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Cosco ad Amburgo, la Cina avanza nei porti europei

by Pietro Spirito
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Secondo informazioni della Sueddeutsche Zeitung, la compagnia statale cinese Cosco potrebbe ricevere l’autorizzazione dal governo tedesco ad acquisire una parte del terminal Tollerort nel porto di Amburgo, ma solo per il 24,9% e non per il 35%, come previsto dal primo accordo con la società amburghese Hhla.

Sarebbe questo il compromesso raggiunto nell’esecutivo tedesco dai sei ministeri fino ad ora contrari all’operazione. In quanto azionista di minoranza, il gruppo cinese non potrebbe così esercitare formalmente influenze sulla gestione di uno dei quattro terminal container del porto di Amburgo.

Un contrasto profondo divide ancora il governo federale, posto di fronte al dilemma se autorizzare o meno l’acquisto da parte del gruppo cinese Cosco di una quota di minoranza del più piccolo dei quattro terminal per container del porto di Amburgo. La spaccatura vede da un lato il cancelliere Scholz, che di Amburgo è stato borgomastro ed è favorevole a dare il via libera, dall’altro ben sei ministeri competenti che si oppongono alla vendita di un’«infrastruttura critica» a Pechino. Significativo è che, oltre da Esteri ed Economia (guidati dai Verdi) e da Trasporti e Giustizia, a guida liberale, i pareri contrari vengano anche da Interni e Difesa, entrambi diretti da ministre della Spd, il partito di Scholz.

La storia è iniziata un anno fa, quando la Hhla, la società che gestisce lo scalo anseatico, si è impegnata a vendere a Cosco per 65 miliardi di euro una quota della società, con l’idea di farne «hub privilegiato» per le merci movimentate dal conglomerato asiatico. Dodici mesi dopo, l’operazione attende ancora il parere dell’autorità federale, che ha tempo fino al 31 ottobre per esprimersi.

Il fronte dei contrari, di cui è parte anche la Commissione europea, che in primavera aveva dato parere negativo sull’operazione, fa notare che Cosco non è un’impresa qualunque solo a caccia di profitti. È in realtà un pilastro del capitalismo di Stato cinese, punta di diamante delle ambizioni globali di Pechino e strumento principale per la realizzazione della Via della Seta Marittima, con cui la Cina vuole diventare la superpotenza dei trasporti commerciali via mare.

Già oggi Cosco è per volume di merci il terzo più grande operatore mondiale del settore. Gli argomenti di chi è favorevole sono piuttosto difensivi. Venerdì a Bruxelles, il cancelliere Scholz ha spiegato che «si tratterebbe solo della partecipazione a un singolo terminal, sul modello di quanto avviene in altri porti dell’Europa occidentale». Cosco — azionista di maggioranza dei porti di Zeebrugge in Belgio, del Pireo in Grecia e di Valencia in Spagna — possiede altre quote minoritarie in quelli di Rotterdam, Anversa, Bilbao e Vado Ligure. Secondo il borgomastro di Amburgo Peter Tschentscher, molto legato a Scholz, rifiutare l’accordo equivarrebbe a «penalizzare economicamente Amburgo nei confronti di Rotterdam e Anversa». In ogni caso, aggiunge il sindaco, il controllo rimarrebbe nelle mani della Hhla. Secondo molti osservatori, Scholz non vuole fare un torto al suo successore e fedelissimo.

Le principali merci in Europa arrivano dai porti di Rotterdam e Amburgo e raggiungono anche l’Italia. Il porto di Amburgo è il terzo più grande d’Europa. Le lusinghe sulla Via della Seta negli anni passati, durante il Conte I, hanno riguardato anche l’Italia, che nel 2018 aveva sottoscritto in pompa magna un memorandum of understanding con il governo cinese per collaborare al progetto strategico della One Belt One Road. Allora furono i governi francese e tedesco a richiamare il governo italiano ad una maggiore attenzione verso il disegno egemonico cinese. Ora, cambiata la situazione internazionale, vista la guerra tra Ucraina e Russia e il problema del gas, il governo federale tedesco potrebbe essere posto di fronte alla scelta di autorizzare o vietare l’ingresso dei cinesi nel controllo, sia pure minoritario, di un terminal del principale porto tedesco.

Nelle orecchie tedesche fischiano gli errori commessi con Mosca, per non dipendere nuovamente in prospettiva da un Paese straniero autocratico. Si teme che l’ingresso della società statale cinese possa comportare potenziali ricatti contro la Germania. Le pressioni economiche e politiche potrebbero anche essere esercitate quando non ci si aspetta, dato che le catene di approvvigionamento globali sono sempre più dominate dalla Cina attraverso vendite anche parziali di aree del mondo e d’Europa. Tuttavia, le compagnie di navigazione hanno stretto alleanze sempre più grandi da anni, il che significa che hanno già un grande potere di mercato, inclusa COSCO.

Poiché si tratta di un’infrastruttura critica, il Ministero Federale dell’Economia guidato da Robert Habeck dei Verdi ha avviato una revisione degli investimenti statali. Sono coinvolti anche i ministeri federali dell’Interno, della Difesa, delle Finanze, dei Trasporti e della politica Estera guidati da SPD, FDP e Verdi. Secondo i media tedeschi NDR e WDR, l’acquisizione avverrà automaticamente se il governo federale non deciderà diversamente entro la fine di ottobre o concorderà una proroga del termine dell’accordo.

D’altro canto la società che gestisce il porto di Amburgo ha bisogno di ammodernamenti strutturali, quindi avverte la necessità di attrarre capitali ed ha fondato motivo di ritenere che COSCO, in caso di rifiuto, possa dirottare i propri investimenti sul porto concorrente di Anversa. Il gigante cinese, che possiede già il 67 per cento del Pireo, il 35 per cento di Rotterdam e il 20 per cento del porto di Anversa. Nel 2008 Cosco ha ottenuto una concessione di 35 anni per due terminal container del Pireo e nel 2016 ha acquistato una quota del 67% nell’autorità portuale per 368,5 milioni di euro. Nella strategia cinese Pireo è il collegamento chiave per il progetto logistico Belt and Road Initiative. Da quell’acquisizione ne sono scaturite, a cascata, altre due. La prima ha riguardato il porto di Salonicco che è stato privatizzato da un consorzio greco-tedesco guidato dall’oligarca Ivan Savvidis, di origine russa e già membro del partito di Vladimir Putin. La seconda quello di Alexandroupolis, in mani americane, hub fondamentale perché vicino al terminal del gas e snodo di Tap e Tanap.

Il ministro della Giustizia dell’FDP, Marco Buschmann, si è espresso chiaramente contro la vendita parziale del porto di Amburgo. Il ministro federale dell’Economia Robert Habeck ha messo il punto sugli aspetti critici determinati dall’ingresso di COSCO ad Amburgo. Si è capito “che le dipendenze dai Paesi, che poi possono giocare i propri interessi in queste dipendenze, cioè volerci ricattare, non sono più solo un fenomeno astratto, ma, vedi con il gas russo, sono realtà in questo mondo”. Habeck ha sottolineato: “Non dovremmo ripetere questi errori”.

L’esercizio dell’attività del porto nel suo insieme è ancora al 100% sotto la responsabilità dell’Autorità portuale di Amburgo. Ma il territorio del porto rimarrebbe completamente in mano pubblica anche se una parte di una delle banchine venisse venduta. Occorre però sempre tenere presente che la strategia cinese è avvolgente e di lungo periodo. Non si fermeranno certamente alle mosse marginali ma punteranno ad essere decisivi nella mappa delle infrastrutture strategiche.

La mossa cinese in Germania segue dunque non solo quella in Grecia, ma anche quella in Italia con il porto di Trieste, con i cantieri Ferretti a Taranto e con l’appendice anche del parco offshore inaugurato lo scorso aprile a Taranto, realizzato congiuntamente dalle aziende cinesi ed europee: il primo nel Mediterraneo. Ma non è tutto, perché la Cina tramite Zonergy, il principale fornitore cinese di soluzioni per le energie rinnovabili, un mese fa ha inaugurato una sede a Milano, che diventerà il centro delle attività imprenditoriali in Europa. Si tratta del colosso delle telecomunicazioni Zte che punta al mercato italiano del fotovoltaico e degli accumulatori tramite un’intesa con la veneta Desasolar.

Sarebbe forse interessante comprendere la strategia europea nei confronti della Cina, non limitandosi solo all’obiettivo di fare affari. Si è visto quali siano le conseguenze di questo approccio nel caso di Mosca.