fbpx
Home Recensioni Il mago del Cremlino

Il mago del Cremlino

by Pietro Spirito
0 comment

 

Spiegare i meccanismi di potere che hanno condotto Vladimir Putin a scatenare un’offensiva militare contro l’Ucraina e contro l’Occidente risulta più efficace con la tecnica del romanzo che non con le analisi di un saggio di politologia.

La forza dei personaggi che popolano questa storia merita di essere descritta non solo dai fatti di cui sono protagonisti, ma anche dalle dinamiche psicologiche e relazionali che esprimono lo spirito del tempo. È l’operazione che realizza Giuliano Da Empoli con “Il Mago del Cremlino”, Mondadori, 2022.

A raccontare la storia di due decenni di potere russo, che assume sempre più carattere imperiale, è la figura di Vadim Baranov, che ripercorre la carriera ed il ruolo di un consigliere molto ascoltato da Vladimir Putin, Vladislav Surkov. Fino a poco tempo fa Surkov era uno dei più stretti consiglieri personali più influenti. Di più, Surkov è stato il suo ideologo, il regista della sua ascesa e della costruzione del suo sistema di potere, tanto da essere soprannominato il ‘Rasputin del Cremlino‘. Oggi Vladislav Surkov è finito agli arresti domiciliari, due mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

In questo ha seguito il destino di diversi consiglieri politici strettamente connessi al potere di Putin, in una fase di profondo rimescolamento degli assetti del potere russo i cui contorni non sono ancora pienamente chiari agli occhi di noi occidentali. In Russia ha sempre contato il privilegio, la vicinanza al potere. Era così sin dai tempi dello zar e poi, anche di più, durante gli anni del comunismo. Gli oligarchi erano riusciti a ribaltare questo assetto, affermando il valore dei soldi come principio ordinatore del potere.

Vladimir Putin, con una ristretta cerchia di consiglieri e con la rete di potere dei servizi segreti, rimette i tasselli al posto originario e torna ad affermare il potere ordinatore dello Stato. Molti degli oligarchi, che originariamente avevano immaginato di utilizzare Putin come un burattino al servizio dei loro interessi, vengono liquidati, spesso politicamente, talora anche fisicamente.

Il senso di frustrazione derivante dalla caduta della potenza sovietica sta alla base del revanchismo russo espresso dalla politica di potenza condotta in questi due decenni da Putin. Se l’Occidente ha pensato di aver vinto la guerra fredda, per il popolo russo non si è trattata di una sconfitta ma di una liberazione. Il muro di Berlino è stato in realtà abbattuto dalla Russia, non dall’Occidente.

La verticalizzazione del potere impressa da Vladimir Putin è stata funzionale alla ripresa di orgoglio russo, che era in realtà una esigenza molto avvertita in una società civile che era uscita frustrata e piegata dal crollo della Unione Sovietica. La repressione del terrorismo ceceno, avvenuta con ferma e cieca determinazione, ha rappresentato in qualche modo la prova generale per le successive mosse tendenti a ricostituire il perimetro originario del potere sovietico.

Il romanzo segue le vicende di una battaglia per il potere che esprime una ideologia attenta da un lato all’ordine interno e dall’altro alla destabilizzazione internazionale. Il protagonista della storia, Vadim Baranov, ci guida dentro i meccanismi del potere autocratico, nella cerchia ristretta degli uomini che contano attorno a Vladimir Putin. Matura gradualmente l’escalation inevitabile verso la guerra, per un senso di accerchiamento percepito da parte dell’Occidente ma anche per un senso di rivincita verso l’orgoglio della storia russa. Dove si possa fermare questo disegno di potenza il romanzo non lo dice. Sarà la storia, quella vera, che ce lo dirà.