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Da Capitol Hill a Brasilia passando per l’Europa

by Luigi Gravagnuolo
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La storia non si fa con i se, d’accordo, eppure stavolta è proprio il caso di chiederselo: e se a novembre 2020 negli USA le elezioni fossero state vinte da Trump, che ne sarebbe già stato della nostra democrazia? E dell’Europa?

Credo sia facile immaginare che l’Ucraina sarebbe stata abbandonata nelle fauci di Putin in cambio di una qualche intesa volta a contenere la Cina; che molti Paesi europei sarebbero oggi governati da sovran-populisti, non di quelli moderati però, di quelli ai quali la democrazia è indigesta; che l’UE sarebbe stata in via di disfacimento. E con essa la democrazia. E sì, perché democrazia ed Europa sempre più suonano come sinonimi.

Quanti altri Bolsonaro, oltre all’originale brasiliano, starebbero ora al governo nel mondo e con quale rispetto per i diritti delle opposizioni? E la nostra stessa Italia avrebbe avuto un governo di destra moderata, qual è quello attuale, o non invece uno sanfedista, magari con le stesse persone delle attuali, ma su posizioni decisamente più radicali?

Al di là dei se e dei ma – che però pure ci stanno nei ragionamenti – dovrebbe esserci chiaro che la nostra democrazia, quella italiana e quella dell’intero Occidente, è oggi appesa a un filo sottile. Ciò mentre nel mondo i regimi dispotici cospargono le loro strade e piazze del sangue di martiri della libertà, soprattutto donne, soprattutto giovani.

Le donne, a loro dobbiamo se la gioventù di alcuni paesi autocratici sta trovando la forza di ribellarsi ai loro tiranni, anche a costo di immolare le proprie vite. Ad esse se a novembre scorso, nelle elezioni di midterm in USA, i seguaci di Trump non hanno preso il controllo sia del Congresso che del Senato. Sono le donne dell’IRAN che ci chiedono sostegno contro la feroce barbarie di cui sono vittime. Lo chiedono a noi perché siamo noi, è l’Euroccidente il faro della democrazia nel mondo. Cosa sarebbe il mondo se la luce della libertà si spegnesse anche qui da noi?

Ciò mentre abbiamo assistito col cuore in gola all’assalto ai palazzi della democrazia a Brasilia tra le complicità e gli ammiccamenti delle forze della sicurezza e di parte dell’esercito brasiliani con i rivoltosi. Il pericolo per ora è stato sventato, ma la minaccia di una guerra civile è tuttora presente. In Brasile, come negli USA.

Occorre dunque alzare l’asticella dell’attenzione e della mobilitazione in difesa della democrazia. Ma come? Certo, tenendo sotto controllo i social ed il web in genere e raffinando la comunicazione politica democratica, ma non è facile. Il rischio di sconfinare nell’opposto della democrazia è molto alto quando si comincia a vigilare sui messaggi e sui pensieri degli altri. Né sarebbe sufficiente.

Non c’è dubbio che una parte consistente dell’opinione pubblica, sotto i colpi di un bombardamento di post ben mirato, abbia ormai perso i contatti con la realtà e la guardi attraverso le lenti deformanti delle fake news. Ma perché gli occhi di parti così rilevanti della popolazione dei paesi democratici accettano ben volentieri di frapporre tra sé e la realtà quelle lenti? Com’è possibile che milioni di persone nel mondo abbiano creduto e ancora credano che il coronavirus del Covid non sia mai esistito, che Putin sia un partigiano in lotta contro l’aggressore nazista e che la terra sia piatta invece che sferica? Alla fine, che la democrazia sia lo schermo delle élite corrotte e che la leadership di un santone, o di un buffone, costituisca una forma di libertà più elevata?

Non può essere solo l’efficacia della comunicazione e la diffusione delle notizie tossiche a spiegare un fenomeno tanto vasto. Solo cinque anni fa, in Italia il 50% degli elettori espresse nelle urne il suo consenso a Grillo e Salvini. I social avvelenati ci mettono del loro, ma il fatto è che, social o non social, la gente non crede a ciò che è vero, ma a ciò in cui vuole credere, come insegnava Freud. E allora dobbiamo chiederci perché la gente, o tanta parte di essa, vuole credere che la nostra democrazia sia il paravento della corruzione e della finanza, e che perciò vada aggredita, conquistata e svuotata come ‘una scatoletta di tonno’.

La risposta più scontata a questa domanda è che ci sono gravi diseguaglianze, ingiustizie, insopportabili privilegi di casta, su cui tutto il ceto politico tace e contro i quali non si batte nessun partito di cultura democratica. Rimuovere le cause del malessere di fette consistenti del popolo dell’Occidente verso la democrazia parlamentare con una politica sociale radicale sarebbe dunque la panacea giusta. Ma è proprio quello che ha annunciato e che si accinge a fare Lula in Brasile, eppure è contro di lui che si è scagliata la gente di Brasilia. Come era quello che si accingeva a fare Biden, e fu Capitol Hill. Questa risposta fa acqua da troppe parti per essere vera.

Più attendibile l’analisi di quanti evidenziano come la globalizzazione abbia spostato verso gli strati più poveri del pianeta parte della ricchezza dell’Occidente, erodendo il benessere dei ceti medi. Sono quest’ultimi a non voler cedere un centesimo delle proprie risorse ed a ribellarsi alle politiche solidaristiche; solo a sentire parlare di poveri del mondo, di immigrati, di accoglienza e di condivisione mettono mano alla pistola. E poi, si chiedono, perché dovrei pagare io i costi della solidarietà e non i grandi supermiliardari del mondo? Prima loro, soprattutto loro, e poi potrei accettare che venga il mio turno. E qui – sia chiaro – è ben difficile dare loro torto.

È una difficoltà grande, per niente facile da dirimere come si vede. Intanto, mentre l’intellighenzia democratica del mondo si interroga e cerca una soluzione, è il caso di non abbassare la guardia, senza peraltro confondere il conservatorismo con la difesa della democrazia.

A proposito di non abbassare la guardia: che ci fa il golpista Donald Trump ancora a piede libero? Quale deterrenza può esercitare il potere democratico se si palesa così debole verso chi lo aggredisce? Per venire all’Italia, saranno state pure delle eco-anime belle generosamente impegnate per l’ambiente, ma com’è possibile che tre o quattro ragazzini siano riusciti, lo scorso due di gennaio, a verniciare la facciata del palazzo del Senato della Repubblica Italiana? Chi c’era di guardia? Perché non sono stati bloccati prima? E se invece di vernice avessero avuto bombe? Si possono lasciare alla balia dei passanti i palazzi delle istituzioni?

Quanto al conservatorismo, attenzione ai sillogismi facili facili: la premier viene dall’estrema destra, quindi è antidemocratica; la premier vuole riformare la costituzione, ergo questa è la strada da lei presa per affossare la nostra democrazia; difendere la costituzione così com’essa è oggi è dunque la scelta democratica.

E no, eh! La democrazia si difende anche riformandola e rendendola adeguata ai tempi, non ingessandola. A proposito, non fu la sinistra a chiamarci al voto per dire sì alla riforma della costituzione nel referendum del 4 dicembre del 2016? E non fu la destra, Meloni in testa, a invitare a votare no? E quella per il doppio turno alla francese non fu una battaglia storica della sinistra? Non si confondano le scelte politiche con quelle istituzionali. Che la nostra democrazia vada riformata è fuori discussione, da discutere c’è sul come, non sul se.