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I controlli ambientali sui reflui oleari

by Claudio Marro
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L’Autore è Direttore Tecnico dell’Arpac.

 

Terminata la raccolta delle olive e la campagna di molitura, i frantoi oleari si trovano in questo periodo dell’anno a gestire i residui della lavorazione. Mentre la sansa, ciò la parte solida (polpa), eventualmente privata del nocciolino destinato ad essere utilizzato come biomasse nelle caldaie per produrre energia, viene in genere inviata ai sansifici per estrarre la parte residua di olio, le acque di vegetazione (quindi la parte liquida) presenta maggiori problemi gestionali.

Queste ultime, più genericamente indicate come reflui oleari, infatti, hanno un carico organico elevato. Basti pensare che 1 m3 di acqua di vegetazione corrisponde al carico organico (espresso come BOD5) prodotto da circa 100.000 abitanti equivalenti e di conseguenza è vietato sia lo scarico in un corpo idrico superficiale sia nelle fogne. In quest’ultimo caso, infatti, si rischia di mandare in tilt l’impianto di depurazione per un eccesso di sostanze organiche o per le proprietà antibatteriche dei polifenoli (molto concentrate in queste acque) che ostacolano le attività microbiche durante il processo di depurazione.

La soluzione ottimale, sia da un punto di vista economico, che ambientale, che dal 1996 viene legalmente utilizzata in tutta la penisola, è lo spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura, pratica nota anche con il nome di fertirrigazione, in quanto associa l’apporto di acqua (irrigazione) a somministrazione di elementi minerali e di sostanza organica (fertilizzazione). Lo spandimento sul suolo, però, va effettuato nel rispetto di alcune norme tecniche che da una parte mirano a valorizzare le proprietà ammendati e concimanti dei reflui oleari e dall’altra ad evitare il rischio di inquinamento delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni e a limitare l’impatto odorigeno.

 

 

Le norme tecniche, in particolare, pongono dei limiti ai quantitativi di acque di vegetazione (ma anche delle sanse) da distribuire sul suolo (massimo 50-80 m3/ha) in funzione del tipo di impianto oleario da cui si originano, e prevedono il rispetto delle distanze dai corsi d’acqua, dalla falda, e pone degli obblighi in materia di tempi e modalità di distribuzione. Anche i suoli devono avere determinate caratteristiche (di permeabilità, di pendenza, di distanza dai centri urbani, etc.).

Queste prescrizioni, molto semplici da attuare, sono contemplate sia in norme nazionali che regionali. In particolare la Regione Campania ha emanato un proprio disciplinare[1] per facilitare l’applicazione delle prescrizioni e di tutelare l’ambiente nel suo complesso. In quest’ottica l’Assessorato Agricoltura ha recentemente rifinanziato un Piano di Monitoraggio Ambientale, che ARPAC dovrà realizzare nei prossimi anni, con lo scopo di valutare lo stato dell’ambiente e di individuare eventualmente le criticità connesse con la pratica della fertirrigazione. Tale Piano, che fa seguito a quello già effettuato da ARPAC alcuni anni fa ed i cui risultati sono pubblicati sul sito agenziale (https://www.arpacampania.it/web/guest/frantoi-oleari-e-reflui), mira ad indagare i terreni oggetto di spandimento ed alcuni corsi d’acqua più esposti atteso che già il Piano precedente aveva evidenziato criticità ambientali in alcuni comprensori. Di recente, poi, ARPAC, è intervenuta, a supporto di alcuni organi di Polizia, per violazioni delle norme di gestione dei reflui oleari ed in particolare per scarichi o abbandoni incontrollati.

Il settore oleario, già da anni, applica i principi dell’economia circolare, recuperando i propri residui sia all’interno del frantoio che in altri cicli produttivi. Il rispetto delle norme ambientali è ormai entrato a far parte a pieno titolo della gestione di frantoi che quindi associano l’impegno di produrre un olio sempre di migliore qualità a pratiche rispettose dell’ambiente. ARPAC, è impegnata da anni nella verifica della corretta applicazione della normativa ambientale di settore, in sinergia con le altre istituzioni o soggetti competenti in materia e a monitorare lo stato dell’ambiente, collaborando anche a progetti o iniziative di sostenibilità ambientale.

Ogni anno ARPAC effettua controlli, a campione, sui frantoi campani (registrati quasi 500 fino a pochi anni fa) concentrati soprattutto nelle province di Salerno (46%) e Benevento (20%), così come previsto dall’art. 9 della L.574/1996 procedendo così alla verifica periodica delle operazioni di spandimento delle acque di vegetazione a fini di tutela ambientale.

 

 

[1] DGR n.398 del 28.03.2006 ad oggetto la “Disciplina tecnica regionale per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari”; DRD n. 258 del 3.07.06 ad oggetto “Guida alla disciplina tecnica per l’utilizzo agronomico delle acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari”.