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Cronache d.C. (dopo Coronavirus) dalla Capitale

by Generale Fabrizio Lisi
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Roma coronavirus

L’Autore, già Generale della Guardia di Finanza, è oggi Presidente dell’organo di controllo del Consorzio Research.

Roma d.C.: “dopo il Coronavirus”.

Cosa succede nella Capitale in piena vigenza delle norme contro la pandemia? Già, la “Capitale”, la “Città Eterna”, la “Caput Mundi”, quella Roma che aveva perso il primato di capitale economica a favore di Milano che, purtroppo, sta riprendendosi il primato del maggior numero di contagiati…

Strana città, Roma, che odi ed ami, per le buche e per la rassegnazione, per il traffico e per i suoi stupendi angoli, per i gustosi ristoranti e per i parcheggi che non trovi lì vicino, per l’avversione verso certi palazzi governativi e per l’orgoglio di una piazza su cui si affaccia il capo della Chiesa Cattolica.

Una città di contraddizioni e di opposti, che da qualche giorno si interroga su ciò che succederà d’ora in poi. Già, cosa accadrà? Ci si chiede nelle case, nelle chat, nelle file in farmacia o nei supermercati. Ci si guarda a debita distanza, come previsto dalle norme ma soprattutto dal buonsenso, ci si interroga con gli occhi, dai quali traspaiono stupore, rassegnazione, talvolta paura. Tutti sono sicuri che da qualche giorno qualcosa è cambiato, e che è cambiato definitivamente. C’è stato da qualche giorno ormai un “avanti” ed un “dopo” Coronavirus che segnerà la vita di tutti.

La vita di noi “attempati”, che abbiamo superato austerità, terrorismo, malattie, terremoti, torri gemelle, e che questa ulteriore drammatica prova riporta alla realtà brutale di ciò che è semplicemente normale: che non si scherza con Madre Natura, che prima o poi ci riporta con i piedi per terra.

La vita dei nostri genitori, che rispetto a noi hanno anche vissuto la guerra, la prigionia, la resistenza, la fame.

E la vita dei nostri figli, che abbiamo riempito di opulenza (assolviamo la nostra buona fede…) ma a cui non siamo stati capaci di trasmettere i principi fondanti del vivere insieme, in particolare il sacrificio, il rispetto dei valori, la meritocrazia, l’onestà d’animo. Siamo stati pessimi genitori, purtroppo consapevoli che lasceremo in eredità un mondo più opulento, ma più inquinato dal punto di vista della natura e dell’economia globale.

Queste le contraddizioni che si respirano a Roma, forse più che altrove, in questi giorni di isolamento (termine che preferisco al più comunemente usato “quarantena”).

Mi è capitato di girare, rigorosamente munito della dovuta auto dichiarazione, per diverse strade della Capitale: per portare medicine o alimenti a genitori, figlio e nipotini, o per motivi di lavoro (che non era possibile svolgere “in remoto”), ed ho avuto la possibilità di riscontrare la “diversità” con la vita “a.C.” nei vari quartieri.

Il “Centro” è vuoto, meravigliosamente e spaventosamente vuoto soprattutto nelle ore serali e notturne. Ciò che colpisce di più è il silenzio che a poco a poco scende sulla città: le rare auto, i pochissimi scooter, i pochi mezzi pubblici (quasi vuoti) ed i taxi si fanno più rarefatti con il calar del sole. Tutto sembra addormentarsi al il tramonto. Il traffico è inesistente. Sono scomparsi i molti turisti che affollavano le vie dello shopping o i siti religiosi ed istituzionali. Scomparsi anche i fastidiosi venditori ambulanti di false firme ed oggetti ricordo (non si vedono più neppure i “lavavetri”: saranno rientrati ai loro paesi d’origine, magari clandestinamente come erano venuti?), non si vedono più le “carrozzelle” che trotterellavano per le strade né i “caldarrostari” che vendevano (a tutte le stagioni!) castagne calde bollenti.

Non ci sono più i curiosi che, vicino ai “Palazzi del Potere”, cercavano di riconoscere questo o quel politico sbirciando fra i crocicchi di giornalisti, telecamere e microfoni. Anche i giornalisti, in realtà, si fanno più radi, intervistano da lontano il parlamentare o l’uomo politico di turno, giustamente attenti a non essere contagiati essi stessi (ma non dal virus della politica).

I luoghi della “movida” sono finalmente (quelli si, finalmente) deserti. Non scorrono più i fiumi di alcool (e non si impregnano di “fumi”…) Trastevere, Piazza Navona, Ponte Milvio, zone tristemente note per le conseguenze anche letali di troppe scorribande post sbornie dei nostri giovani. Un collega di Nunziatella, stimatissimo psichiatra, mi manda foto scattate dalla finestra della cucina di casa spadellando (…è anche un ottimo chef e sommelier…) su Campo dè Fiori finalmente libera di bancarelle e rumorosissimi improbabili cantanti (Giordano Bruno sembra temere, dall’alto del suo bronzo, un altro rogo…).

Poi scopri che non puoi neppure scappare a prendere una boccata d’aria nei numerosi parchi e nelle Ville (Borghese, Pamphili, Glori, Torlonia, Paganini…) o al mare di Ostia, Fiumicino o Torvaianica, dove purtroppo l’ignoranza di troppi ne ha fatto, nei primi giorni dell’emergenza, luoghi di assembramento e di rischio di diffusione.

Per i quartieri fuori dal Centro, dalla “ZTL”, la zona a traffico limitato in questi giorni riaperta a tutti, sembra di essere in una domenica ecologica: quelli residenziali, quelli borghesi, quelli più popolari. Particolarmente vuoti quelli a maggiore densità di uffici o studi professionali. Deserti, per l’alto rischio di contagio, i centri commerciali.

Ho avuto modo di andare oltre il Raccordo Anulare verso l’aeroporto di Fiumicino, prima che venisse quasi chiuso, a prendere amici stranieri (con i quali stiamo in contatto per favorire donazioni e forniture di prodotti ed apparecchiature medicali, utili per l’emergenza). Il percorso sul lungotevere, costeggiando il Colosseo, giù per la Via Colombo ed attraversando l’EUR, fino al “Colosseo quadrato” ed oltre, è uno spettacolo. Senza il mare di auto e gli scooter che ti schizzano vicino, vedi ciò che di solito la frenesia del traffico quotidiano non ti permette di vedere.

Poi ci sono gli “operatori” della sicurezza, Carabinieri, Poliziotti, Finanzieri, militari, Vigili. Quelli che sono per strada in divisa, spesso ragazzi, con gli sguardi stanchi e spauriti sopra le mascherine (troppo spesso ne sono incredibilmente sprovvisti), il timore nel tenderti le mani per chiederti i documenti, un “resti a casa lei che può” che sfugge a mezza bocca…

Quindi gli operatori della nostra salute: medici ed infermieri che sono nelle corsie degli ospedali (qualche amico in quelli più esposti, a Roma e Milano, che ti confermano, talvolta smentiscono, le notizie che girano). Quando un’ambulanza sfreccia a sirene spiegate pensi sicuramente al trasportato, ma il pensiero va subito a loro, a bordo di quei mezzi o che immagini trafelati in corsia in una emergenza continua e frenetica.

E ti sembra di vivere in un film, in un disaster movie, invece ti rendi conto che sei nel mezzo della realtà, che la metropoli amplifica nei contenuti e nei contorni.

Viviamo sulla nostra pelle una epidemia, per la sua diffusione globale una vera e propria pandemia, che prima o poi finirà. I contagi diminuiranno, il virus si estinguerà, si troverà un vaccino, si tornerà alla vita di tutti i giorni (sicuramente ad una vita “diversa”), si farà il conto dei danni e dei decessi, ci saranno polemiche, probabilmente inchieste, si riapriranno le attività, saranno quantificati i danni economici e finanziari. Il “d.C.”, il dopo Coronavirus, non sarà sicuramente come prima, bisognerà guardare al futuro ma con un doveroso sguardo al passato, per non ripetere gli stessi errori.

Nel frattempo, la Città Eterna ci osserva severa e rassicurante, splendida ed agghiacciante. Il Ponentino, il venticello che passa sui sette Colli e che si infila negli antichi vicoli, sussurra “qualcosa” a chi sa ascoltare. Le strade, le piazze, le fontane, i palazzi, i monumenti pare che prendano vita, li guardi, li ascolti, li “odori”, respiri a pieni polmoni un’aria mai così pura. Se alzi lo sguardo al cielo, mai così limpido, ti vengono in mente le colonne sonore della tua vita… “Roma nun fà la stupida stasera”, “quanto sei bella Roma quando è sera, quando la luna risplende sopra ar Cupolone…”, “il cielo è sempre più blu”, “azzurro”, “la vita è adesso”, “we are the world, we are the children, we are the ones who make a brighter day, so let’s start giving”.