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Il nucleare in Italia. Incontro con il direttore dell’ISIN, Pernice

by Flavio Cioffi
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Qualche settimana fa abbiamo raccontato la nostra visita alla centrale nucleare del Garigliano – https://www.genteeterritorio.it/in-visita-alla-centrale-nucleare-del-garigliano/ – che l’azienda di Stato SOGIN sta smantellando. Ma la filiera del nucleare in Italia parte dall’ISIN, la competente Autorità nazionale indipendente di controllo, operativa da meno di un anno. Ci siamo quindi incontrati con il direttore generale Maurizio Pernice e con i funzionari tecnici Bologna e Trenta, in un colloquio a più voci, per capire meglio lo stato dell’arte.

Perché una nuova Autorità?

Pernice. Nel 2009 fu istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare che però non partì mai. Era stata pensata nell’ottica del ravvio del nucleare che venne bocciato dal secondo referendum sull’argomento e fu quindi soppressa. Le funzioni continuarono ad essere svolte dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nelle more dell’attuazione della normativa comunitaria che prevede una o più Autorità di regolamentazione tecnica indipendenti in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione. Nel 2014, in sede di recepimento di una direttiva del 2009, fu pertanto prevista l’istituzione dell’ISIN con competenze di controllo sia sul decommissioning delle centrali nucleari che sulla sicurezza dei depositi presenti sul territorio nazionale, presso i quali sono stoccati i residui che dovranno poi confluire nel deposito nazionale, nonché sull’impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti. Nel 2017 è stata recepita un’altra direttiva che ha connotato l’ISIN come Autorità dotata non solo di autonomia regolamentare e gestionale, ma anche di giudizio e di valutazione.

Maurizio Pernice

In che misura l’ISIN è indipendente?

Pernice. Completamente. Non abbiamo Amministrazioni vigilanti. Il Ministero dell’ambiente ha competenza sulla radioattività ambientale, il Ministero della salute sull’esposizione soprattutto dei pazienti a sostanze radioattive, il Ministero degli interni con il Dipartimento della protezione civile sulla gestione delle emergenze nucleari, il Ministero dello sviluppo economico sul rilascio di autorizzazioni. Poi c’è l’ISIN, che svolge un’attività di controllo tecnico sulla sicurezza dei vari impianti, di istruttoria sul decommissioning delle installazioni nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi, e molto altro ancora. Inoltre, detta i criteri per l’individuazione delle aree potenzialmente idonee alla realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

ISIN è strutturata per svolgere questi compiti?

Pernice. Abbiamo un problema di ricambio generazionale, nel senso che 10/12 tecnici, da qui a 3 o 4 anni, andranno in pensione. Dal 2011, quando fu soppressa l’Agenzia per la sicurezza nucleare, non sono state fatte nuove assunzioni. E’ importante provvedere, ma questo lo abbiamo detto in tutte le sedi. Inoltre, siamo pochi e non possiamo dare risposta immediata a tutto. Stiamo infatti individuando i criteri generali di valutazione del rischio per stabilire le priorità sulla vigilanza.

Concretamente cosa significa?

Pernice. Ad oggi le nostre priorità sono in relazione agli impianti e alle situazioni che consideriamo necessitino di maggiore attenzione, perché è passato tempo dall’ultimo controllo o perché sono stati eseguiti interventi di adeguamento e via dicendo. Però è fondamentale dotarsi di criteri generali, basati su valutazioni tecniche di rischio, sulla quale costruire una pianificazione delle ispezioni e dei controlli.

Come viene eseguito il controllo del lavoro della SOGIN sulle centrali nucleari?

Bologna. Prima di tutto fornendo pareri vincolanti al MISE sul rilascio delle autorizzazioni per i piani di disattivazione e in relazione ai progetti particolareggiati, ai piani operativi e quant’altro la SOGIN è tenuta a presentare. Dopodiché c’è il controllo presso le installazioni. In alcuni casi attraverso azioni di sopralluogo e vigilanza, in altri, si tratta di ispezioni vere e proprie. I nostri ispettori sono ufficiali di polizia giudiziaria. Sono controlli a 360 gradi, sia all’interno delle centrali che nelle zone limitrofe, all’esito dei quali possiamo intervenire con nostri atti impositivi diretti o può scattare l’obbligo di inoltrare una nota informativa alla Procura della Repubblica competente.

Veniamo alla centrale del Garigliano.

Trenta. Attualmente sono stati adeguati i vecchi depositi, a meno di quelli ex ECCS e C-501, mentre per il deposito ex compattatore abbiamo dato la relativa autorizzazione all’inizio di quest’anno. Inoltre, ne è già stato realizzato uno nuovo e un altro resta ancora da costruire. Per quanto riguarda la disattivazione, la SOGIN sta procedendo agli adeguamenti dei sistemi ausiliari dell’edificio turbina e dell’edificio reattore che serviranno per lo smantellamento del ciclo termico e dei componenti dell’isola nucleare.

Le operazioni procedono nel rispetto dei tempi?

Trenta. Nel rispetto dei tempi, no. Ci sono stati dei ritardi. Noi abbiamo seguito la logica della sicurezza. Se tu mi invii progetti da autorizzare quando non hai ancora realizzato gli interventi propedeutici già approvati, io non procedo con la nuova autorizzazione. Ad esempio. se devi smantellare il vessel, che rappresenta il cuore del reattore, prima voglio che tutti i sistemi che serviranno per lo smantellamento vengano adeguati, vengano messi in prova e, a risultati positivi, do l’ok. Il termine ultimo per lo smantellamento è stato portato al 2028. Bisognerà vedere come la SOGIN procederà con le attività, molte delle quali scontano già alcuni ritardi.

Cosa rimarrà della centrale?

Trenta. L’edificio reattore, l’edificio turbina e i depositi dove saranno stoccati i rifiuti in attesa del loro trasferimento al deposito nazionale. Gli edifici rimarranno perché la centrale è stata ritenuta un esempio di archeologia industriale. I rifiuti radioattivi che rimarranno temporaneamente stoccati saranno, secondo la nuova classificazione, ad attività molto bassa, bassa e media.

Collaborate con Arpa Campania?

Trenta. Quando eravamo ancora Ispra, nel 2014, insieme ad ARPA Campania e ARPA Lazio, è stato prodotto un rapporto sullo stato dell’ambiente intorno all’impianto e per la seconda metà di quest’anno stiamo programmando una nuova campagna che probabilmente sarà condotta con le stesse Agenzie.

Bologna. Per legge la SOGIN deve effettuare il controllo della radioattività ambientale nelle aree limitrofe alla centrale, manda i risultati a noi periodicamente e noi li controlliamo. L’ARPAC esegue un monitoraggio radiometrico indipendente, campionando anche lei le matrici ambientali, ma i laboratori di ARPAC e ISIN sono sempre in contatto.

Chi deve fare che cosa per arrivare finalmente al deposito nazionale?

Pernice. E’ una procedura abbastanza articolata e complessa. Adesso siamo nella fase iniziale, cioè nella fase di individuazione delle aree potenzialmente idonee. Stiamo valutando l’ultima proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee che ci è stata trasmessa da SOGIN lo scorso aprile, rispetto alle linee guida che hanno definito i criteri tecnici dal punto di vista geologico e idrogeologico. Le conclusioni di questa istruttoria saranno sottoposte alla Consulta dell’ISIN per il necessario parere e la validazione definitiva. A questo punto, nel prossimo mese, contiamo di trasferire le conclusioni al Ministero dell’ambiente e al MISE che dovranno dare il via alla pubblicazione della Carta da parte della Sogin e alla fase di individuazione delle aree idonee.

I Ministeri devono fare a loro volta una valutazione?

Pernice. In passato si è verificato che abbiano chiesto chiarimenti, perché la valutazione della Carta si fa sulle mappe, non a seguito di verifiche sul campo, e lo studio della situazione geologica e idrogeologica italiana è in continua evoluzione. Dalla prima validazione del 2015 siamo arrivati a marzo 2018 per un primo aggiornamento e poi ad aprile di quest’anno. Una volta pubblicata la Carta si avvierà il dibattito pubblico. Ritengo però doveroso che si arrivi a realizzare il deposito nazionale dove conferire i rifiuti radioattivi che oggi sono localizzati in diversi siti del territorio nazionale e quelli che continuano ancora a prodursi con il decommissioning, la ricerca, l’industria, la sanità. Il mantenimento di una pluralità di siti comporta importanti costi aggiuntivi. Non si può fingere che non ci sia un problema.

Poi ci sono i rifiuti che devono rientrare da Francia e Regno Unito.

Pernice. Esatto. Sono rifiuti ad alta attività che necessitano di un deposito geologico, mentre il deposito nazionale previsto è di superficie e può ricevere a fini di smaltimento solo rifiuti a bassa e media attività. Nel Deposito Nazionale essi verrebbero stoccati in un apposito impianto di deposito temporaneo da realizzarsi. Tenerli all’estero è teoricamente possibile, ma quasi tutti gli Stati hanno leggi che vietano loro di importare rifiuti radioattivi. Anche la Francia e il Regno Unito, alla scadenza dei contratti ce li restituiranno. In caso di Paesi extracomunitari, poi, bisogna dimostrare che i rifiuti vengono gestiti nel rispetto delle regole europee. Potrebbe esserci un’altra possibilità, che è stata oggetto di discussione a livello europeo, e cioè che i Paesi che hanno pochi rifiuti di questo tipo, come l’Italia, realizzino un unico deposito comune. Ma non è una trattativa facile. Il problema è politico.

Ma la Carta cosa prevede?

Pernice. Non posso dirlo, attualmente è un documento riservato. Diciamo che individua una serie di aree che per le loro caratteristiche sono potenzialmente idonee alla localizzazione del Deposito nazionale.

Insomma, non ha voluto dirmelo. E dire che ci conosciamo da anni.