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L’Unità operativa mare dell’Arpac al lavoro

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L’ARPAC, l’Agenzia regionale per l’ambiente in Campania, è una realtà complessa, poco conosciuta al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori. Spesso confondiamo i suoi compiti con quelli di altri Enti o, addirittura, a volte le attribuiamo la colpa di situazioni che l’Agenzia si limita a monitorare e descrivere. Non la percepiamo, insomma, per quello che è o dovrebbe essere: una struttura di controllo a difesa dell’ambiente nell’interesse dei cittadini.

Questo dipende da vari fattori. L’ARPAC è sottodimensionata e non riesce sempre a coprire il territorio. La normativa è in molti casi farraginosa e la burocrazia la fa da padrona. La politica, nazionale e locale, non ha ancora elaborato una vera strategia ambientale. Ma, con tutti i suoi limiti, è un organismo vivo, presente sul territorio, fatto anche di uomini e donne che si sporcano le mani ogni giorno per capire cosa succede.

Tra le sue attività, c’è quella del controllo della balneabilità delle nostre coste e dello stato di salute del mare in generale. Durante la stagione ci informa (esiste anche una specifica app) e ci avverte, ma in realtà analisi e prelievi vengono eseguiti tutto l’anno. Allora ci siamo imbarcati sull’ammiraglia della flotta ARPAC e abbiamo trascorso una giornata con i suoi tecnici per raccontarvi cosa fanno e come. Lo abbiamo fatto con il video che trovate in alto e con le interviste che seguono.

Lucio De Maio è il dirigente responsabile dell’Unità Operativa mare. Cosa fate, concretamente?

Noi dobbiamo definire lo stato di qualità delle acque marine. In base a un preciso piano di monitoraggio, eseguiamo prelievi delle matrici, misure dei diversi parametri, rilievi e redigiamo le relazioni tecniche. Siamo in 23, fra laureati in scienze ambientali, informatica, biologia, scienze nautiche e addetti alla gestione dei mezzi. Disponiamo di 8 barche dislocate fra Castellammare, Monte di Procida, Castelvolturno, Camerota, Agropoli e Salerno. Questa, l’Helios, è la più grande (21 metri) e lavora fino a 12 miglia dalla costa. Le altre si occupano principalmente dei controlli sulla qualità delle acque di balneazione, ma non solo. I campioni vengono consegnati al laboratorio mare che esegue le analisi. Di routine, ogni mese effettuiamo controlli su 330 punti distribuiti su tutta la costa campana. Lo scopo è quello di assicurare la salute dei bagnanti. La classe che attribuiamo, infatti, va intesa più come classe di sicurezza che di qualità. Controlliamo anche il livello di arricchimento delle acque da parte delle sostanze che favoriscono la crescita micro algale. A questo proposito, va precisato che un’acqua può non essere trasparente per vari motivi, ma questo non significa necessariamente che sia inquinata. Comunicato l’esito delle nostre indagini, nel caso della balneazione, è il Sindaco che deve emettere eventuali divieti e noi non abbiamo alcun potere di intervento.

A questo punto, abbiamo ficcato il naso un po’ dappertutto e fatto qualche domanda agli operatori.

Ciro Pignalosa. Questo è un ROV. Un veicolo guidato da remoto, interfacciato con un cavo, che viene immerso a una profondità massima di 200 mt. Serve a registrare le immagini video, georeferenziate, subacquee.

Dario Monaco. Questo, invece, è il side scan sonar, sonar a scansione laterale, molto simile a un ecografo. Viene trainato a poppa della barca a diverse profondità, in funzione della quota operativa, e dà una lettura del fondale. Elaborando le immagini ricostruiamo le forme degli oggetti presenti sul fondo: un relitto, un allevamento abusivo di cozze, semplicemente degli scogli.

Matteo Onorato. Qui abbiamo una sonda multi parametrica. Ha dei sensori che, attraversati dal flusso d’acqua, captano alcuni valori tra cui il pH, la salinità, la conducibilità e la clorofilla.

Rosario Carbone. Io sto correggendo alcune coordinate del punto che stiamo monitorando. Non sempre le condizioni meteo ci consentono di essere precisamente sul punto di prelievo, magari ci discostiamo di qualche metro. Contemporaneamente, riporto la circostanza sui verbali che serviranno sia per l’accettazione al laboratorio dove verranno analizzati i campioni, che per certificare quello che stiamo facendo oggi.

De Maio, stiamo rientrando. Cosa avete fatto oggi?

Misure di clorofilla con una sonda multi parametrica, che ci permette di avere una misura indiretta del fitoplancton, fuori e dentro il porto. All’esterno, abbiamo riscontrato valori più alti rispetto all’interno. Questo è strano, dovrebbe essere il contrario. Probabilmente, è dovuto al fatto che il vento forte di grecale ha cacciato fuori acqua del porto, mentre dentro è entrata acqua più profonda e più povera di nutrienti.

Parlando parlando, abbiamo anche saputo che parte degli addetti dell’ARPAC è precaria. Co.co.co. per la precisione. Si tratterebbe di personale preso in carico 3 anni fa, quando partì il progetto previsto dalla direttiva strategia marina. Si parla di un concorso per la stabilizzazione, ma non è ancora stato fatto niente. Questo ci ha stupito, perché è evidente che perdere tecnici ormai esperti, in un lavoro poi così delicato e importante, sarebbe una sciocchezza. Che si fa, si prende gente nuova da formare? Non sarebbe più semplice e conveniente stabilizzare quelli che ci sono?

Appena a terra abbiamo posto la domanda, telefonicamente, al Commissario dell’ARPAC, Stefano Sorvino. Ci ha assicurato che nel corso del 2020 il problema verrà risolto. Gli vogliamo credere, ma controlleremo.