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Istituto Dohrn: strategie e assunzioni. Intervista con il Presidente Danovaro

by Flavio Cioffi
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Il professore Roberto Danovaro è il presidente, da poco riconfermato, della Stazione Zoologica Anton Dohrn, un’istituzione nel panorama scientifico napoletano e un’eccellenza di livello internazionale. Cominciamo chiedendogli un bilancio dell’attività sinora svolta.
Meno positivo di quanto avrei voluto, perché non sono riuscito a chiudere tutto quello che avevo cominciato. Non sono quindi pienamente soddisfatto dei risultati del mio lavoro. Però, penso che sia stato avviato un processo di risanamento complessivo indispensabile dopo decenni in cui la mancanza di opportunità, di risorse e di occasioni di reclutamento avevano determinato una sorta di congelamento di quegli aspetti che avevano lanciato questa struttura come ente di riferimento e di eccellenza nel mondo. Quindi grande apertura, grande scambio, grande riferimento culturale.
Alcune cose sono state importanti. La Stazione Zoologica in questi quattro anni è tornata ad essere l’ente di riferimento, a livello italiano, sulle ricerche biologiche ed ecologiche marine. Secondo aspetto positivo è stato quello di lanciare definitivamente la ricerca legata alle biotecnologie marine. L’Italia non è presente nello specifico panorama mondiale ma ha le più grandi opportunità. E parlo di biotecnologie marine ecosostenibili.

Professore Roberto Danovaro

Blue economy?
Parliamo esattamente di questo. Napoli, anche grazie alla Stazione Zoologica, è tornata ad essere l’ombelico della ricerca marina a livello europeo. Un primo riconoscimento per la Regione Campania e per l’Ente è anche il fatto che il cluster nazionale Blue Growth, relativo all’economia del mare, abbia sede qui da noi ed è una struttura che coinvolge 140 tra aziende, enti di ricerca ed università.
Abbiamo rafforzato molto il collegamento con il Comune e con la Regione. Ho trovato nelle Istituzioni locali capacità e volontà di migliorare il territorio, anche creando degli asset tra Enti pubblici, come siamo noi. Indicativo è che finalmente, dopo un iter abbastanza complesso, siamo pronti a partire con il bando per la rifunzionalizzazione del Circolo della Stampa. Il centro si chiamerà Darwin Dohrn, in onore sia del nostro fondatore sia di Darwin che è stato il nume tutelare della nascita di questo Ente, ed ospiterà, pur rimanendo a disposizione dei cittadini con un museo di biologia marina, la sede del cluster crescit blu, della Fondazione Dohrn, che gestirà le attività di divulgazione e di rapporto con il pubblico, e del nodo nazionale di EMBRC, una infrastruttura europea dedita alla fornitura di risorse biologiche marine per la ricerca e per l’industria.
Questa infrastruttura è un aspetto strategico per la ricerca marina italiana, poiché rende competitivo il polo nazionale marino nell’ambito della ricerca europea di eccellenza. E’ un po’ come correre in Formula 1, si è nell’élite di quelli che conducono la ricerca ai livelli top nel G7. E questo è a Napoli.

Significa che lei pensa di concentrare l’attività di ricerca sulle biotecnologie marine?
No, l’infrastruttura di ricerca permette tanti sviluppi e soprattutto di ampliare le possibilità di trasferimento tecnologico, quindi di creare nuove occasioni di impresa e fare occupazione a partire dalle conoscenze generate dalle nostre ricerche, ma non solo nelle biotecnologie marine. Vi sono aspetti cruciali legati all’ecologia, al disinquinamento, alla gestione sostenibile delle risorse marine. In questa prospettiva abbiamo sviluppato una nuova laurea magistrale internazionale con l’Università Federico II di Napoli.
Inoltre, puntiamo molto sul potenziamento delle core facilities ovvero di servizi e infrastrutture avanzate per la ricerca sul modello dei Paesi di eccellenza come gli Stati Uniti, Germania, Giappone. Ma vogliamo farlo in modo aperto e fornire tecnologie ed analisi di altissimo livello all’intera comunità scientifica italiana ed aumentare la possibilità di fare ricerca sia pura sia applicata a livelli di eccellenza su tutto il territorio italiano.
Se lei non si dà la piena sufficienza, come valuta la sua struttura?
Per un biologo marino non esiste cosa più entusiasmante e prestigiosa che presiedere la Stazione Zoologica di Napoli, perché vuol dire salire sulle spalle dei giganti che hanno fatto la storia della ricerca biologica marina nell’ultimo secolo e mezzo. Un grande onore ma anche un onere che affronto con entusiasmo. Inoltre, questo Istituto ha al suo interno ricercatori di livello eccellente. Il problema è che l’età media dei ricercatori in Italia è altissima e noi non facciamo eccezione; questa generazione di scienziati straordinari presto andrà in pensione. Quindi abbiamo la responsabilità e il dovere di investire sulle nuove generazioni. Ecco perché abbiamo attuato una politica forte di reclutamento di giovani ricercatori. Per usare una parafrasi calcistica, la scommessa è quella di mettere assieme dei campioni consolidati con delle giovani promesse per costruire una squadra di successo.

Quali strategie sta mettendo in atto per darsi non solo la sufficienza, ma un voto di eccellenza?
La strategia è quella di perseguire nel rapporto di fiducia instaurato con tutte le istituzioni di riferimento, dal Ministero vigilante MIUR, che ha dato sempre pieno e convinto supporto a tutte le iniziative prese, alle istituzioni locali, Comune di Napoli e Regione Campania. L’obiettivo per il prossimo biennio è quello di completare le cose già iniziate: il museo Darwin-Dohrn nella casina del boschetto; la rifunzionalizzazione dell’ex Turtle Point di Bagnoli a seguito della convenzione appena stipulata con Invitalia. Questo centro, che prenderà il nome di Marine Farm & Factory (Fattoria e Fabbrica del Mare) diventerà il più grande centro di produzione di organismi marini utili alla ricerca ed al restauro ambientale in Europa. Infine, vogliamo essere riconosciuti come l’Ente nazionale di riferimento per la ricerca marina nel Mezzogiorno. Un obiettivo ambizioso ma raggiungibile, perché l’Italia ha bisogno di ricerca nel mezzogiorno ed il mare è forse l’ambito di maggior interesse e prospettive di sviluppo.
La strategia però corre sulle capacità e sulle gambe delle persone, ecco perché intendiamo perseguire un piano forte di potenziamento del reclutamento, che sarà totalmente aperto, di oltre cento persone. Chi legge Gente e Territorio sappia che se ha un curriculum competitivo e vuol fare questo lavoro ha il dovere di fare domanda perché non ci sono vincitori programmati. Con l’occasione speriamo anche di poter interessare i nostri connazionali fuggiti all’estero e farli rientrare in Italia per dare il loro contributo allo sviluppo di questo Paese. L’Italia non è un obiettivo prioritario per i ricercatori eccellenti all’estero perché in Italia paghiamo poco i ricercatori, e Napoli viene vissuta a volte con pregiudizi. Ma tutti i pregiudizi poi si rivelano totalmente infondati determinando un effetto boomerang e si innamorano tutti di Napoli e della Stazione Zoologica. Noi abbiamo ricercatori da nove diverse nazioni, che finiscono per diventare tutti napoletani adottivi.
Parliamo del progetto ABBaCo e delle indagini che l’Istituto sta conducendo sullo stato qualitativo dei sedimenti marini di Bagnoli.
Bagnoli, ma anche la gestione dei fanghi portuali di Napoli e Salerno, rappresentano la volontà dell’Ente di mettere a servizio le proprie conoscenze per svolgere in modo innovativo ed efficace, direi sicuro, un ruolo di supporto istituzionale.
A Bagnoli abbiamo fatto una caratterizzazione in tempi record, ricordo che il progetto è stato finanziato ad aprile scorso e noi abbiamo concluso tutti i campionamenti a dicembre e concluderemo a giorni tutte le analisi, applicando per la prima volta congiuntamente i due decreti ministeriali elaborati nel 2016, in modo da assicurare la più completa informazione necessaria a prendere le successive decisioni. In altri termini non ci siamo fermati alle sole analisi chimiche ma abbiamo studiato la risposta degli organismi agli inquinanti. Se la normativa vigente chiedeva 1 noi abbiamo fatto 5, perché la prima cosa che deve garantire la scienza è la certezza delle risposte. Se voglio essere sicuro di una misura la replico nel tempo e nello spazio e così abbiamo fatto allargando l’area di campionamento, intensificando i prelievi, scendendo in maggiore profondità nel sedimento, ed aumentando il numero di variabili di studio.
I risultati del progetto ABBaCo non si limiteranno a dire cosa è contaminato, ma si estenderanno grazie al progetto europeo MERCES a ricostruire quello che c’era prima e che adesso non c‘è più. Dopo la rimozione dei contaminanti, infatti, è previsto il restauro degli habitat naturali. Non vogliamo lasciare un deserto dopo aver spento un incendio, vogliamo ricostruire quello che è andato perso.

I sedimenti rimossi potranno essere utilizzati nel porto di Napoli, come previsto?
Noi ci occupiamo di fornire tutte le informazioni che permetteranno a Invitalia di prendere decisioni. Queste decisioni esulano completamente dall’ambito scientifico di ABBaCo. Detto questo io spero che sia possibile, ma non è una passeggiata fuori porta, stiamo parlando di uno dei siti storicamente più inquinati d’Europa. Si tratta della più grande sfida ambientale marina che io conosca a livello europeo e quindi non sarà facile. Tuttavia, il lavoro di ABBACO e lo sviluppo di nuove tecnologie secondo me permetteranno o di fare ciò che non è mai stato possibile fare. E’ una partita importante che giocherà il commissario Nastasi. Ma dobbiamo agire tutti con tempestività, la validità di questi studi è di tre anni, altrimenti dobbiamo ripartire da zero.

Ci parli della collaborazione con l’Autorità portuale.
E’ un altro esempio di eccellenti rapporti istituzionali. Condividiamo con il presidente Spirito una visione estremamente concreta, volta al raggiungimento di risultati utilizzando le best practices. La gestione dei fanghi portuali è un problema gigantesco, legato al fatto che bloccano attività commerciali e possono diventare altre bombe ecologiche. In particolare, il metodo ABBaCo, in collaborazione con 13 tra università e istituti nazionali di ricerca, è un metodo intelligente e innovativo che garantisce l’effettivo dimensionamento di ciò che è da rimuovere rispetto a ciò che può essere semplicemente ridepositato a mare.
Sottolineo Salerno perché probabilmente diventerà il caso di studio più interessante dal punto di vista scientifico dell’intero Mediterraneo, perché parliamo di una movimentazione gigantesca di sedimenti che verranno depositati in ambiente profondo. Finora un esperimento analogo è stato fatto solo negli Stati Uniti.
La Stazione Zoologica sta diventando l’Ente nazionale di riferimento per la soluzione dei problemi complessi relativamente alla gestione dei fanghi portuali ed ai progetti di bonifica dei siti contaminati marini italiani.

Un auspicio finale.
Che l’attuale congiuntura positiva si mantenga abbastanza a lungo per portare a termine ciò che è in corso, perché siamo a buon punto, ma se si arriva all’ultimo miglio e non si chiude, non si è fatto nulla.

di Flavio Cioffi