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Kazakhstan, la grande crisi

by Flavio Cioffi
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La grande crisi che ha subito il Kazakhstan in questi primi giorni di gennaio ha preoccupato molti. E’ la crisi più grave nei trent’anni di storia dell’indipendenza che il Paese ha festeggiato proprio a dicembre 2021. Partita  dal malcontento popolare per l’aumento del prezzo del GPL, subito accontentato dalle concessioni del presidente Tokayev, ma che successivamente è apparso strumentalizzato al fine di fomentare tensioni all’interno del Paese. Una situazione complessa di non facile lettura.

Obiettivo principale Almaty, la città più grande e il centro finanziario del Kazakhstan, dove si concentrano i più importanti snodi di trasporto e comunicazione. La caduta di questa città avrebbe aperto la strada a tutto il sud, densamente  popolato, e poi alla capitale Nur-Sultan e al resto del Paese. La tipologia degli scontri con le forze dell’ordine kazake ha fatto temere che si trattasse di gruppi di rivoltosi.

In questa situazione, il Paese ha chiesto aiuto all’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO), l’alleanza militare tra le ex repubbliche sovietiche, che ha dispiegato una forza di  circa 2.500 soldati inviati per stabilizzare la situazione, sorvegliare le strutture strategiche e sostenere le forze dell’ordine e militari del Kazakhstan. Secondo le dichiarazioni del Presidente Tokayev, la missione principale delle forze del CSTO è stata completata e i contingenti stranieri dovrebbero riprendere già nei prossimi giorni la via di casa.

Lo scorso 10 gennaio è stata indetta una giornata di lutto nazionale per  le oltre 160 vittime dei disordini. “I cattolici del Paese, uniti in preghiera con Papa Francesco, pregano per il riposo delle anime delle persone uccise durante i disordini”, si legge sul portale di una chiesa cattolica nel Paese. L’arcivescovo di Santa Maria ad Astana, mons. Tomas Peta,  ha invitato tutti i cattolici a radunarsi per una celebrazione fissata per oggi, giovedì 13 gennaio alle 16 nella cattedrale di Nur Sultan, per pregare per “il riposo eterno dei defunti e la pace nel Paese”.

Tokayev ha ora il compito più importante: far sì che le rivendicazioni economiche dei manifestanti, da lui accolte nelle prime ore della crisi, abbiano séguito nei programmi del nuovo governo. Al nuovo primo ministro, il 49enne Alikhan Smailov (ex vicepremier), sarà affidato il compito di istituire un fondo per ridurre gli squilibri sociali con l’adozione, entro due mesi, di un programma di aumento dei redditi della popolazione e di un congelamento per cinque anni degli stipendi di deputati, membri del Governo e amministrazioni comunali.

Il Presidente Tokayev ha anche assicurato che è intenzionato a proseguire le riforme avviate nei mesi scorsi per il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale e che “restano in vigore tutti gli obblighi del governo nei confronti degli investitori”. La  risoluzione di eventuali problemi degli investitori risulta oggetto di costante monitoraggio  e assistenza da parte del Ministero degli Affari Esteri che ha istituito un apposito call center operativo h24, sette giorni su sette.