ella andasse là, dov’ei fosse. Tuttavia non sappiamo da chi abbia avuto queste notizie visto che il Trattatello in laude di Dante, pur così vicino agli eventi, non è sempre attendibile perché non abbiamo notizia delle fonti da cui Boccaccio avrebbe tratto le sue affermazioni.

L’Imbriani, poi, per screditare la figura maritale di Gemma cita molti passi della Commedia in cui il poeta si lancia in invettive contro il malcostume delle donne, in particolare le fiorentine, incapaci di tenere fede alla parola data e di comportamento discutibile. In questo si nasconderebbe il malanimo contro la moglie, forse rea di essersi rifatta una vita. In particolare le parole affettuose che Forese Donati, nel terzo cerchio del Purgatorio, ha per sua moglie Nella sarebbero prova del fatto che Dante non può dire altrettanto di Gemma.

A questo punto lasciamo i documenti o presunti tali e lavoriamo di fantasia. Non ricca, pur appartenendo ad una famiglia importante che però l’aveva sposata dandole una dote modesta, bastava il nome che portava con sé. Non bella, forse, a paragone dell’angelica Beatrice. Sola sicuramente, come del resto tante altre fiorentine che dovevano convivere con uomini fortemente impegnati che dedicavano tutte le loro energie agli affari ed alla politica. Non pensate che la povera Gemma abbia tirato un sospiro di sollievo quando Dante andò in esilio? Se la sua intera giovane esistenza era stata vissuta nell’ombra più profonda, il fatto di non seguire il marito nasconde forse il desiderio di sparire ancora di più e forse, proprio per questo, di essere più libera di poter essere finalmente se stessa, lontano dall’ingombrante intellettuale. La possiamo immaginare in difficoltà economica, riaccolta dalla casa paterna, affaccendata a tirar su figli che fossero all’altezza del nome che portavano, un nome che, pur inviso in città, si stava facendo strada nel mondo della cultura. Una brava moglie, dunque, e una brava madre. Otto anni dopo la morte di Dante, nel 1329, Gemma ottiene il diritto di ricevere ogni anno la rendita derivante dai beni maritali, pur essendo stati confiscati a seguito della condanna all’esilio. Le viene assegnata una rendita pari al 10% del capitale, come dice Barbero, ben più di quanto normalmente fosse concesso alle vedove (circa il 5%). Forse a causa del suo cognome Donati, ancora di rilievo in città, o forse perché la fama del grande poeta si stava ormai consolidando ed il Comune fiorentino aveva qualche debito di riconoscenza da saldare?

Morirà nel 1343, forse a 63 anni. Non sappiamo se ufficialmente si risposò ma ci auguriamo che fosse serena ed appagata, circondata dall’affetto dei figli e forse di qualche compagno meno famoso e tormentato, ma più presente e comprensivo.