Italia Nostra non abbandona la recente polemica con altre associazioni ambientaliste in ordine alle fonti rinnovabili. Dalla Sardegna si paventa infatti “un inedito disconoscimento dell’importante ruolo delle Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e una esplicita rinuncia a combattere la speculazione”. Più nel dettaglio, Italia Nostra Sardegna sostiene che “con gli amici di Legambiente, del WWF e del FAI abbiamo combattuto importanti battaglie e ottenuto buoni risultati, soprattutto in Sardegna, contro la speculazione edilizia, in particolare quella costiera e dei centri storici. (…) Analogo discorso deve essere fatto per l’insediamento degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Anche per queste infrastrutture è necessario stabilire quantità, qualità e ubicazione degli impianti, e questo non può deciderlo l’imprenditore, ma deve essere frutto di una pianificazione pubblica, oggi del tutto assente”.
Si parla infatti di una vera e propria “aggressione” ai danni del territorio sardo. Nell’ultimo anno sarebbero state presentate richieste per 16 nuovi impianti eolici offshore e 49 onshore, oltre a 162 impianti fotovoltaici a terra. Il che significherebbe 900 pale alte 300 metri a mare e 400 a terra, per una produzione annua superiore a 42mila GW/h ma tecnicamente non utilizzabile, perché il fabbisogno dell’isola sarebbe di 9mila GWh, né esportabile sia pure col tyrrhenian link. Si tratterebbe di progetti, sempre secondo Italia Nostra Sardegna, tecnicamente non approvabili.
Bisognerebbe piuttosto ascoltare l’ISPRA sull’eccessivo consumo di suolo causato dagli impianti fotovoltaici a terra e accoglierne i suggerimenti sullo sfruttamento dei fabbricati esistenti che garantirebbero l’installazione di panelli equivalenti a 85 GW, sufficienti a coprire l’aumento di energia rinnovabile complessiva previsto dal Piano per la Transizione Ecologica al 2030.
Gli ambientalisti del “Si a tutto” farebbero in buona sostanza gli interessi degli speculatori. Tanto per andarci leggeri.