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In quale città si vive meglio?

by Ghisi Grütter
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Qualche giorno fa sono stata a sentire una conferenza su “La città dell’incertezza” di Giuseppe Roma – per molti anni direttore del CENSIS – all’interno del ciclo di conferenze organizzate da Alessandro Bianchi, direttore della scuola La Fenice Urbana, presso Unitelma Sapienza. Vorrei prendere spunto da uno dei grafici mostrati che è comparativo dell’andamento di alcune città leader negli ultimi 5 anni.

È chiaro che a seconda di quali parametri si fissino per il confronto, le graduatorie cambino. È uscita da poco la classifica annuale (del 2022) elaborata dal settimanale londinese “The Economist” delle città “più piacevoli” al mondo, ossia dove si vive meglio, stilata dall’Economist Intelligence Unit, l’unità di ricerca e analisi affiliata al settimanale inglese.

La città al primo posto si trova in Europa ed è Vienna. Già nel 2011, poi nel 2018 e 2019, era stata nominata la capitale ecologica d’Europa e la classifica è redatta considerando: ambiente, cultura, infrastrutture, sistema sanitario ed educativo. Vienna, inoltre, possiede un vastissimo patrimonio artistico e culturale che gestisce con cura e attenzione ed ha anche un gran numero di ristoranti, di Gasthaus e di caffè frequentati sia di giorno che di sera. Questa città, per di più, ha un clima mitteleuropeo temperato ed è il più asciutto della zona Pannonica.

Come c’era da aspettarsi le città italiane non sono nelle top ten. Non so esattamente quali siano tutti i parametri presi in considerazione ma, a mio avviso, ce ne sono due che penalizzano decisamente le città italiane, con particolare riguardo a Roma: lo smaltimento dei rifiuti e la manutenzione. Roma è la città più verde d’Europa, ma se gli alberi non vengono potati, se il verde non è innaffiato sufficientemente e i parchi non puliti, il primato resta sulla carta e non incrementa la vivibilità dell’ambiente urbano.

A Vienna, oltre al resto, molte zone a sud hanno affrontato grossi interventi di rigenerazione urbana, come ad esempio la zona degli ex gasometri (su cui ho già scritto un articolo in questo giornale) e di archeologia industriale come il vecchio panificio Ankerbrot Fabrik a Puchsbaumgaße trasformato in un complesso residenziale con servizi vari, così da offrire un attraente panorama urbano. Questi vari lavori sono esempi di come Vienna sia capace di evolversi rigenerando edifici esistenti senza negare la sua storia, recuperandone, invece, la memoria.

La capitale austriaca è stata sempre all’avanguardia per la sua attenzione all’ambiente e le sue innovazioni urbane fin dall’Ottocento con la creazione del Ringstraße – le mura Ottocentesche della città antica trasformate in boulevards alberati nel 1857/59. Basti pensare ai dolci declivi del Wienerwald – un’area di ben 9.900 ettari – il famoso bosco viennese che forma una cintura verde e in cui si studiano strategie per la protezione della natura. Questo “polmone verde” è tutelato da apposite norme di legge e nel 2005 è stato dichiarato dall’UNESCO “riserva della biosfera”, una denominazione per le regioni con una particolare cultura e un particolare paesaggio. Ma c’è anche il Lobau (parte del parco nazionale Donau-Auen), un raro caso di paesaggio fluviale vergine in un’area urbana europea. Una metropoli così che sorge in parte all’interno di una riserva della biosfera è unica e molto speciale.

 

 

 

L’essere in cima alla classifica del “The Economist” per Vienna è un apprezzato ritorno visto che in passato era già risultata la città più piacevole e vivibile al mondo. La sua retrocessione nei due anni precedenti (addirittura alla 12ma posizione nel 2021) è dovuta prevalentemente alla chiusura di musei e ristoranti a causa della pandemia. Ciò significa che tutti i dati e i grafici vanno riletti con questa variabile: in un certo senso risultano penalizzate nella classifica le città che sono state le più “virtuose” nel contenimento del Covid -19. Così ad esempio Auckland, in Nuova Zelanda, dal primo posto del 2021 è scesa addirittura al 33mo a causa delle rigide regole sanitarie applicate per contrastare la pandemia.

Anche secondo la graduatoria Mercer Quality of Living Survey, per dieci anni consecutivi, Vienna è stata considerata la più vivibile al mondo tra più di duecento metropoli. La graduatoria statunitense è redatta per aiutare Governi e aziende per l’assegnazione di sedi ai propri dipendenti. Tale graduatoria tiene conto di diversi parametri, tra i quali la sicurezza personale data dalla stabilità interna, crimini, forze di Polizia e relazioni diplomatiche con altri paesi (Milano è al 41mo posto e Roma al 56mo).

Già una ventina di anni fa una coppia di miei amici architetti viennesi aveva venduto la macchina ed entrambi giravano con i mezzi pubblici. Nei week end, quando dovevano andare fuori città, prendevano un’auto a leasing perché c’erano delle tariffe agevolate proprio con l’obiettivo di far diminuire il traffico su gomma.

 

 

 

Amo molto Vienna e l’ho frequentata per diversi anni. Penso che all’inizio del Novecento sia stata il centro culturale e scientifico d’Europa. Le scoperte biologiche hanno influenzato quelle artistiche, come ha scritto il premio Nobel per la medicina Eric R. Kandel in L’età dell’Inconscio. Arte mente e cervello dalla grande Vienna ai giorni nostri (RaffaelloCortinaEditore 2012). All’epoca la letteratura e la pittura hanno dovuto fare i conti con la neonata psicoanalisi, così afferma Kandel: «Mentre Schnitzler descriveva la ricchezza e la inafferrabilità delle vite interiori delle donne e la loro battaglia per raggiungere un’identità sociale e sessuale che fosse indipendente dagli uomini, Gustav Klimt si poneva all’avanguardia di un analogo movimento nell’arte austriaca. La pittura modernista austriaca si sviluppò a partire dall’idea che per essere veramente moderna, l’arte non doveva solo esprimere sentimenti moderni, ma doveva mostrare le pulsioni inconsce che motivavano tanto gli uomini quanto le donne. Nelle mani di Klimt e dei suoi protetti – Oskar Kokoschka e Egon Schiele – la pittura si dimostrò analoga alla scrittura creativa e alla psicoanalisi per capacità di indagare quello che si nascondeva sotto gli atteggiamenti morigerati dei viennesi nei confronti del sesso e dell’aggressività, e di rivelare la vera interiorità delle persone». La Traumnovele (Doppio sogno) è stata scritta da Arthur Schnitzler tra il 1921 e il 1925 e sicuramente l’autore conosceva la Traumdeutung (Interpretazione dei sogni) e gli altri scritti di Freud. Ma fu proprio lui, Sigmund Freud a dichiarare di aver evitato Schnitzler “per una specie di timore del sosia”. Così gli scrisse in una lettera del 1922: «…sempre, quando mi sono abbandonato alle sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri… Così ho avuto l’impressione che Ella sapesse per intuizione – ma in verità a causa di una raffinata autopercezione – tutto ciò che io con un lavoro faticoso ho scoperto negli altri uomini. Credo, anzi, che nel fondo del Suo essere Lei sia un ricercatore della psicologia del profondo così onestamente imparziale e impavido come non ve ne sono stati mai».

 

Immagini, dall’alto:

  • Grafico dell’andamento di alcune città durante 5 anni
  • Vista di Vienna dal Wienerwald, foto di Gabriela Froelich
  • Tram in Schwedenplatz a Vienna, foto di Martin Ortner