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CASA MUSEO

by Piera De Prosperis
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La cura Giulierini, il sovrintendente che dal 2015 guida il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sta facendo molto bene all’istituzione culturale più significativa della nostra città. In che cosa consiste la terapia? Aprire le porte del Museo, in senso lato.

I numeri parlano chiaro: aumento esponenziale di visitatori, con un incremento del 27% nel 2018, iniziative che intendono innovare la struttura museale, renderla più fruibile e più vicina agli interessi di un pubblico mutato, che non si sofferma sul pezzo antico ma cerca l’esposizione rapida, coinvolgente e magari multimediale che avvicini l’antico al moderno. E non basta: apertura a Ferragosto, le notti al Museo, cicli di conferenze, incontri musicali, calcio, collaborazioni internazionali per la promozione del nostro sterminato patrimonio, molto del quale nascosto, per mancanza di spazi espositivi, nei depositi denominati Sing Sing.

Ho frequentato spesso il Mann sia per studio che per diletto e in effetti i cambiamenti degli ultimi anni sono evidenti. E’ come se ormai vedersi al Mann sia diventato un piacevole momento non solo per chi conosce da sempre il Museo ma soprattutto per chi, non avendone alcuna informazione, si trova coinvolto in operazioni culturali che potremmo anche definire di marketing ma che certamente contribuiscono a buttar via la polvere dagli scaffali.

In questo percorso il Sovrintendente attraversa una via battuta dai grandi musei europei: anni fa era già possibile, ad esempio, vedere scolaresche di bambini di scuola primaria al Louvre o al British ridisegnare a modo loro una grande opera esposta o interagire con cartelli didattici opportunamente situati per stimolare la loro curiosità. Se andate a visitare la sezione Egizia del Mann potrete constatare che l’impianto didattico, aperto proprio alla formazione dei turisti più giovani, è pienamente operante ed è di grande qualità contenutistica e grafica. Non a caso sono proprio i bambini i visitatori più ordinati ed obbedienti, coinvolti in una sorprendente operazione di scoperta e senza volerlo di recupero, perché solo così l’antico può dialogare con il moderno e le grandi statue della Collezione Farnese o gli eccezionali reperti di Pompei ed Ercolano possono riprendere aria e luce. Il patrimonio culturale diventa fruibile da tutti, nei modi e nei tempi della modernità.

Fuori del portone del Mann, però, quando si spengono le luci, tra il piazzale antistante, la Galleria Principe di Napoli e i degradati giardinetti di piazza Cavour, brulica un mondo di invisibili, i clochard, gli homeless, riconoscibili dall’essere infagottati sempre, d’estate e d’inverno, di tutte le loro cose per paura che qualche altro derelitto gliele possa rubare. Uno di questi domenica 4 novembre è stato trovato senza vita proprio davanti all’ingresso del Museo.

Il sovrintendente ha lanciato una proposta, perché i due volti di Napoli possano entrare in contatto: il progetto “Casa Museo” che già nel titolo sembra essere un ossimoro ma che intende invece considerare il simbolo della cultura e del ricco passato della città come il luogo dell’accoglienza. Lavori di piccola manutenzione nel Mann per i senzatetto, acquisto di brandine, una cassa di offerte nel museo per raccogliere i fondi, card per far entrare i clochard gratuitamente nel museo e una cena annuale riservata a loro nel Mann … far partecipare i clochard a un giornale che darà notizie sul museo … l’essere umano è anche desiderio di bellezza. E proprio il bello e l’arte possono essere un piccolo tentativo per ridare dignità alle persone che vivono ai margini della società.

Bisogna ovviamente fare rete perché questa nobile intenzione possa funzionare: Comune, Asl, Sovrintendenza, volontariato, tutti devono sentirsi coinvolti in un progetto di recupero umano e di conseguenza cittadino.

Nell’area in cui sorgono il Museo Archeologico, l’Accademia di Belle Arti e il Conservatorio di San Pietro a Maiella, realizzare un programma che connetta i musei con il territorio, avvierebbe un’operazione di riqualificazione urbana, che non vuole nascondere l’infelicità e le miserie umane ma inserirle nel quadro della vita della nostra città, regina e stracciona. Un museo, quindi, che si pone come intermediario tra le varie anime della città, impegnandosi nel sociale ma con la barra rivolta al fare impresa, al creare un’agenda che integri e non escluda, che rifiuti gli sgomberi forzati e che sia invece testimonianza di umanesimo ed accoglienza.

Un bel progetto, dunque, che ci piace pensare possa essere avviato e condiviso in cui il Museo anziché solo conservare l’antico si propone per il moderno.

“Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.” (Giovanni di Salisbury)

 

di Piera De Prosperis