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L’assessore regionale al lavoro Palmeri si promuove con un bel 7

by Flavio Cioffi
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Se c’è un’emergenza vera nella nostra regione, aldilà della retorica e delle false questioni poste sul tappeto per sviare l’attenzione, è quella del lavoro. Da lì discende l’intero contesto di difficoltà nel quale viviamo. Si tratta di problemi strutturali che nessuna azione di governo, men che mai a livello locale, può definitivamente risolvere. Però una politica di programmazione di lungo respiro può certamente incidere. In positivo o in negativo dipende dalle misure concrete. Ad un anno dalla fine della legislatura regionale, a chi chiedere di tracciare un bilancio se non all’assessore al lavoro della Regione Campania, Sonia Palmeri?

Partiamo dalle ferite aperte. Ci parli delle principali vertenze in corso.

I tavoli di crisi in Campania sono tantissimi e li seguo personalmente tutti. Dalla Comdata di Pozzuoli alla Ottimax di Afragola, dalla Treofan di Battipaglia alla Princess di Angri a La Città di Salerno. Proprio giovedì scorso, abbiamo chiuso con successo la trattativa relativa alla Jabil di Marcianise, che su 800 dipendenti ha un esubero di 300. Dopo lunghe trattative siamo riusciti a coinvolgere la Softlab che ne ha già assunti 50 nella sua nuova sede di Caserta e spero che assorba anche gli altri.

Il caso dell’Almaviva Contact è forse più noto. 846 lavoratori a Napoli, 1.666 a Roma. Trattative serrate notte e giorno, all’esito delle quali si è raggiunta un’intesa per la quale: la Regione finanzia un programma di riorganizzazione interna e di riqualificazione del personale; i dipendenti hanno accettato il congelamento di alcune spettanze, che ora si stanno scongelando; e l’azienda ha mantenuto aperta la sede che voleva chiudere. I dipendenti romani che non hanno siglato l’accordo sono stati subito licenziati. Inoltre, la Almaviva Digitaltec sta assumendo in Campania centinaia di giovani.

Una delle prime vertenze delle quali mi sono occupata è quella della HP di Pozzuoli, anche questa conclusasi positivamente. Dopo un’iniziale sfiducia da parte dei sindacati, i 114 dipendenti che dovevano essere licenziati vennero trasferiti alla Maticmind tramite cessione individuale di contratto.

Il Formez a Napoli doveva chiudere. 80 famiglie a rischio. Trattativa col Ministero ma non si trovava la quadra, dovevano assolutamente tagliare i costi. Poi abbiamo individuato un immobile regionale idoneo, al parco Comola Ricci, e i dipendenti oggi lavorano tutti lì.

Per i lavoratori del Gruppo Moccia abbiamo applicato la misura del Workers buyout che finanzia cooperative di dipendenti nate da aziende in crisi. In questo caso verranno prodotti vasi a Montesarchio, dove esiste una specifica tradizione.

Ma queste sono ferite chiuse. O ha portato a buon fine tutte le trattative?

Purtroppo, no. La Ottimax di Afragola, ad esempio, non la porto mica a casa. L’azienda ha spedito 64 lettere di trasferimento a Catania dove intende spostare l’attività. L’amministratore delegato mi ha detto che se gli offro una soluzione conveniente per una buona struttura potrebbe anche non delocalizzare. Contemporaneamente, però, il suo avvocato dice che no, hanno già deciso. Io ho fatto loro presente che hanno aperto ad Afragola solo tre anni fa e mi hanno risposto candidamente di aver sbagliato il business plan. Non so più cosa dire. Stiamo cercando di far capire all’azienda che l’opposizione al trasferimento da parte di molti lavoratori è giustificato, perché spostarsi a Catania incide pesantemente sulla vita di intere famiglie.

Poi c’è il caso del quotidiano La Città di Salerno, il cui editore ha avuto un comportamento incomprensibile. Prima ha operato quattro licenziamenti individuali, poi avviato una procedura di licenziamento collettivo e ora pare stia chiudendo. Su Italcementi stiamo ancora lavorando.

In questo quadro, quali sono i suoi rapporti con le organizzazioni sindacali, da un lato, e con la Confindustria, dall’altro?

Franchi, chiari e diretti con i sindacati. Sanno che non mollo mai e che condivido con loro tutto. Quanto agli industriali., avrei preferito che in questi anni l’Unione fosse collaborativa e presente. Purtroppo, non è stato così e non siamo riusciti a concordare neanche un solo atto programmatico, una sola misura.

Parliamo della politica regionale a sostegno dell’occupazione.

Programma Garanzia Giovani, con una dotazione finanziaria di 191 milioni di euro, completamente utilizzata. Oltre 31.000 assunzioni, delle quali circa la metà a tempo indeterminato. La sola autoimprenditorialità giovanile, sulla quale ho appostato 18 milioni, ha creato 500 nuove aziende. La misura è curata da Invitalia e la invito a fare un giro con me sul territorio per visitare queste nuove realtà. Il bonus occupazionale di 8.060 euro per ogni assunzione di giovani, finanziato convincendo il governo che in Campania qualcuno assumeva ancora. I primi 10,4 milioni di euro sono stati spesi in tre settimane, tanto che ce ne hanno dati altri 4. Ma quando mi insediai, nel maggio 2014, non era previsto, unica Regione in Italia, né il bonus né l’autoimprenditorialità.

Ma ci sono anche gli incentivi di Resto al Sud (984 nuove aziende) e Ricomincio da me (131 nuove aziende) che prevedono finanziamenti a fondo perduto per avviare nuove imprese.

Una misura che reputo molto importante è Ricollocami. Il nome segna l’obiettivo, che è quello del reinserimento in azienda di soggetti espulsi dal mondo del lavoro. Il progetto prevede tre step che possono essere utilizzati in sequenza o singolarmente: formazione pagata al fruitore; inserimento in azienda per 6 mesi a 800 euro mensili pagati dalla Regione; bonus di 7.000 euro per l’azienda che li assume a tempo indeterminato. Stiamo studiando anche un nuovo bonus, di 3.000 euro, per le assunzioni a tempo determinato.

Sembra che lei sa molto soddisfatta di quanto è riuscita a fare. Che voto si dà?

Credo di aver fatto tutto il possibile tenendo conto del quadro generale e delle risorse a disposizione. Ritengo che l’impostazione sia stata quella giusta in un territorio martoriato dalla delocalizzazione industriale. Le misure individuate sono tarate sulle nostre esigenze.

Non tergiversi. Il voto.

Un bel 7 pieno.

Veniamo al reddito di cittadinanza e ai centri per l’impiego.

Attualmente i centri sono rimasti con 561 addetti e molti approfitteranno di quota 100 per andare in pensione. Ne occorrerebbero almeno mille. Abbiamo gestito bene il reddito di inclusione, ma prima il punto di primo accesso era rappresentato dai Comuni che, con i loro staff multidisciplinari, erano in grado di valutare la vera natura del problema, e solo se era reddituale si arrivava al centro per l’impiego. Ora, invece, si parte dai centri che non sono attrezzati a reggere l’impatto. Il governo deve avviare subito i concorsi per le assunzioni necessarie.

Ha intenzione di candidarsi alle prossime regionali?

E’ tutto In evoluzione.

Per la mia esperienza significa si.