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Il diritto alla fiducia per Tommaso Greco

by Pietro Spirito
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Per una parte degli economisti il capitale fiduciario è un elemento costitutivo dello sviluppo economico, per altri è dall’egoismo delle scelte individuali che nasce la crescita, con il mercato che rappresenta il supremo regolatore. In sociologia, sono stati studiati da Edward Banfield i danni del familismo amorale nelle regioni meridionali, mentre il capitale civico ha costituito la forza di coesione del nord e del centro Italia, analizzato da Robert Putnam.

Nella sfera del diritto, si è interrogato sul tema della fiducia Tommaso Greco, nel suo libro “La legge della fiducia. Alle radici del diritto”, Laterza, 2021.

Originariamente il diritto alberga saldamente dalle parti della sfiducia: da lì affonda le sue radici. Quando il diritto interviene, è perché ormai la fiducia è diventata un rischio insopportabile. Scrive Niklas Luhmann che “la legge ha preso le distanze dalla nozione di fiducia”. Nella terzietà si costruisce la certezza del diritto, in quanto i soggetti non sono capaci di mantenere le promesse: deve intervenire l’esercizio di un potere esterno che, dall’alto, costringa gli individui a compiere il proprio dovere.

Per il suo legame strutturale con la coazione, il diritto occupa il terreno nel quale predomina il paradigma della sfiducia. L’origine di questo pensiero sta in Aristotele (Etica Nicomachea): “Molti non sono per natura portati a obbedire per rispetto, bensì per paura, né ad astenersi dalle cose cattive per la loro turpitudine, bensì per le punizioni”.

Nell’epoca moderna viene assolutizzato questo concetto, creando un modello unico che ha espunto del tutto la fiducia dal modo di pensare il diritto. Per Thomas Hobbes (De cive) i legami tra gli uomini si basano esclusivamente sulla ricerca dell’utile.

Alla fine del diciannovesimo secolo (1897) il giudice americano Oliver Wendel Holmes scrive: “Chi vuole conoscere il diritto, e soltanto il diritto, deve guardare ad esso con l’occhio del cattivo soggetto, preoccupato solo delle conseguenze materiali che tale conoscenza gli consente di prevedere e non con l’occhio dell’uomo retto, che trova la ragioni della propria condotta, sia nell’ambito del diritto che fuori, nelle più vaghe sanzioni della propria coscienza”. Si giunge poi alla teorizzazione di Hans Keksen, secondo il quale il diritto consiste essenzialmente nell’obbligo di applicare la sanzione qualora se ne presentino le condizioni: in questo caso il vero violatore del diritto non è il cittadino che viene meno ai suoi obblighi, bensì il funzionario che non ottempera a quanto la norma gli obbliga di fare.

Poi nel Novecento comincia a farsi largo un approccio radicalmente diverso, meno centrato sulla sanzione e sulla repressione. Leon Duguir sostiene che “l’idea dell’uomo sociale è il solo possibile punto di partenza di una dottrina giuridica”. Si giunge al pensiero di Stefano Rodotà, che ha sottolineato il fatto che “la cancellazione del principio di solidarietà come guida dell’azione pubblica e privata rappresenta una amputazione indebita dell’ordine giuridico”.

Dunque, l’ordinamento fa sempre la scelta di favorire l’una o l’altra dimensione, accentuando le possibilità della fiducia o della sfiducia. Quando l’autorità del diritto si concentra sull’esercizio della forza, il momento della fiducia non può che retrocedere, sino a scomparire del tutto. Dal punto di vista della qualità degli aspetti relazionali, una società è tanto più decente quanto più incentiva rapporti fiduciari, anche per il tramite della regolazione giuridica. Viceversa, essa è tanto meno rispettosa e dignitosa, quanto più esacerba i rapporti tra le persone, inducendole alla paura reciproca, all’inimicizia ed al sospetto.

La trappola della sfiducia rischia di indurre in realtà ad una prevalente mancanza di rispetto delle regole, soprattutto in una società che è poco in grado di garantire la certezza del diritto. Quando passa l’idea che è possibile eludere la punizione, la tentazione di violare le norme rischia di essere largamente diffusa, perché non si paga dazio. Come rischia di essere un meccanismo distorsivo quello di basare prevalentemente i controlli ex ante, in quanto si costruisce un sistema di norme farraginose e di difficile applicazione.

Insomma, la mancanza di fiducia nella struttura del diritto costruisce burocrazia inefficiente e tentazione continua di violazione delle norme. Varrebbe la pena di farci qualche riflessione, quando si parla di semplificazione e di riforma del sistema burocratico nazionale.