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Bradisismo Campi Flegrei, l’esperienza deve diventare storia

by Piera De Prosperis
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Ph. by Consiglio Nazionale dei Geologi.

 

Sappiamo tutto dei Campi Flegrei da un punto di vista storico-naturalistico: in questo difficile periodo i mass-media ci informano sulla storia passata e più recente di un luogo magico, affascinante e pericoloso. Fin dall’antichità l’eccezionale bellezza dell’area nord di Napoli con la presenza di acque termali aveva favorito l’insediamento dell’aristocrazia romana che lì aveva costruito ville di delizia. E la fama della zona non era venuta meno neanche con il trascorrere dei secoli. Basti pensare al Pontano che nell’Hendecasyllabi seu Baiarum libri (1490-1500) riconosce i benefici che si traggono dal frequentare quei luoghi, non solo per il corpo ma anche per l’anima. Luogo di delizie in cui coltivare il piacere di stare insieme in una dimensione epicurea. Eppure manifestazioni vulcaniche di varia natura e tipologia si sono manifestate fin dall’era quaternaria. Tutta la Campania è figlia dei suoi vulcani ed è per questo che l’ager Campanus ha sempre goduto di tanta fertilità. Ager Campanus orbis terrae pulcherrimus (est) (Cic. De lege agraria). Siamo ben consapevoli del pericolo che si corre nel vivere su questo territorio ardente. Lo erano anche nel passato, se si pensa che la flotta romana era di stanza proprio in quei luoghi, eppure l’uomo sapeva di dover convivere con una natura sconosciuta e soggetta al controllo di divinità la cui volontà risultava imperscrutabile. L’assoluta ignoranza della geologia, un certo fatalismo, i vantaggi nel vivere in quei luoghi che forse risultavano maggiori dei danni facevano sì che anche i fenomeni, cui ancora oggi assistiamo, venissero accettati. Non si poteva fare altro. Ma oggi? Sappiamo tutto, conosciamo tutto, basta collegarsi su Internet e ci sciorinano date, dati, notizie aggiornate, eppure la popolazione è allo sbando perché alla conoscenza non fa seguito una chiara indicazione sul come comportarsi. Piani di evacuazione poco noti, esercitazioni sui piani di fuga mai eseguiti, costruzioni o ristrutturazioni non realizzate con criteri antisismici, insomma il cahier de doléance potrebbe allungarsi di molto. Eppure tutti sappiamo. Qual è la scelta migliore: rimanere ed accettare il proprio destino, andarsene cercando rifugio in un altrove pieno di incognite? Aristotele direbbe Tertium non datur.

Invece la terza via è proprio quella della presenza attiva e fattiva dello Stato che dovrebbe semplificare, chiarire, aiutare. Invece incomincia il balletto dei colori: zona rossa, gialla. Intanto la popolazione aspetta, con qualche sussulto, quello sì, di rabbia. 168 terremoti in 24 ore. Sembra che l’allerta sia ormai molto alta. Eppure tutto ci fa pensare che una volta finita l’emergenza la quotidianità prenderà il sopravvento, si ringrazierà San Gennaro per il suo, unico, intervento risolutivo ed alla prossima crisi.

A questo stesso comportamento assistiamo, ad esempio, per i femminicidi. Ogni volta che avvengono invochiamo soluzioni, speriamo nella possibilità di sradicare del tutto il problema ed invece ci ritroviamo, dopo un po’, a dire sempre le stesse cose. E’ la memoria storica che fa cilecca? Recentemente Alessandro Barbero ha detto a proposito dell’antifascismo: La memoria personale non basta, perché ognuno ha la sua. Ma poi bisogna arrivare alla storia che significa: ‘io capisco il tuo punto di vista, ma non puoi rimanere chiuso dentro questa cosa’.

Proviamo ad adattare al nostro argomento questa affermazione: tutti noi ricordiamo il terremoto dell’80, ognuno ha il suo vissuto e lo racconta, in genere, come vicenda privata. Ma quella esperienza deve diventare storia, per quelli che oggi vivono nell’area dei Campi Flegrei e per noi che viviamo all’ombra del Vesuvio. Solo così sarà possibile affrontare situazioni di estremo pericolo o addirittura riuscire per il futuro a non trovarvisi più.