È iniziata ieri a Torino la prima edizione del festival internazionale dell’economia, che nasce sulle ceneri dell’analoga iniziativa che per sedici anni si era tenuta ogni anno a Trento. Ora, in un Paese che certo non ama la concorrenza, si svolgeranno due festival sulla cosiddetta scienza triste. Quasi in parallelo si tiene a Trento un altro festival, che cerca di mantenere la tradizione in quella sede. Ma l’impianto originario dell’iniziativa si è trasferito a Torino. Anche questo, comunque, è un segno di tempi divisivi.
Ieri si è tenuta la giornata di inaugurazione del festival internazionale dell’economia di Torino, che ha scelto come tema per le discussioni di quest’anno “merito, diversità, giustizia sociale”.
La prima conferenza è stata tenuta dal canadese David Card, premio Nobel 2021 per l’economia. Card ha iniziato la sua carriera presso la University of Chicago Graduate School of Business, dove è stato assistente di Economia Aziendale. L’economista canadese è stato docente presso la facoltà dell’Università di Princeton dal 1983 al 1997, prima di trasferirsi a Berkeley, dove oggi insegna. Dal 1990 al 1991 è stato visiting professor alla Columbia University. Dal 1988 al 1992, Card è stato Associate Editor del Journal of Labor Economics e dal 1993 al 1997 co-editore di Econometrica. Dal 2002 al 2005 è stato co-editore di The American Economic Review. L’economista canadese ha fornito contributi fondamentali alla ricerca sull’immigrazione, sull’istruzione, sulla formazione professionale e sulla disuguaglianza sociale.
Nella conferenza torinese di ieri, David Card ha sottolineato che negli ultimi sessanta anni si è determinato nelle società occidentali un processo di convergenza in buona parte completato dal punto di vista della integrazione delle diversità. Tuttavia, esistono aree nelle quali devono ancora essere operate politiche coerenti per superare i gap che ancora esistono e che costituiscono altrettanti freni allo sviluppo. Nel settore della educazione, del management e della proprietà le differenze che permangono si traducono in una concentrazione che non libera le energie necessarie alla crescita sostenibile.
Per quanto riguarda la condizione femminile, differenze permangono ancora nell’area delle culture matematiche e scientifiche (quelle che con acronimo inglese si chiamano STEM), oltre che nelle posizioni manageriali nel mondo del lavoro ed anche nei Board delle aziende.
Mentre antichi squilibri sono stati colmati, contemporaneamente ne nascono di continuo anche di nuovi, che sono determinati dall’evoluzione dei valori e dei principi nelle società contemporanee. Si tratta quindi di disporre di una piattaforma che misuri gli interventi di politica economica per valutarne gli effetti dal punto di vista della riduzione dei differenziali di opportunità.
Non è in realtà un principio universalmente riconosciuto, dal momento che gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal predominio culturale del neoliberismo, che considera adeguato per svolgere il ruolo di riequilibrio solo il libero svolgimento del confronto sul mercato. Qualsiasi intervento delle pubbliche istituzioni è una interferenza inopportuna che determina distorsioni non auspicabili.
È per questa ragione che gli interventi attivi di riequilibrio svolti dalle politiche economiche per superare le posizioni di svantaggio sociale sono stati considerati meccanismi da attaccare, mettere in crisi e superare, essenzialmente perché non erano efficaci in quanto garantivano risultati solo per chi comunque ce l’avrebbe fatta con le sue forze.
Per questa ragione sono state spesso smantellate le “affermative actions”, che soprattutto nei decenni precedenti erano state una delle leve per ricucire i differenziali che impedivano alle diversità di integrarsi nel tessuto sociale fornendo un apporto positivo alle dinamiche della crescita sociale ed economica.
Per questa ragione David Card sottolinea l’importanza di dotarsi di strumenti che siano in grado di misurare l’efficacia e l’efficienza degli interventi che vengono posti in essere avendo come obiettivo quello di colmare i deficit di integrazione che ancora permangono nelle società contemporanee.
Mediante piattaforme di questa natura, che svolgano un compito di rendicontazione sui risultati delle politiche di riequilibrio sociale, si possono meglio contrastare anche le opinioni degli oppositori, che ritengono ancora che il mercato sia in grado di svolgere in autonomia anche la funzione di integratore delle diversità.